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Il cerchio delle ceramiste: "Sulla mistica della maternità"



L'aborto start 00:36:41end 00:47:16 Silvia racconta di aver abortito due volte all'Ospedale San Camillo di Roma, vivendo sulla propria pelle il giudizio sociale ancora dirompente che porta a far passare sotto silenzio tale esperienza (legalizzata ma ancora vissuta come tabù di retaggio cattolico) e a colpevolizzare le donne che lo scelgono. Confermando il racconto di Silvia, Maria aggiunge che la scelta di abortire per una donna, pur essendo razionale e da non colpevolizzare, ha in sé un portato bioetico rilevante.trascrizione SILVIA: "Io odio quando dicono: "lui è proprio bravo", come se qualcuno a me dicesse che sono proprio brava..."
SARAH: "Lo danno per scontato. Dico… no, a voi sembra una cosa così tabù quella dell'aborto? A me no, cioè a me sembra che sia… oddio, non conosco personalmente molte persone che l'hanno fatto, però le persone, le mie amiche che hanno avuto un'interruzione di gravidanza, insomma ne parliamo tranquillamente... poi… dopo di che c'è anche un po' il contesto politico per cui anche ultimamente ci sono varie mobilitazioni anche rispetto all'obiezione, agli obiettori che non garantiscono l'interruzione della gravidanza per cui a me… non lo so, poi dipende molto forse dalla donna come si vive l'esperienza che è appunto - ripeto - come per l'istinto di maternità secondo me è talmente personale che…"
MIRIAM: "Secondo me più che... il lato che mi colpisce di più è la motivazione che porta una donna a prendere questa scelta di abortire. Poi la motivazione appunto può essere molto personale e forse non è più un tabù del tutto perché sono tanti anni che… In Italia devo dire che siamo uno degli ultimi paesi ad averlo diciamo legalizzato l'aborto, penso nel ‘78 forse. Comunque… la scelta che porta la donna è una scelta complessa... cioè immagino…. non ho tante amiche che l'hanno presa, però deve essere una scelta complessa perché comunque là appunto uno si mette di fronte alla propria capacità di mettere al mondo una vita e quindi di farsene carico, come dicevamo prima, che è una cosa che per forza di cose ti cambia…"
SILVIA: "Però secondo me il tabù non è legato alla scelta, il tabù è legato proprio all'azione. Il tabù esiste, cioè esiste socialmente, secondo me. Non esiste all'interno delle micro-comunità, cioè delle cerchie di amici, delle famiglie, di alcune famiglie, di alcuni contesti politici, però a livello di percezione sociale esiste un tabù. È vera questa cosa. Io non dimenticherò mai, non so se siete mai state al reparto del San Camillo dove si fa l'operazione di interruzione: cioè c'è il reparto maternità che sta al piano terra e il reparto per l'interruzione che è interrato. Tu ti devi presentare lì tipo alle 6 e mezza, metterti in fila, e quando fai quella fila ti sembra di essere un'invisibile, cioè io devo essere qui ma invisibile. E a me quella situazione mi ricorda sempre molto la percezione che si ha dall'esterno di questa scelta che secondo me è diffusissima. Io quando sono andata dalla mia ginecologa per un problema per la seconda interruzione che ho fatto, sono andata dalla ginecologa disperata dicendo "la seconda interruzione, sono una stronza", lei mi ha detto: "tu sei pazza, è una cosa normale, stai tranquilla, vai sciolta voglio dire". Però anche io, che le mie interruzioni le ho affrontate con estrema tranquillità, anche io in quella situazione dicevo "ci sono ricaduta, mi è risuccesso, come è possibile?" e quindi in qualche modo anche su di me che quel discorso non ha mai avuto presa invece qualche cosa avevo introiettato di quel tabù, perché forse esiste... Poi io sono una che ne parla con estrema tranquillità sempre davanti a tutti, conosciuti, sconosciuti non mi sono mai fatta troppi scrupoli rispetto a questo perché era una scelta consapevole; io figli non li volevo e non vedevo perché ne dovevo avere perché il mio corpo aveva deciso di averne. Però secondo me, esiste... cioè, quando io dico questa cosa di fronte a persone che non mi conoscono, secondo me, restano un po' come… non hanno, probabilmente, il coraggio di dirmi: "perché mai detto sta' cosa?" però c'è un po' la sensazione che è un argomento molto intimo. È vero che è un argomento molto intimo, è una scelta molto personale però siccome io scelgo di dirtelo, c'è una donna che sceglie di non dirtelo, quello va secondo la percezione personale. Non so se mi sono spiegata, sto facendo un po' un discorso… però secondo me il tabù non è legato alla scelta, il tabù è legato all'azione, quindi è solo legato al fatto di scegliere di non portare a termine una gravidanza. E il tabù è legato, secondo me, solo al fatto che viviamo in una società con un retaggio cattolico di cui ci dobbiamo ancora liberare in maniera forte, cioè la strada da fa' è tanta."
