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Letizia: "Non penso di essere una metà che deve essere riempita dall'altra metà"



Sulle mie opere start 00:09:46end 00:19:44 Letizia parla di alcuni suoi lavori e delle idee che ruotano attorno ad essi.trascrizione LETIZIA: "Allora quello è uno dei miei primi lavori, io credo che sia del 2003, 2002, primi lavori audio-video, in cui mi sembra che partecipavo a un concorso "Video Minuto" a Prato; avevo fatto un processamento allo Stabat Mater di Pergolesi, audio, e avevo creato, mi era venuta questa idea, siccome era una specie di fader, che faceva come realmente fanno le orecchie quando le tappi, questo era, questo effetto elettronico sullo Stabat Mater che in realtà non avevo fatto io, ma uno con cui collaboravo, Lorenzo Brusci. L'idea era quella di restituire col suono e con l'immagine questo gesto qui, che ognuno può fare e sente interno e esterno, interno e esterno, per cui, una sensazione forte da un punto di vista, che tutti possono provare facendo così, in più ci avevo messo sopra questa idea del pianto del bambino, che quindi, se anche lo chiudi o apri lo senti comunque lo stesso, per cui, tutto, mi ero fatta tutto un film su questa idea, in realtà il processamento applicato allo Stabat Mater di Pergolesi, io faccio così e il pianto del bambino è mixato sopra ma non segue lo stesso processamento, per cui, mentre te vuoi chiudere e aprire, chiudere e aprire, lui comunque esiste sopra, questa era un po' l'idea. Poi, vabbè, "Stabat basta" era un giochetto linguistico e in qualche modo lì avevo - non è che avessi l'orologio biologico urlante però comunque, mi è venuto - in realtà non è che proprio l'ho pensato, è venuto; un'idea formale, che poi è diventata anche un'idea semantica.
Secondo me chi fa delle scelte un po' radicali come faccio io nell'arte o nel modo di vivere, viene automaticamente tolto dall'idea: "va bene, quello può fare una famiglia, quello può fare dei figli", per cui me lo chiedono ma non in questo modo: "quando fai i figli?", o forse non me lo chiedono proprio, questa è la verità. Rifacendo il percorso penso che è un po' come se sapessero già la risposta, e in realtà poi non è così. Sai quello dipende sempre un po' dagli ambienti, da che livello di formalità c'è in quel salotto; io poi sono una persona abbastanza aperta, che forza un po' le situazioni e che entra anche dentro a degli argomenti che possono essere tabù, per cui sento il tabù in certi ambienti, che poi non hanno solo quel tabù, non proprio precipuamente quello.
Sì, perché secondo me il rapporto con i bambini è abbastanza - cioè io mi sento, non soddisfatta, non voglio dire che essere zia è uguale ad essere madre, guai - però mi piacciono tanto i bambini, non è che ho deciso di non farli perché non sento un desiderio, e non ho neanche deciso di non farli. Non penso che si debba decidere se farli o non farli, penso che bisogna anche sentirsi nel momento. Il fatto che bisognerebbe decidere mi sembra un po' uno snaturare. Non ho nemmeno avere paura di avere rimpianti quando poi non si può più fare perché non è che io sia ossessionata dai legami di sangue, la mia battuta tipica è: "poi me ne compro uno". Poi magari mi dispiacerà, questo io non lo posso sapere, per come ho vissuto finora penso che boh, non sono una tipa che rimpiange troppo.
In realtà è tutto molto mio, anzi direi che mancano, se devo fare una analisi sociologica e politica, riferimenti di donne - mancano a me, poi probabilmente ce ne sono - anche vicine, quotidiane, con cui condividere queste cose. Io condivido molto questo tipo di ragionamenti con le mie amiche che hanno figli ad esempio, non vedo troppo questa divisione poi nelle cose, almeno nelle mie amiche o nelle persone che conosco. Che poi sono divisioni pratiche, nella vita - io posso farmi tutti gli aperitivi che voglio e loro hanno i bambini, la mattina io posso dormire e posso stare sveglia alle cinque di mattina - sono proprio differenze pratiche di abitudini di vita. Io lo so che per avere un figlio bisogna sacrificare delle cose per averne delle altre, per ora e credo per sempre, non ho voluto sacrificare certe cose per delle altre. Io continuamente esprimo idee, sono una puericultrice. Cerco di ascoltare, sempre. Poi io le capisco le mie amiche che diventano isteriche, che c'è il momento che scoppiano, penso anche che io giudico un sacco, e che è facile giudicare quando fai quello che vuoi e non hai tutta la vita organizzata. Per quella è anche una indole credo, che puoi riconoscere anche in altri tipi di legame: la coppia, la famiglia. Per cui sono nuclei che ti danno tanto ma che ti legano, ti costringono; delle modalità che io non rifiuto, le amo, ma so e penso che non le posso seguire per lungo tempo, che non le posso avere come unica forma. E ovviamente un bambino lo devi avere e quello poi rimane lì, non è passibile di cambiamento veloce una cosa come quella.
Scelte non convenzionali della donna e per questo tutta la teoria delle ingrate, che è una teoria che è nella letteratura, da Cervantes a Von Kleist, cioè la ninfa, l'amazzone, la tipologia di donna che non cede all'amore, l'opposto dello Stil Novo, dove devi corrispondere per forza, no. Non corrispondo, non penso di essere una metà che deve essere riempita dall'altra metà, oppure di essere un quinto che và riempito con tre figlioli, cioè questo essere un po' di più, questo guardarsi dentro un po' più come individui è una cosa che io sento sin da quando veramente ho l'età della ragione, per cui la forza, credo, sia dell'individuo, indipendentemente maschio, femmina. Io credo di essere un po' così, nel bene o nel male - comunque si sa, sono personaggi un po' sovresposti per questo si dice poi "l'artista", è anche molto faticoso a volte essere sempre fuori dagli schemi. C'è tanta solitudine a volte, però per ora io non sono riuscita a fare dei compromessi. Non a caso ho detto che ho i nipoti, perché comunque io lo sento molto questo trasferimento anche di conoscenza, di indole, di emozione verso di loro. "
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