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Lidia Menapace: "Non si può essere indipendenti nella testa se si dipende nei piedi"



La madre start 00:10:41end 00:14:41 Lidia racconta di sua madre e del concetto di indipendenza femminile appreso in famiglia.trascrizione LIDIA MENAPACE: "Mi spiace anche che nel femminismo si sia un po' stinta quella aggressione, sia pure selvaggia, del primo femminismo che non era certamente tenero, appunto disse ‘no alla famiglia', in maniera proprio… che una si vergognava di dire: "voglio bene a mia madre". E mi ricordo che quando mia madre se ne andò a novantadue anni, io scrissi su "Il Manifesto" per lei una piccola cosa, dicendo che lei diceva sempre: "ma io ero una ragazza emancipata!". E di mia madre io quello ricordavo soprattutto, che lei parlando di sé diceva: "ma io ero una ragazza emancipata".
Lo diceva quando io ero bambina, e a me e a mia sorella questa cosa sembrava un'assurdità perché durante il fascismo una donna emancipata voleva dire una donna che rifiutava di essere donna, faceva finta di essere un uomo, e anche era di piccola virtù, diciamo ecco. La libertà femminile, una donna libera, non era un complimento, un uomo libero sì, ma una donna libera no.
Quindi io avevo tutto questo groviglio dentro di me e quando la mamma diceva: "ma io ero una ragazza emancipata", io e mia sorella le dicevamo: " ma mamma che cosa dici?", allora lei ci spiegava che siccome era rimasta orfana di padre che aveva quattro anni, suo padre era un macchinista delle ferrovie, sua nonna era una ragazza di campagna che non voleva tornare in campagna perché aveva sposato apposta un ferroviere, simbolo del progresso, siamo a Carducci, addirittura, insomma... lei era tutta contenta di aver potuto andare via dal paese, il marito si era trasferito a Genova, lei aveva conosciuto la grande città, il mare eccetera... Ha voluto che le figlie, quando lei è rimasta vedova, non fossero costrette a tornare in campagna e ha cercato di farle studiare, devo dire che non so come ha fatto; ha stirato le camice di mezze ferrovie, perché lei abitava in un appartamento di servizio delle ferrovie, perché era rimasta vedova per cause di servizio del marito. Era un appartamento modesto diciamo, dove lei ha lavorato come una pazza, prendendo a pensione dei ferrovieri, stirando camice delle persone, rivoltando i vestiti come si faceva allora, sempre sorridente e sempre dicendo: "sino a quando riesco ad essere autonoma sono contenta, nonostante tutto", e alle figlie questo ha trasmesso.
Quindi mia madre ha continuato poi per tutta la vita a dire: "e mi pagavano meno di un uomo per lo stesso lavoro, e quando mi sono sposata mi hanno licenziato". E lo diceva talmente di frequente che una volta, avrà avuto settant'anni lei oramai, e io le ho detto: "ma mamma è tardi per fare una vertenza", e lei mi ha risposto testualmente: "il sindacato li ha perdonati, ma io no". Nonostante il suo matrimonio con mio padre fosse stato felicissimo, mio padre metteva i soldi che guadagnava nel cassetto, mia madre li amministrava come voleva. Ma il fatto stesso di chiederglieli, a lei sembrava una cosa… sicché, e così concludo questo cerchio etico, lei a mia sorella e a me ha trasmesso questo codice: "ragazze, siate indipendenti! E poi fate quello che volete, prendete il marito, lo tenete, lo mollate, lo cambiate, l'importante è che non dobbiate mai chiedergli i soldi per le calze, perché non si può essere indipendenti nella testa se si dipende nei piedi". E io trovo che sia da stampare veramente. Un vero codice etico, chiuso su se stesso, perfetto, circolare.
Se mia madre trasmetteva a mia sorella e a me l'ordine, il suggerimento molto forte di essere indipendenti è perché lei stessa lo era, le doleva di non avere una base economica per poterlo essere formalmente, ma lo era nel senso che lei discuteva con mio padre tranquillamente, insomma non era una semplice borsetta al braccio del padrone come lei soleva definire le casalinghe tacite e troppo sottomesse."

English:
LIDIA MENAPACE: "I am also sorry that feminism somehow lost its original aggressiveness, albeit wild, at its onset feminism was not tender, and was against family, and quite strongly too ... one felt ashamed to say: "I love my mother". And I remember that when my mother passed away at 92, I wrote a short thing on Il Manifesto for her, remembering that she used to say, "I was emancipated!". What I remembered mostly about my mother, was her speaking of herself as an emancipated girl. She said it when I was a child, and to me and my sister this thing seemed absurd because during Fascism being emancipated meant a woman who refused womanhood, who pretended to be a man, and would be thought a woman of loose morals. Saying a woman was free, was not paying her a compliment, whereas it was for a free man. So, I was really puzzled and when my mother said that she was an emancipated girl, me and my sister questioned her. She explained that she had lost her father at the age of 4, he was a train driver, her mother was a country girl who did not want to go back as she had married a railway worker, symbol of progress, it reminds us of Carducci even. She had been very happy to leave her village, her husband was transferred to Genoa, she had lived in the big city, near the sea and so on. She didn't want her daughters to be obliged to go back to the countryside, and tried to make them study. Honestly, I don't know how she did it; she must have ironed thousands railmen's shirts, she lived in a railway service apartment as her husband had died in the line of duty. It was an unpretentious apartment, where she worked like crazy, taking railmen on board, ironing people's shirts, ironing them inside and out as it was costumery back then. She was always smiling, saying, "as long as I can be independent, I'm happy, against all odds", and she passed this on to us daughters. My mother kept saying all her life, "they paid me less than a man for the same job, and when I got married they fired me". And she said it so often that once, she must have been 70 or so, and I said to her, "Mom, it is too late for a dispute", and her exact words were: "the union forgave them, but I didn't".
Although her marriage with my father was a very happy one, my father put his salary in a drawer, and she managed it as she pleased. But it was really hard for her having to ask for it. So, and I here conclude this ethical digression, she passed on this code to my sister and me, "girls, don't depend on anyone and then feel free to do what you want: you can marry, stay with him, or let him go, as long as you never need to ask him for cash to buy your stockings, you can't be independent in your head if you depend on him for your feet ". And I think it should be printed, a true ethical code, self-sufficient, perfect, circular. If my mother passed on this message to my sister and me, the very strong suggestion to be independent is because she herself was, she regretted not having her own money in order to be it in substance, although she was all the same, she could talk freely with my father, she was not simply a handbag on her master's arm, as she used to define silent and subdued housewives."
soggetto femminismo empancipazione madre libertà indipendenza famiglia d'origine fascismo persone citate Carducci, Giosuè (poeta) [persona citata]


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