MARIA: "Il retaggio è dire poco, cioè l'ingerenza è tanta, insomma rompono i cojoni… Secondo me c'è proprio una criminalizzazione. Io su questo…io pure dopo aver avuto Pietro, ho avuto due interruzioni: una non voluta, e una voluta. E devo dire che tutte e due a raccontarle ho avuto la stessa sensazione: cioè che non era una cosa che agli altri faceva piacere sapere, se potevo non dirlo era meglio, e poi appunto insomma come sempre è una cosa che … io non mi sento cattiva ma è come se senti che ti dovresti sentire cattiva, quindi qualcosa lavora ancora. Perché? Perché mi devo sentire cattiva? cattiva nei confronti di chi? Sì, magari qualcuno non l' ho fatto venire al mondo però forse sono stata buona con me stessa e quindi alla fine andrebbe bene così, però è sempre che… quindi secondo me qualcosa c'è, ritorna…"
SILVIA: "Io il giudizio però lo sento anche che le donne se lo danno tanto da sole, cioè non è solo il giudizio che ti può venire da un altro, è proprio la tua immagine allo specchio; cioè la sensazione che ho io è che molto spesso siano le donne per prime a prendere questa scelta con sofferenza, anche quando sono consapevoli che non è quello il momento di mettere al mondo un figlio, che è capitato e non è stato voluto, cioè quando ci sono una serie di condizioni che a livello razionale ti fanno pensare che l'unica scelta è l'interruzione, non ce ne sono altre, però comunque prendere quella scelta sembra sempre che sia una battaglia contro se stessi, cioè stai combattendo contro un nemico interno."
MARIA: "Per me… Io pure sono d'accordissimo che bisogna fare con estrema libertà senza, appunto sentirsi ‘sti retaggi di colpa, di gravità, però è vero che in questo la natura è stata beffarda con noi perché per scegliere qualcos'altro devi chiudere qualcos'altro, no? Cioè, nel senso, io posso decidere di non studiare lo spagnolo non succede niente a nessuno, neanche al mio corpo… insomma, no? invece qui hai tutta una componente tra te e un'alterità possibile, potenziale, eccetera, che ti pone la cosa insomma, te la fa diventare un po' più… appunto, non so… c'ha proprio una consistenza diversa, no?
Dopo di che, è ovvio, sì, sono d'accordo che non è che deve essere vissuta con "Oh dio stai uccidendo, sei un'assassina"… perché sto scegliendo altro, sto dando vita ad altro, non a questo progetto, non a questa potenzialità ma magari ad altro, quindi è giusto. Però è vero che è un po' una cosa difficile da spiegare perché la sensazione la senti insomma quando… poi te la puoi vivere con più o meno serenità però è vero che fermi qualcosa che sennò andrebbe avanti. Quindi… questo ce l'hai davanti, quotidianamente lo fai ogni volta che prendi una decisione che fai una scelta scegli una cosa piuttosto che un'altra, quindi niente… però insomma… però questa cosa che sono soprattutto le donne con loro stesse, voglio dire, c'abbiamo millenni di roba che abbiamo introiettato, interiorizzato, e adesso anche se c'è stato qualche decennio significativo per la storia nostra anche di liberazione, di emancipazione, di poter finalmente un po' vivere, scegliere diversamente per sé, secondo me c'è un po' invece un analfabetismo di ritorno su questo… per cui, invece, io appunto tutta questa scioltezza e questa serenità dovuta ad una consapevolezza maggiore non è che proprio me la sento intorno, non la riscontro. Poi è vero, magari noi facciamo parte di un giro che non è rappresentativo della media, non lo so… perché facciamo parte di un certo percorso, di un certo… come si dice, culturalmente, politicamente, uno magari è fortemente connotato per certe cose e quindi… Però io onestamente, non so al lavoro, in tante altre situazioni, io non sento la serenità e la libertà di poter esprimere come sono e chi sono. Lo faccio ugualmente però so benissimo cosa mi tiro dietro, ecco… non è che… poi me ne frego ma non è roba che è condivisa, per niente."

English:
SILVIA: "I hate when people say: "He's really good." As if someone has ever told me how good I am."
