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Il cerchio delle ceramiste: "Sulla mistica della maternità"



Il giudizio sociale start 00:47:17end 00:55:44 Maria racconta le due interruzioni di gravidanza vissute, una voluta e l'altra non voluta: conferma che l'aborto è vissuto come un atto criminalizzato che la società non vuole ascoltare e vedere. Aggiunge che il giudizio sociale agisce anche su chi sceglie di avere figli. Ritorna sull'ipocrisia e la pericolosità della mistica della maternità che obbliga le donne a dedicarsi interamente ai figli, cosa non richiesta agli uomini.trascrizione MARIA: "Dopo aver avuto il mio primo e ultimo figlio ho avuto due interruzioni di gravidanza, una diciamo non voluta, non scelta e l'altra invece scelta.
Però appunto ne ho parlato tranquillamente, insomma… quando ti chiedevano "come stai?" io dicevo: "male, perché ho perso un bambino", ma in tutti e due i casi, ossia sia quando è stata una cosa voluta che una cosa accaduta, però la percezione era: "potevi pure non dirlo, tenertelo per te, non è una cosa che proprio dici così… in realtà non lo volevo sapere questo, magari dimmi altro". Quindi, secondo me, è ancora un argomento che non è così tranquillo, non è… è ancora molto criminalizzato come scelta, come atto, come insomma libertà di scegliere una cosa piuttosto che un'altra, è una cosa che ancora insomma, secondo me, non è sereno. Non è sereno né rispetto a quelle che sono aspettative esterne, e sicuramente, è vero, anche rispetto a quanto uno, ancora nonostante tutto, nonostante ci sia stato appunto anche un percorso, il femminismo e tutto quello che uno ha potuto ereditare di liberazione, di emancipazione e di maggiore libertà e di un po' di pensare a sé e per sé… però, secondo me, adesso ci siamo ad un analfabetismo di ritorno su questo perché comunque queste istanze che su di noi hanno lavorato tanto, stanno proprio rifiorendo e ricicciando, trovando nuova legittimità. Quindi tutte anche, insomma... io la percezione netta che ho è che in realtà noi stiamo ricominciando a farci fare sul nostro corpo, su anche le nostre vite, tantissime cose che fino a qualche decennio fa, forse, erano inconcepibili. Cioè nel senso... anche partorire, anche lo stesso partorire, non dico soltanto scegliere di non avere figli, ma anche scegliere di avere figli, è una scelta che vivi e puoi vivere, con una medicalizzazione, con un accanimento, con un controllo e delle aspettative, delle richieste che sono massacranti, cioè sono completamente alienanti, non sono di rispetto e di ascolto di te, anche di un'occasione per te di crescere, di entrare a contatto anche con momenti o fasi di vita diverse. E' tutto molto etero-diretto, etero-normato, quindi è pesante.
Sul fatto di scegliere di non avere un figlio, secondo me, è pesantissima ancora invece la colpevolizzazione, proprio che sei un criminale, insomma, che stai facendo qualche cosa di grave, di gravissimo. Sto facendo qualche cosa di grave perché, appunto, la natura mi ha messo in questa condizione che io, purtroppo se voglio scegliere le cose per me, devo interrompere una vita che crescerebbe. Per questo dico, comunque un po' di sofferenza, o diciamo di non leggerezza secondo me è giusto pure che ci sia, cioè nel senso... Dopo di che, però la convinzione che questa cosa sia una cosa sulla quale appunto poi ci può essere un ricatto morale oltre misura, infatti una strumentalizzazione poi, perché allora sei cattiva, non sei buona, non sei materna perché, appunto, non sei per gli altri, non ti sacrifichi per qualcun'altro ma pensi a te, come se fosse la cosa più brutta del mondo … e a chi devo pensare? Cioè, magari, prima di tutto penso anche a me… mica ci sarà qualcosa di male, che sto a fa'?… Quindi invece sì, secondo me, mi torna che sia un argomento un po' tabù, non facile da poter vivere ed esprimere con una maggiore serenità. Anzi, se lo fai appunto sei una leggera, sei una superficiale, sei una che non si rende minimamente conto di che cosa stai parlando e anzi della gravità dell'atto che tu hai compiuto e sotto sotto sei una stronza, oppure appunto, sei un'egoista, sei una che pensa prima a te, cioè non lo so… Io, tutte queste cose qua, io ci trovo sempre una fregatura sotto, quando mi sento questa bontà richiesta perché è bello… Cioè, chiariamoci, nel senso: un conto è l'individualismo, un conto è il narcisismo, un conto è il consumismo, l'edonismo, tutto quello che crea questa società qua per uomini e donne, ma questa ipocrisia di poi pretendere dal mondo femminile una bontà atavica innata verso gli altri, a prescindere sempre e comunque, per cui quando poi hai un figlio insomma in te si dischiudono tutte queste doti di, appunto, disponibilità e sacrificio e vocazione, realizzazione appunto nell'altro, anzi io le trovo matrigne, io le trovo orrende, le trovo fonte infatti poi di tanti disastri. Perché poi questo proiettarti nell'altro, questo povero essere sul quale poi butti sopra tutte le tue frustrazioni, aspirazioni… lui diventa una protesi tua per cui ti ci rispecchi e basta, lo trovo bruttissimo, cattivissimo. Molto, invece più simpatico, una donna che magari dice: "io il bambino non lo voglio e faccio altro", invece ci sono tante madri che, secondo me, insomma sono proprio quelle delle fiabe, cioè la matrigna cattiva. Inconsapevolmente, però è un attimo, perché appunto ti viene richiesto questo essere solo per qualcun altro, per qualcos'altro, per un bene che va oltre te che poi ti rende insomma, secondo me, pure pericolosa, che uno poi… non è cosa buona e giusta, secondo me. E, soprattutto, non è richiesto per esempio agli uomini, non è richiesto e pure non ci sembra una cosa tremenda, allora, perché a noi deve essere una cosa che se non ce l'hai ti manca qualcosa? Non mi risulta che se un uomo, appunto, non ha tutta una serie di… anzi, noi li premiamo. Intendo dire, tutti quelli che sono appunto avvelenati, workaholic, che lavorano e basta, che pensano ad accumulare, a fare eccetera, che nel frattempo fanno disastri umani, sociali, ambientali, noi gli diamo i premi, diventano i manager. Marchionne, insomma, chi è? Da questo punto di vista, dovremmo… e quindi, pure qui qualcosa non torna, vi avverto, fateci caso… Non torna."
SARAH: "Che poi in verità tutti questi aspetti negativi, è quando cerchi di nasconderli secondo me che fai i danni perché poi comunque riemergono. Ne parlavamo proprio l'altro giorno con mia sorella, di quanto i bambini poi probabilmente le cose le sentono, non è che non lo sentono, se la madre sta in un modo o sta nell'altro, per cui, ecco per esempio, pure parlando con Giulia che lei… vabbè ora Paolo ha quasi un anno, però lei diceva: "ho imparato non a reprimere i miei momenti di frustrazione o di stanchezza o di rabbia, di tutte queste emozioni negative, ma semplicemente a gestirli perché, comunque, non è normale non averli" e poi appunto se tu provi, quella roba, a nasconderla è lì che poi si creano le famiglie disfunzionali… ovviamente parlando di vari livelli di problemi. Per cui forse, semplicemente, portare alla luce tutto ciò, forse crea più salute credo, almeno spero."

