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Luisa Morgantini: "Non ho voluto avere qualcuno a cui dire: sei mio!"



Il giudizio sociale start 00:10:06end 00:13:36 Luisa racconta di provare imbarazzo culturale quando le viene chiesto in Palestina quanti figli abbia. Ciò nonostante afferma di essere accolta in quanto si inserisce fattivamente a favore delle persone locali.trascrizione LUISA MORGANTINI: "A volte mi sento in imbarazzo, ho sempre rivendicato questa cosa di non aver avuto figli che sia stata una scelta, non una costrizione non un obbligo, così come il matrimonio non è stato... non mi sono sposata, non perché sono zitella ma perché ho scelto. Però a volte adesso quando mi chiedono, mi chiedono sempre tutti anche in Palestina, "quanti figli hai?" Ecco io lì ho un breve imbarazzo, brevissimo perché poi riaffermo la mia identità e la mia scelta, però sì, c'è un imbarazzo.
Sì, mi mettono più in imbarazzo intanto perché lì i valori sono veramente molto forti, la maternità, anche un ruolo tradizionale della donna, quindi sicuramente mi mettono più in imbarazzo, ma qui, in fondo, è anche un mio modo di lottare, qui è una mia affermazione. Per carità mi considero cittadina del mondo quindi non mi camuffo, non mi trasformo se vado in altri luoghi, non ho mai messo il velo neanche quando sono andata in Iran oppure in Afghanistan, perché penso che così come io devo rispettare loro, loro devono rispettare me. Però sì, l'imbarazzo viene dalla paura un po' di offendere la loro cultura, è più un imbarazzo legato al fatto che loro si aspettano appunto, però è anche vero che per esempio sono sempre molto accettata, forse perché sono una figura, non sono una donna che va lì… sono una persona che va in quei luoghi perché fa delle cose, perché in Palestina difendo i diritti dei palestinesi ad avere uno Stato così come ce l'ha Israele, perché sono contro l'occupazione militare, perché sono con i contadini e con.. Perché se vado in Afghanistan sono con le donne che resistono ai talebani o se vado in altri luoghi, quindi il mio essere in quei luoghi non è mai stato un viaggio da turista ma è sempre stato un modo di essere dentro anche con loro, e quindi questo, in qualche modo credo che mi abbia messo al riparo dalle critiche.
Ma, una cosa che mi è successa invece una volta, veramente incredibile. Io sono stata nel 1980 a Teora, in Irpinia, per un anno come volontaria durante il terremoto, abbiamo fatto una cooperativa di donne. Dopo sei o sette mesi che ero lì, ad un certo punto parlando con le ragazze e anche altri uomini e donne del paese, ho detto "ah guarda mia madre mi ha detto questo e verrà mio fratello a trovarmi" - "Ah! Ma tu hai una mamma? Ma tu hai un fratello?" Cioè sembrava quasi che a quel punto siccome io lì ero quella che organizzavo tutto, dalle fogne ai comitati popolari, sembrava che io fossi in fondo né uomo né donna che fossi comunque lì solo per questo; questo mi aveva colpito molto quella volta, "certo che ho!" e rivendicavo la mia normalità."

English:
LUISA MORGANTINI: "Sometimes I feel uncomfortable, I always proudly claimed that not having children was my choice, I was not forced into it, just as I did not get married, not because I am a spinster, but because I chose not to. Anyway, now when some ask me, and they often do, also in Palestine, "How many children do you have?"
When it happens, I feel slightly uneasy, but then I immediately assert my own identity and choice, although at first I feel a bit embarrassed. I'm uncomfortable over there, firstly because they feel these values very strongly, like motherhood and the traditional role of women, so I feel a bit uncomfortable. Here instead, this is my own battle, it is a way to assert myself. I consider myself a citizen of the world, so I never hide or change according to the place. I never wore the hijab, even when I went to Iran, or when I was in Afghanistan, I believe that as I have to respect them, they have to respect me... Anyway, I think the discomfort comes from the fear to disrespect their culture. It's more linked to their expectations. I must say though that I have always been accepted, maybe because of the way I present myself, not just a woman visiting... but someone going to those places to do things.
In Palestine I defend their right to have their own State, just as Israel does, I oppose the Israeli military occupation because I support the farmers and all... In Afghanistan I support the women who fight against Taliban.
When I go to other places, my being there was never as a tourist traveller, but always a way to see things from the inside, so I think that somehow this spared me from criticism. Once, something happened which was really incredible. In 1980, I spent a whole year in Teora, in Irpinia, doing voluntary work, after the earthquake, and we set up a women's cooperative. After six or seven months I was there, one day, talking to the other girls, but also to other women and men living in the village, I said something about my mother, and about my brother coming to visit. "So you have a mother? And a brother, too?" Since I was the one organising all things, from the sewers to the people's committees, it seemed as if I was neither a man nor a woman, but that I was just there to help. It really took me aback. "Of course I do have a family!" asserting my being normal."
soggetto giudizio sociale scelta accoglienza figli adozione


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