Il Cerchio del Melograno: "Sui rami secchi"
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Le ragioni della scelta - testimone 21 start 00:34:16end 00:44:20 Una donna (testimone 21) racconta la propria esperienza di donna senza figli, scelta presa fin dall'infanzia, e del lavoro che svolge, non senza problemi, di rilevazione della capacità genitoriale delle donne in difficoltà.trascrizione TESTIMONE 21: "Allora, non so bene da che parte cominciare per iniziare a raccontare, però parto. Parto da mia madre che ha avuto sei figli. Io ero la più piccola per cui non ho curato, come la mia collega qui, gli altri bambini, ero tra i più piccoli per cui non guardavo e non curavo proprio nessuno. Però questa casa con tanti bambini, con questa donna tanto stanca, con questa donna esaurita, con questa donna secondo me molto fuori di testa, che non ce la faceva certo, ci lavava, ci dava da mangiare, ci mandava a scuola, i compiti li hai fatti, la cena e poi a letto, tutto molto così una vita molto asciutta, molto secca, con questo modello di donna; non ho mai capito bene quanti anni avesse mia madre; si faceva i peli - allora è giovane se si fa i peli - però io la vedevo bassa, grassa, tutto il contrario di me; io sono alta, piuttosto magra. Insomma questo è un modello che mi è rimasto dentro e da lì ho cominciato a dire "no, io una donna così non voglio essere, non voglio proprio essere una donna così". Certo che poi non mi veniva in mente che potevo essere madre in un altro modo, perché per me madre era così, come mia madre. Madre in un altro modo io non riuscivo tanto a vederlo, per cui ho cominciato a dirmi "no, io non voglio essere assolutamente madre; voglio fare altre cose, non voglio avere una vita come lei, voglio pensare ad altre cose, mi voglio realizzare". Anche perché appunto vedevo mia madre che non era contenta, magari mi raccontava delle storie del tipo che lei voleva fare la camiciaia - vi rendete conto? mia madre ha ottantacinque anni- lei voleva fare la camiciaia, quella che cuciva le camicie, ma non l'ha potuta fare perché lei era una donna, perché non poteva studiare, perché doveva avere figlioli invece suo fratello, non solo ha fatto il sarto, ma ha messo su anche un'impresa, faceva i cappotti e vendeva i cappotti. Per cui c'è sempre stata questa cosa che lei non si è realizzata, e me lo raccontava, e che invece il fratello maschio ha potuto realizzarsi - e lo vedevo, mio zio l'ho conosciuto e ho visto che lui era realizzato, mio zio aveva dei figli ma ovviamente erano a carico della moglie. Allora questa cosa qui ha cominciato proprio un discorso di introiezione in un percorso di: "figli no, farò altre cose nella vita". Però guarda caso nella mia vita io sono andata a fare un lavoro di cura, io lavoro nel sociale, e le caratteristiche cose che tu fai nel sociale è la cura delle persone che hanno bisogno, la cura dei più deboli, dei minori la cura, l'affettività, un po' quelle caratteristiche che vengono poi attribuite alla donna, alla madre. Guarda caso sono andata a fare quella professione - ma anche qui, ve lo dico, non ne posso più - e mi ci è voluto molto tempo per capire che anche in questa forma, certo madre si può essere in tanti modi, ma anche in questa forma qui io non ne posso più, anche no. Ma non solo, in questi ultimi otto anni io son capitata a lavorare in un posto dove faccio rilevazione sulla capacità genitoriale, capacità genitoriale ovviamente delle mamme, non dei babbi, perché sono le mamme che partoriscono, si sa chi è la mamma, non si sa chi è il babbo. Per cui in questo posto di lavoro arrivano le donne con i bambini, donne che non sanno se vogliono continuare a fare la mamma, se vogliono farlo, se non vogliono farlo, se vogliono fare l'affido o l'adozione, non lo sanno; e ci sono disagi sociali a monte molto molto grossi, e c'è questo tempo in cui sono in questo posto in cui si valuta insieme, è una scelta che fa parte di un percorso e viene fatta assieme. E io mi dico che certo è proprio strano che mi ritrovo io a fare questo tipo di professione. Ovviamente non mancano le domande da parte di queste donne nei miei confronti: "ma tu figli non ne hai?" e io rispondo di "no", ma ben contenta di non avere avuto figli. E gli non sto poi più di tanto a raccontare com'era mia madre perché molto probabilmente c'è un discorso anche etico, che non è giusto che io faccia uno specchio nei loro confronti perché poi entra anche un altro tipo di discorso, che va dal personale al professionale, e non posso mischiarli più di tanto. Per cui gli faccio capire che si può essere donne anche in un altro modo, non per forza bisogna essere madri in questo mondo, e lì un attimino vedo che rimangono perplesse e ci pensano. Un'altra cosa: le mie colleghe di lavoro in questi ultimi anni, come le sue, hanno fatto tutte i figlioli; dacché siamo entrate tutte senza figli, ora la maggior parte delle mie colleghe hanno figli. Si sposano e hanno figli subito. Allora gli viene fatto il regalo perché si sposano e perché hanno figli. L'ultima collega si è sposata penso quattro o cinque giorni fa, chiaramente si è raccolto i soldi per darli in regalo, ma io a un certo punto mi sono arrabbiata, mi sono arrabbiata perché non era possibile che noi anche in questo posto di lavoro, dove siamo lì a cercar di far comprendere a queste donne che magari maltrattano o sono abbandonanti verso i figli, siamo lì a cercare di fare capire il discorso di genere, e lo fanno anche le mie colleghe dopotutto, a cercare di far capire che si può essere anche donne ben felici e ben contente, ben realizzate eccetera eccetera anche senza figli poi cosa facciamo, all'interno della nostra equipe di lavoro, premiamo solamente le fasi della donna in cui rientra in matrimonio e essere madre, sempre sotto a un sistema patriarcale. Noi premiamo queste fasi della vita e allora mi sono arrabbiata e l'ho detto: "ma insomma siamo qui a fare l'educazione in un certo modo poi fra di noi si premiano solamente queste cose, e basta, io non ne do più di soldi". Non è un discorso di soldi, è un discorso di principio, di premiare queste fasi della vita. Allora io sono arrivata a cinquant'anni e voglio essere premiata anche io, non sono sposata, non ho figli, voglio avere anche io un riconoscimento da parte delle mie colleghe di lavoro per qualche cosa. Poi stiamo qui a predicare l'emancipazione della donna, l'autostima; diciamo una cosa poi alla fine ne stiamo premiando un'altra. Io voglio un riconoscimento, un premio, come riconoscimento, come regalo, che potrebbe essere anche un sassolino con scritto sei bravissima', non so, per dire
(fuori campo: "Io avevo proposto un mese di ferie nell'arco della vita lavorativa a chi non era sposata e non aveva fatto figli, un mese in più di ferie...")
Io devo arrivare a delle cose più io volevo restare attaccata alle cose più possibili ma insomma il discorso è che l'ho detto alle mie colleghe di lavoro: insomma noi si sta tanto facendo le educatrici verso un discorso e poi di fatto premiamo tutto ciò che è un comportamento diverso, allora a questo punto voglio essere riconosciuta anche io come donna per le cose che faccio nella mia vita, o qui nel posto di lavoro, o se con qualcuno, qualche amicizia particolare eccetera eccetera. Voglio anche questo perché basta solamente la premiazione all'interno di un determinato percorso di vita, all'interno di un sistema."soggetto madre zio cura lavoro famiglia d'origine infanzia