English:
MARIA: "After my first and last child was born, I had a miscarriage and an abortion. I talked about it freely, but when people asked, "How are you?" I would say, "Not good. I lost a baby." I said that in both cases, after the miscarriage and after the abortion, but the perception was, "You should have kept it for yourself. It's not something you share, I actually didn't want to know that. You should have told me something else." I think it's still not a simple topic for everyone. This choice, this act is still criminalized, this freedom to choose something over something else is still widely judged. It's not an easy topic because of external expectations, and it's true, despite everything, despite the path women have done, feminism and what came after it like liberalisation, empowerment and more freedom to think by and for oneself. Still, I think we are relapsing into a bigoted mentality over this, because these prejudices which affected us a great deal are now coming back, and they're finding legitimacy. I strongly feel we're allowing them to take power over our bodies and over our lives which only a few decades ago would have been unthinkable. Even the act of giving birth itself, I'm not just talking about choosing not to have children but even choosing to have them. It's a choice that you can live with aggressive medical approach, control and some expectations and requests which are exhausting and completely alienating. They don't show respect nor listen to you, and they don't give you the chance to grow up, to experience different moments and phases of your life. Everything is other-directed, so it's really stressful. If you choose not to have a child you're still criticized and they make you feel guilty. You're seen as a criminal, like you're doing something bad, extremely bad. You're doing something bad because nature put me in this condition and unfortunately, if I want to choose for myself, I must stop something that otherwise would have grown up. That's why I say it's normal to suffer and we shouldn't make this decision lightly. But I don't understand why this decision can become a moral blackmail, a manipulation: therefore, you're bad, you're not a good person, you're not maternal. You don't sacrifice yourself for the others, but you just think about yourself, as if that was the worst thing on earth. Who else am I supposed to think about? I think about myself first. What's wrong about that? So, I think it's still a taboo. You still don't feel comfortable when you make this decision. But if you do feel comfortable, you are considered shallow, you don't know what you're talking about, and you don't realize how bad your act was. And deep down you're a bitch or selfish and you just think about yourself. I really think it's a kind of rip-off, when we're asked to be good for other people. Let's get it clear. One thing is individualism, narcissism, consumerism, hedonism, and everything our society creates, for both men and women. But it's hypocritical to demand the female world to have a primordial and innate goodness towards the others on every occasion. So, when you have a baby, all these virtues emerge in you: things like willingness, sacrifice, vocation to fulfil yourself through other people.
I think that's horrible and awful. They lead to numerous failures, because you project your feelings onto your baby, you project your frustrations and ambitions. The baby becomes an extension of yourself, you only see yourself in your baby. I think it's really bad, it's awful. It's better when a woman says: "I don't want children. Do something else." There are a lot of mums who unknowingly act like the mean stepmother in fairy tales, maybe even unaware, but it's a matter of seconds. You're told you need to live just for someone and something else, for something bigger than you. I think it makes you dangerous and… it's not fair and just. And mainly it's not required, men are not asked to behave like that, and it's not seen as something terrible. But if we don't have these behaviors, it seems we're missing something. I don't think if a man doesn't have these… We reward them. I mean, those who are obsessed with their job, workaholics, they just work and think about their job, but at the same time are human social, and environmental disasters they are even are rewarded, such as Marchionne, I mean, who is he? I think we should… I'm telling you, something doesn't adds up, I'm warning you.... it doesn't adds up."
SARAH: "The truth is that with those negative aspects, if you try to hide them you're making a mistake because they will come back. The other day my sister and I were talking about how much children know their parent's feelings and what their mum's mood is. For example, I was talking with Giulia and… Paolo now is almost one year old, and she said: "I've learnt not to hide when I'm frustrated, or tired or angry or when I feel negative emotions. I just deal with them because it's not normal not to have them and if you try to hide these feelings it will lead to dysfunctional families." Obviously, we're talking about different kinds of problems. I think expressing these emotions it's good for your health. At least I hope so."
soggetto aborto tabù egoismo maternità giudizio sociale


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