Giovanna: "Condividere abbatte il giudizio e fa sentire meno sole"
altopiano del Renon (Bolzano) 2014 ott. 30 Archivio Vivo Lunàdigas MPEG colour sonoro
Il giudizio culturale: Nord e Sud start 00:08:46end 00:13:57 Giovanna racconta della sua condizione di calabrese in Alto Adige e delle differenze che ha percepito nel giudizio sulla sua scelta nei due territori. Afferma il bisogno di condivisione e di confronto per abbattere tabù e favorire il rispetto per le esperienze altrui.trascrizione GIOVANNA: "Sicuramente vivere in Alto Adige come figlia di persone del Sud è stato all'inizio estremamente sbalestrante. Ai miei tempi, ai nostri tempi c'erano ancora le vacanze d'estate che duravano quattro mesi. Per cui quattro mesi nel Sud e il resto dell'anno nel Nord. Quattro mesi in una situazione di grande affettività, di grande emotività, di grande anche... tutti erano caciaroni, cioè si viveva fuori e poi si arrivava qui. Io ero sempre la compagna di classe e l'amica che invitava tutti a pranzo, che invitava tutti a cena. Casa dei miei era un porto di mare e questa era una cosa bellissima. Era una cosa comunque al di fuori delle regole, delle modalità insomma altoatesine. Devo dire che i miei genitori si sono ambientati molto bene in Alto Adige perché sono delle persone estremamente serie, affidabili, puntuali, precise. È chiaro che probabilmente a livello psicologico, insomma, poi ci sono delle storie che sono di confine insomma, sono tipiche delle zone di confine perché in una qualche maniera la mentalità era molto diversa e ciò che si respirava in casa a livello proprio di relazione era completamente all'opposto di quello che era poi fuori con le persone. E quindi ho sentito questa differenza ed è qualcosa su cui ho dovuto sicuramente lavorare con me stessa. Anche come donna perché sicuramente anche solo il mio aspetto fisico, i miei capelli, o il mio incedere non è propriamente mai stato insomma un incedere nordico, tra virgolette. Sotto questo aspetto in relazione ai figli ritengo che... ecco, mentre nel momento in cui vado nel Sud, molti mi dicono: "ah, ma non hai avuto figli!", e in una qualche maniera è molto chiaro quello che accade; cioè quello che possono pensare, nel bene o nel male, è chiaro. E alla fine comunque vieni guardata, cioè il massimo che ti possa capitare è essere considerata: "oh poverina perché non hai avuto figli", ecco. Però in una qualche maniera in questo "ah poverina" ci trovi quasi anche una sorta di affetto, no? "mi spiace per te", non lo so; e poi alla fine impari anche a, non dico ad apprezzare, ma lo accogli comunque, quindi non ti senti giudicata. Invece è una cosa strana: nel Nord, io qui in Alto Adige mi sono sentita, in talune circostanze, da alcune persone, più giudicata di quanto non mi sia sentita nel Sud. Più giudicata nel senso proprio di giudicata ecco, passata al setaccio in una certa maniera. Non vista. Poi alla fine non lo so... ci si fa talmente un'abitudine che ci si fa una risata; io mi faccio delle matte risate, a meno che una persona non sia veramente scortese, mi faccio una matta risata, perché non c'è mica nulla da fare di altro. Poi oltretutto ribadisco, molto spesso accade che magari mi ritrovi in certe situazioni, perché i bambini vengono da me, perché io gioco con i bambini, perché ho un certo tipo di rapporto con i bambini, però non mi interessa più. Forse c'è stato un momento nel quale ci sono stata male, durante proprio questi dieci anni di elaborazione, di accettazione della mia mancata maternità, però neanche più di tanto, devo dire, perché ho vissuto in maniera talmente trasparente tutto, anche con me stessa, che questo mi ha sempre aiutata poi alla fine anche a farmi scivolare addosso certe cose, ecco. Mentre non sono riuscita a farmi scivolare addosso tante altre, questa questione della maternità è talmente intima, talmente vissuta, talmente profonda che proprio... povere le persone che non riescono a capire, che non riescono ad avere la mente aperta, il cuore aperto, per capire che nella vita siamo tutti diversi: ognuno ha la sua storia, c'è chi ha la storia più bella, c'è chi ha la storia più brutta, c'è chi la storia più facile, meno facile, c'è chi sceglie comunque e ognuno deve scegliere in base a se stesso."
English:
GIOVANNA: "Surely, living in Alto Adige as a daughter of people from southern Italy was at first quite overwhelming.
In my day, in our day, summer holidays lasted four months, so four months in the South and the rest of the year up North. Four months in a situation of great affection, of great emotion, of even great... everyone was boisterous, we spent most of the time outdoors, then we would come back here... I was always the classmate and the friend who invited everyone for lunch or dinner. My parents' house was full of friends and this was a beautiful thing. It was something unusual in Alto Adige.
I have to say that my parents settled really well in Alto Adige because they are extremely serious,
they are reliable, punctual and precise people. Obviously, on a psychological level some stories are border stories, typical of border areas, because the mentality was very different.
What you breathed at home in terms of relationships was completely opposite to what you would find with people outside. For this reason, I felt this difference and it was something I had to work on. Also as a woman because surely even just my physical appearance, my hair or my gait has never been typically "Nordic". From this point of view, in relation to children I think that...
Well, when I go to the South many people say to me: "oh god, you didn't have children", and in some way it's very clear what happens; what they can think about it, for better or for worse it's clear. In the end anyway people will look at you, but the worst that could happen is to be seen as: "poor you, not having children". However, in some way this pitying you you might find it sort of loving, something like "I feel sorry for you". In the end, you learn not to appreciate it exactly, but you accept it you don't feel judged.
Instead in the North it's a strange thing, here in Alto Adige I felt, in some circumstances, I felt more judged than I felt in the South. More judged in the real sense of being "judged", combed through in a certain way, not really seen... Then in the end you get so used to it that you have a laugh. I have a crazy laugh, unless a person is really rude, I have a good laugh, because there's not much else to do.
Then, as I said, it happens very often that I may find myself in certain situations because children come to me, I play with them, I have a good relationship with children, but I don't care.
Maybe there was a moment in which I felt bad, especially during these years of elaboration, accepting my non-motherhood but I must say not so much, because I lived everything in such a transparent way, also with myself, I mean, this has always helped me also to let it all roll right off my back!
While I didn't manage to do the same for other things, motherhood is such an intimate matter, such a personal experience, so deep that...
I pity those who do not understand, who cannot have an open mind, an open heart to understand that we are all different. We all have our story, some good, some bad, some have it easier than others, everyone has to choose according to their own will."soggetto giudizio sociale famiglia d'origine maternità bambini scelta