SARAH: "They take it for granted. Do you think abortion is still a taboo? I don't. I feel like… I don't personally know many people who had an abortion, but the friends who ended their pregnancy talk about it freely. There's also a political context, even if there have been many protests, against conscientious objectors, doctors who are against abortion recently. So, I think it really depends on how women deal with abortion. Just as for maternal instinct, it's something very personal that..."
MIRIAM: "What touches me the most is the reason why women choose to have an abortion. It can be for personal reasons. Maybe it's not seen as a taboo anymore because it's been years since… Italy was one of the last countries to legalize abortion, I think it was ‘78. I suppose the choice that leads women to have an abortion is very difficult. Not many friends of mine made this choice, but it must be very complicated, because it's like facing your ability to bring a life into this world and to be responsible for it as we mentioned before. Something that is bound to change people."
SILVIA: "I think the taboo isn't related to the choice, but to the action itself. The taboo exists on a social level, it might not exist within smaller communities among friends or in families, some families, in some political contexts. But as a social perception abortion is still a taboo.
I will never forget, I don't know if you have been to San Camillo hospital, in the ward for termination of pregnancy. The maternity ward is on the ground floor, while the ward for terminations is in the basement. You have to be there around six in the morning, and queue up, and when you're in line you feel invisible. I'm there, but I need to be invisible. And that situation always reminds me the perception people have from the outside about this choice, which is very common. When I went to my gynecologist for an issue during my second abortion, I was desperate, I said, "That's my second abortion. I'm a asshole." And she said: "You're crazy. It's normal. Don't worry, relax." But even for me, who went through the terminations with no heavy feelings, back then I said: "I did it again. It happened again. How is it possible?" Even on myself although that taboo never influenced me, it affected me somehow maybe because that taboo exists. I talk about this topic freely, with friends and strangers. I didn't really care because it was a conscious choice. I didn't want kids and I didn't see why I should, just because my body had decided to have one. I think that when I talk about this topic with people I don't know, they are like… They don't dare to say: "Why did you tell me?" But I feel they think it's a very intimate topic, which it is of course, it's a personal choice, but as I choose to tell you my decision other women don't. It's up to your perception. Does it make sense? I think the taboo is not that much related to choice, it's related to the action. It's related to the fact you're choosing to end a pregnancy. I think it's only related to the fact that we live in a society with a Catholic heritage that we must still free ourselves from. It's hard. It's a long journey."
MARIA: "Not only Catholic heritage but true interference. I think abortion is seen as a crime. I think… After Pietro was born, I had two terminations: a miscarriage and an abortion. When I would talk about that, I had the same feeling that other people would prefer not to know. They would prefer I didn't tell them and then as usual, something like... I don't feel bad but it's like I should feel like it, so something has been interiorized. Why should I feel bad? Towards someone whom? Maybe I didn't bring some life into this world but maybe I did something good for myself so that's fine. But it always feels like… I think it's still a taboo."
SILVIA: "I believe women judge themselves too very often. It's just not other people's judgement. It's like looking at yourself in the mirror. I think that quite often women are the ones to feel tormented about this choice, even when they know that's not the right moment to have a baby, that that was an unplanned pregnancy. Even if there are several circumstances that make you rationally think that abortion is the only option, that there are no other. You still make that choice as if it is a fight against yourself, like if you are fighting against an internal enemy."
MARIA: "I totally agree with you. We should talk freely about this, without feeling guilty or bad. But it's also true that nature really tricked us because if we want something we have to renounce something else. I mean, if I choose not to study Spanish, nothing happens to anyone or my body. In this situation, there is something between you and a potential alterity that puts things on a different light. It's a different feeling. That said, I agree with you. You shouldn't feel like, "Oh gosh, I'm killing someone," because I'm choosing and giving life to something else. Not to this project or this potential life, but to something else. And that's OK. But it's also true, it's hard to explain because you feel it strongly. You can experience it with different feelings and it's true you're ending something that otherwise would have grown up. But it's something present what we experience every day, every time we make a decision. We choose something over something else. But the fact that women are the hardest judges themselves…I mean we have internalized thousands of years, and even though the last years, the last decades were significant for us, women's freedom and emancipation. We finally had a chance to live, and choose for ourselves. But now I think we witness a kind of relapse into bigotry over this. So, to be honest, I don't see a lighter approach due to an increased awareness, I don't really feel like that. It's also true that we're part of an atypical community because we followed a certain… cultural and political path. Someone's more influenced by some opinions and… Honestly... at work or in other situations, I don't feel comfortable to freely express who I am. I do it anyway, but I know what other people think. I actually don't care, but they don't share my opinions."
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