skip to Main Content

Laura Como Grasso: "Non è vero che non ho figli, mi sento la grande madre del movimento omosessuale sardo"



Le ragioni della scelta start 00:08:35end 00:12:34 Laura Como Grasso riflette sulle ragioni che l'hanno portata a non avere figli né a cercarli: il forte impegno sociale, l'omosessualità e la sindrome di Peter Pan che non l'hanno mai fatta sentire una donna destinata alla maternità, l'instabilità economica e professionale.trascrizione LAURA COMO GRASSO: "Sicuramente la posizione che differenzia le persone è che alcuni decidono di fare figli, alcuni decidono di occuparsi di sociale, alcuni decidono che la vita gli scivola addosso. Nel mio caso essendo una donna omosessuale non mi capitavano figli, avrei dovuto andare a ricercare la maternità come si va a comprare una casa, in qualche modo, informandosi su quali fossero le possibilità eccetera eccetera eccetera. Per cui io non ho avuto quello che è successo nella vita di molte donne mie coetanee, il fatto che ti è capitato. Molte donne si sono trovate incinte e hanno in qualche modo poi continuato questa produzione della loro vita, questo intento della loro vita, alcune singolarmente, altre con il concorso di un compagno importante, anche di una compagna.
A me personalmente non è successo, non mi è successo né in maniera naturale, né in maniera meno naturale. Forse è vero da parte mia che un po' questa cosa dell'impegno nel sociale mi assorbiva, secondo credo che ci sia qualcosa che è associato all'identità omosessuale, penso sia quella che viene definita da alcuni come la sindrome di Peter Pan. Cioè, io non sono mai diventata una donna compiuta, di quelle che vanno con gli uomini, per cui non riuscivo a diventare una madre, sono rimasta in un limbo di gioventù che spesso mi sembra di capire, almeno così da un punto di vista esteriore, che appartenga anche alle vite di molti altri omosessuali.
Un'altra ragione può essere la poca stabilità economica: io appartengo alla generazione del baby-boom, per cui la massima espansione demografica degli italiani, la massima espansione demografica di giovani, maschi e femmine, in un periodo in cui le femmine non lavoravano tanto quanto i maschi o comunque c'erano delle differenziazioni allora molto più evidenti che non adesso, di come o di quanto o di quelle che erano le professioni tradizionali: tradizionalmente indirizzate a fare le mogli, e non ero io, tradizionalmente indirizzate a fare le professoresse, e non ero io, perché anche lì ci vuole una predisposizione per mettersi in cattedra, cioè una dimensione della testa prima ancora che lavorativa. Io son rimasta sempre tra i banchi: io appartengo a quelli che pensano di avere sempre tanto da imparare, nessuno mi ha mai riconosciuto il valore di insegnante. Sì, ho insegnato nei corsi professionali ma materie attinenti strettamente a quello che era il mio spazio di competenze; nelle professioni tradizionali io non c'ero, comunque non ero contemplata."
soggetto omosessualità maternità anni Sessanta lavoro precarietà figli


Back To Top