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Giusy Calia: "Lo sguardo dell'altro può uccidere"



Alda Merini, maternità e devianza start 00:04:45end 00:09:27 Giusy Calia racconta di come le donne siano sempre state oggetto di attenzione da parte della società e di come i loro comportamenti fossero sempre soggetti allo sguardo degli altri, cosa che lei riporta nei suoi lavori. Sul tema della devianza ha lavorato anche con Alda Merini, raccontando in particolare di come le donne vivessero l'esperienza degli ospedali psichiatrici.trascrizione GIUSY CALIA: "Ho riflettuto moltissimo sui manicomi anche perché ho conosciuto Alda Merini e ho potuto fare la tesi con lei, la mia seconda tesi l'ho fatta con lei, cioè l'abbiamo fatta a quattro mani nel senso che lei mi ha aiutato tantissimo. Lei mi parlava dell'essere madre. E' stata una cosa che lei ha vissuto con grande dolore perché poi i figli le sono stati tolti e in questo continuo entrare e uscire dal manicomio... e quindi il marito appena usciva la metteva incinta, poi ritornava in manicomio e quindi c'era questo moto ondoso, no? E lei si sentiva solitamente frustrata nel dare figli al mondo che poi venivano tolti. Però in qualche modo lei si è sempre sentita madre delle figlie in maniera viscerale perché diceva che comunque c'era qualcosa all'interno che collega sempre, che collegherà sempre la madre e il proprio figlio; e comunque si sentiva anche figlia del manicomio, quindi in questa dicotomia importante: il sentirsi anche strappata, queste viscere che venivano strappate, le figlie che venivano portate in altre famiglie. Ha scritto anche dei diari importanti su questo strappo delle figlie e diceva che il manicomio generava proprio mostri, generava mostri di catalogazioni. E c'erano donne che avevano partorito e avevano anche ucciso i propri figli; c'erano delle donne che invece avevano delle gravidanze isteriche; c'erano delle donne che molto spesso avevano dei bambolotti come figure sostitutive dei propri figli e lei s'interrogava sul fatto che la natura veramente creava delle possibilità diverse, lei non si meravigliava - chiaramente, essendo là - però ha detto: "ho voluto sempre cantare quello che le donne hanno detto", quella che è la voce del silenzio delle donne, perché è una voce che chiaramente la storia ha fatto tacere per anni, secoli e millenni. E chiaramente una donna che non ha figli è una donna fuori dal coro: ancora oggi ti guardano strano: "eh ... ma come mai non hai figli? C'è qualcosa che non va in te?". C'è sempre questa idea della normalità e dell'anormalità di non averli, oppure ti guardano con compassione come dire "non sai cosa ti perdi", no? Senza chiedere mai ad una persona: "tu cosa vuoi realmente?", "tu chi sei?". Ecco questa domanda della società è una domanda che viene omessa. Il "tu chi sei realmente", no? Questo discorso che è stato fatto sempre dai grandi filosofi e poi mai messo in pratica, no?
Lèvinas, "la teoria del volto"; il volto che ci guarda e che ci riguarda mi interroga moltissimo; ecco perché faccio tante iridi, perché mi piace lo sguardo dell'altro e attraverso lo sguardo dell'altro io mi riconosco e se lo sguardo è deformante mi chiedo: che cosa riconosco di me? Che cos'è che mi rimanda lo sguardo dell'altro? Il fatto di non essere una donna perché non ho figli? Il fatto di non essere una donna perché non vivo una vita "regolarmente"... diciamo accettata, accolta? Oppure di essere una persona che comunque è venuta al mondo per trasformare quella che è la linea tradizionale della società? Cioè nel portare una voce nuova nonostante io senta ancora il profondo disagio dello sguardo che deforma. Questa è una cosa che mi fa molto, molto male; è lo stesso sguardo che può sentire una persona così affermata come Alda Merini che si è sempre sentita matta e lei ha detto - mi piaceva molto questa definizione - mi diceva: "Giusy, sai perché sono stata in manicomio? Perché mi preservava dalla follia delle persone che sono fuori". Ed è stato bellissimo perché può essere una cosa di retorica però in effetti la capisco, perché quando si è in una situazione limite, estrema, in queste istituzioni totali che vengono create per rinchiudere le diversità - ancora oggi ci sono le istituzioni totali, che son le menti delle persone - lo sguardo dell'altro può veramente fare molto, molto, molto, molto, molto male e anche uccidere."

English:
GIUSY CALIA: "I've been thinking a lot about asylums, also because I met Alda Merini, and I could do my second thesis with her.
I mean we put our heads together, she helped me a lot.  She used to tell me about being a mother. It was something she experienced with great pain, as her children were taken away from her. And in this never-ending getting in and out of the asylum, her husband would get her pregnant as soon as she got out, then she would go back to the asylum. There was this kind of wavy motion, and she felt absolutely frustrated to bring children into this world that would then be taken away from her. But somehow she always felt mother to her daughters with a very visceral bond, as something inside will always connect a mother to her children. Yet, she also felt like a child of the asylum.
Hence, in this important dichotomy, feeling torn, too, her guts being torn, her daughters taken to other families, so she also wrote important journals about being ripped apart from her daughters. She said the asylum generated real monsters. It generated pigeon holed monsters.
There were women who had given birth and killed their children too. There were women who had hysterical pregnancies. There were women who very often had dolls as substitutes of their own children. She wondered about the possibilities offered by nature. Being there herself she was not surprised, but she said she wanted to sing what women told, which is women's voice of the silence, because it is a voice that clearly history has kept quiet for years and centuries and millennia. And clearly a woman who has no children is a woman out from the crowd.
Even today, they look at you sideways: "How come you don't have children?" "Is something wrong with you"? There's this idea of how normal or not is not having children.
Or they look at you with compassion: "You don't know what you are missing". Without ever asking a person, what do you really want? Who are you?
Well, society never really asks this question. About who you truly are.
This topic which has been debated by the great philosophers but never put into practice: Lévinas and the theory of the face. The face that looks at us and that affects us, I find it very intriguing, that's why I make so many irises, because I like the look of the other. Through the other's gaze, I recognise myself, and if the look gives back a distorting image, I wonder, what do I recognise about myself? What does this gaze say to me?
That I am not a woman because I have no children? That I am not a woman because I live a life not totally accepted?
Or maybe that I am a person who came into the world anyway to transform the traditional idea of society, right? Bringing a new voice, although I still feel the uneasiness of the gaze that deforms everything. This is something that really, really hurts me. And it's the same look that someone well-known as Alda Merini can feel, who always felt "crazy" and told me, "I really liked this definition. Do you know why I was in an asylum? Because it spared me from the madness of people outside." It was beautiful, because it can be a rhetorical thing, but I do understand her. Because when you're in a borderline situation, in these total institutions that are created to enclose diversity... And these total institutions are still there today, they are people's minds. The other's gaze can really hurt so very much, and it can kill, too."
soggetto arte manicomio devianza sofferenza persone citate Lèvinas, Emmanuel [persona citata] Merini, Alda (poetessa e scrittrice) [persona citata]


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