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Associazione Orlando: "La ricchezza delle narrazioni sulla non maternità"



Testimonianza di Emilia start 00:17:39end 00:22:32 Emilia, studentessa di origini siciliane, trova nella parola lunàdigas la possibilità di dare un nome a sé, a una comunità, a una condizione radicale e di confronto intimo da lei finora vissuta con angoscia, non per la mancanza di un supporto familiare e materno, ma per la distanza culturale e sociale rispetto al retroterra di provenienza.trascrizione EMILIA: "Io sono venuta qui di gran corsa quando ho scoperto l'esistenza di questa piattaforma, l'esistenza di questo progetto e la possibilità di incontrarci, di parlare di questo tema perché per la prima volta c'è un nome. Io credo molto nel fatto che il nome ci dia la possibilità di identificare un problema, una tematica, di metterla davanti agli occhi e credo che una delle conquiste, a mio avviso, più forti che questo progetto ha è che questo nome ha una risonanza, è un nome vero, è un nome che sentiamo, è un nome che ci dice immediatamente qualche cosa, un nome di cui sentivamo il bisogno, un nome di cui io sentivo il bisogno. Ne sentivo il bisogno senza sapere esattamente perché, perché io non ho ancora compiuto una scelta, quindi non so come andranno le cose e non riesco neanche ad immaginarlo. Da parte mia ho una madre che mi dice: "Qualunque tipo di scelta tu farai, io sarò accanto a te, sarò contenta, sarò soddisfatta, ti appoggerò". Una madre che ha vissuto in pieno gli anni '70 e gli anni '80, una madre che mi sostiene, mi sta accanto e che quindi rimette a me interamente la libertà di compiere questa scelta. E questa cosa qui mi mette un'angoscia atroce.
Mi mette un'angoscia atroce perché da un lato ho come la sensazione di un compito, di dover dare compimento a quello che lei avrebbe magari voluto fare se solo alcune cose fossero andate diversamente, se solo avesse avuto più soldi, se solo non avesse vinto il concorso a scuola, se avesse insistito magari nel tentativo di una carriera universitaria, se solo non avesse avuto una madre sola che non poteva abbandonare, e quindi quando di corsa dalla Germania è dovuta tornare indietro, lì ha deciso poi di stabilizzarsi. Però quello che vedo è che lei avrebbe avuto anche la forza vera per fare una scelta del genere. Non l'ha fatto per una serie di contingenze che hanno reso molto più semplice e giusto per lei in quel momento fare queste cose qui. Io adesso ho la possibilità di fare davvero sinceramente e intimamente tutto… ho davanti tutte le possibilità e questa cosa qui mi fa sentire estremamente sola. Mi dà la sensazione di avere un peso, un macigno, un qualche cosa da realizzare e di non avere in realtà gli strumenti, di non poter mai fare una scelta adeguata a quello che magari lei si aspetterebbe che io facessi… perché intorno a me quelle che sono le mie compagne di classe, le persone con cui ho fatto le scuole, non sono mai andate via dalle loro città - io vengo dalla Sicilia, da Catania - , studiano tutte medicina, ingegneria, sono tutte fidanzate da dieci anni - ne abbiamo ventiquattro - , stanno già pensando alla casa, parlano di matrimonio. Succede questo. Sento un profondo senso di isolamento e l'dea che ci sia comunque l'approvazione da parte del mio background familiare da una parte mi conforta ma solo in teoria perché non c'è un nome, perché non c'è il senso, la possibilità di fare parte di un'altra comunità. E con questo nome, io ho capito che è la forza di un progetto del genere. La forza che dà a noi, che dà a me, è la possibilità di intravedere l'orizzonte di una comunità e di una messa in dialogo, per cui una scelta del genere non è soltanto la dimensione più radicale di un certo pensiero femminista, che nasce da una realtà che non è quella in cui io sono cresciuta, ma che viene da almeno due decenni precedenti, e che risuona dentro di me per le parole materne, per gli studi che faccio ma non direttamente, comunque è stata filtrata, molto filtrata e per forza di cose si è trasmutata e fa altre richieste, vedo questa cosa qui; e vedo però la possibilità di affrontarla eliminando questo senso di solitudine e di fatica e di tristezza e di impossibilità di essere adeguate qualunque sia la scelta che alla fine faremo. La vedo proprio in questo, nella possibilità di parlarne, nella possibilità di avere tante testimonianze, tante esperienze, nella possibilità del fare di ciò che è più intimo e privato, un qualcosa di comune. Questa secondo me è proprio la perla di questo progetto e io vi ringrazio infinitamente per essere qua."

English:
EMILIA: "I came here straight away when I discovered this platform, this project, and the opportunity to meet, to talk about this topic, because for the first time there is a name. I strongly believe that a name gives us the opportunity to identify a problem, a theme, to put it in front of our eyes. And I think one of the strongest achievements of this project is that this name is meaningful. It's a real name that we feel ours, that immediately tells us something. A name we needed, I felt the need of such a name. I felt the need of it without knowing exactly why, because I haven't yet made a choice, so I don't know how things will be, I can't even imagine it now.
On my part I have a mother who tells me whatever choice you will make, I will support you, I'll be happy, I'll be satisfied, I'll back you up. A mother who lived to the fullest the '70s and '80s, a mother who supports me, stands beside me, and therefore leaves me total freedom to make my choice. This makes me feel a great burden. I feel a great burden, because on the one hand I feel like having to fulfill a task, to what she might have wanted to do, if only a few things had gone differently. If only she had more money, if only she hadn't started to teach at school, if she had kept on trying to start a university career, if only she hadn't a mother living alone that she could not abandon. When she had to rush back here from Germany she decided than to settle down. But I think she probably would also have had the strength to make such a choice. She didn't do it because of a series of collateral issues that have made it much easier and right for her in that moment doing these things here. I now have the real opportunity to sincerely and intimately do all that. I've got every chance. And this thing here makes me feel very lonely. It gives me the feeling to have a weight, a burden, something to be achieved, and not actually having the tools. Of never being able to do an appropriate choice to what she perhaps would expect from me, because around me, my classmates, the people I went to school with they never left home, I come from Catania, Sicily, they all study medicine, engineering. They've all been engaged for ten years, we are 24; they already think about settling down, marriage. That's what happens. So you see, how can I put it? I feel a deep sense of isolation, and the idea that however I have the approval from my family background, on the one hand, it comforts me, but only in theory. Because there is no name, because there is no chance to be part of a larger community. And with this name I understood that the strength of such a project, the strength that gives to us, gives me is the chance to glimpse the horizon of a community and a dialogue. So such a choice is not just the most radical dimension of a certain feminist thought coming from a reality which is not the one I grew up in, but that comes from at least two decades ago, and that resonates within me thanks to my mother's words, thanks to my studies, but not directly. However, it has been filtered down, and therefore it transformed itself, and brings forward other requests. I see this, and however I can see the chance to face it removing this sense of solitude, fatigue, sadness, and the feeling of never being up to the task, whatever choice we'll make. I see that clearly in this, in the chance to talk about it, to have many testimonies, many experiences, in being able to transform what is most intimate and private, something to be shared. In my opinion, this is the gem of this project, and I thank you so very much for being here."
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