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Associazione Orlando: "La ricchezza delle narrazioni sulla non maternità"



Testimonianza di Angela start 00:33:34end 00:41:33 Angela, organizzatrice dell'incontro, riflette sulla necessità di promuovere percorsi di identificazione dei desideri indipendentemente dai contesti familiari e culturali di provenienza. Ragiona sulla condizione maschile, indagata anche attraverso il confronto con i partners, che sentono la necessità di poter/dover lasciare qualcosa di sé attraverso un figlio. Pone l'attenzione sull'accanimento riguardo le scelte riproduttive sempre più tecnologizzate che porta a discriminare la donna che non vuole figli o che abortisce. Affronta infine il tema dell'industria delle cellule staminali e dell'aborto.trascrizione ANGELA: "Io prima di tutto voglio ringraziare le registe e tutte voi per aver preso parola in un modo così ricco e diversificato, perché se avevo un'idea all'inizio, l'ho anche probabilmente cambiata nel corso dell'ascolto, e questo intanto credo sia una delle cose più belle per cui volevo dire grazie. E poi, invece, per rimanere un attimino sul punto, sono molto d'accordo con quello che diceva Emilia: riuscire a nominarsi è una cosa fantastica. Dopo aver detto per anni "non voglio essere madre o non sarò mai madre", poter dire oggi "sono lunadigas", è già qualche cosa. Poi magari avremo una smentita, potremo smentirci nel tempo, ma questo non è importante, secondo me è importante mettere a fuoco il mio desiderio oggi. Perchè è stato (importante) per me, per Giulia, che abbiamo pensato ad avere lunàdigas oggi qui a Bologna? cioè da che cosa è nato? Sicuramente Giulia ha raccontato un po' dei motivi non molto personali ecco, io ci metto una nota personale, poi probabilmente lo farà anche lei dopo. Non siamo nate a Bologna, forse si sente dagli accenti, e non siamo neppure cresciute in delle famiglie completamente emancipate, in cui la donna aveva già un ruolo nello spazio pubblico o magari aveva addirittura già un lavoro. Anzi, io vengo da un paesino in provincia di Napoli, mia madre ci ha messo anni per potersi trovare un lavoro e anche per raggiungere un minimo di autonomia dalla sfera maschile. Adesso, forse, a sessant'anni si affaccia alla sfera pubblica. Sono stata circondata, sono cresciuta in uno stuolo di donne che ho stimato e per le quali nutro tantissimo affetto, ma che, sicuramente, hanno rappresentato un modello a senso unico. E questo lo dico perchè credo che le nostre scelte di vita le facciamo soprattutto basandoci sui modelli, sulle parole chiave, sulle abitudini, le trasmissioni di saperi, le vicinanze nelle quali ci siamo mosse e siamo cresciute. Qualche filosofo direbbe in maniera complicata che i comportamenti sono apparati disciplinari, io l'ho vissuto sulla mia pelle e probabilmente molte di voi, e molti altri qui oggi lo hanno vissuto, che tutta una serie di regole ti portavano a comportarti, ad agire in un certo modo. Perchè dico questo? Perchè credo che per arrivare a dire "sono lunàdigas, non voglio essere madre", ci sia anche però da fare un piccolo lavoro, che questo non sia scontato. Per quanto non consideri un tabù oggi, non riuscirei a dire "oggi, nel 2015 in Occidente la non maternità è un tabù", non mi sentirei mai di poterlo dire perchè è davvero cambiato molto, però, allo stesso tempo non posso negare che c'è un percorso, anche tutto un percorso di identificazione dei propri desideri da fare, perchè altrimenti si può nascere e rimanere in un certo modello di donna o di uomo. Questa era una prima cosa che volevo dire.
La seconda è: uomo. Ci vorrei ragionare un attimo sopra, non solo perchè sembra l'assente dalla discussione oggi, ma anche perchè mi è capitato di avere soprattutto dei partners maschi, e quindi di dovermi confrontare costantemente con questo loro desiderio, che invece, ahimè, era quasi sempre presente nel partner con cui ero, no? E addirittura, ahimè, ma questo proprio "che sfiga", pensavano potessi essere una buona madre, non so come mai… quindi dovevo anche combattere con "guarda ti sbagli, ma non solo ti sbagli ma non ho proprio voglia, non rientra nelle mie"… Per cui, insomma, questo rapporto rapporto col maschile ho cercato di indagarlo e chiaramente chiedevo a questi compagni: "ma scusa, ma tu perché lo vuoi un figlio? Qual è il tuo desiderio?" e mi son sentita rispondere più e più volte - ma poi anche nel corso di ricerche che ho fatto per altri motivi dopo ho trovato questa risposta, insomma - : "devo lasciare qualche cosa di mio in questo mondo"… che è una risposta che ho visto anche in alcune testimonianze del webdoc, data proprio da uomini tra l'altro, che dicevano: "devo trasmettere, devo lasciare qualche cosa in questo mondo". Ed è come se quello che tu puoi trasmettere passa attraverso la tua biologia? Non so, a me questo pensiero mi ha sempre inquietato tantissimo, cioè il fatto che se dovevo lasciare… Prima di tutto: devo lasciare qualcosa davvero? Ma perchè? Potrei anche esserci e sparire, cioè non la sento come una cosa obbligata. Ma se proprio dovessi lasciare qualche cosa, dev'essere per forza un figlio che mi somiglia, con il mio dna? E questa cosa è poi andata,
ho continuato a lavorarci sopra, a ragionarci sopra perché ho cercato di mettere a fuoco che cosa è la maternità nell'era contemporanea e quindi con le nuove tecnologie, che è una cosa che stasera anche ci siamo un po' ripetute, no? Perché prima ci dovevi pensare entro i trentacinque anni, adesso magari a quaranta sei ancora in tempo. O addirittura prima eri eterosessuale, in coppia, certo, in realtà tutti hanno sempre i loro metodi eh, non credo che tra l'altro prima della PMA una lesbica non sapesse come fare a diventare madre, in qualche modo c'erano degli escamotage, però diciamo che la cosa è diventata scientificamente praticabile, riproducibile dovunque, ecco. Beh, io continuo ad interrogarmi su questa cosa, dico: ma è davvero così necessario? Per carità sosterrò sempre le nuove tecnologie ma io vedo l'accanimento in corso sulla scelta riproduttiva e vedo la negazione della scelta non riproduttiva, soprattutto là dove per non riprodurti devi far qualche cosa, perché non è solo "non faccio sesso, per non riprodurmi", ma è anche: "o uso un certo tipo di contraccezione, oppure, ahimé se son rimasta incinta, devo abortire". E qui magari possono iniziare, se non voglio chiaramente fare un figlio… e qui inizia tutto un iter per cui tu diventi veramente diversa dalla donna che figli ne vuole, soprattutto in questo Paese, dove l'aborto è circondato dalla retorica del dolore, del sacrificio, della donna mancata, eccetera, eccetera. Per cui ecco tutta una serie di discorsi al negativo sul non voler essere madre, scegliere un'altra strada, continuo purtroppo a vederli e vorrei anche riuscire, ma questo succede in altri luoghi, succede in altro modo, cioè… uno dei miei più forti desideri non è solo non riprodurmi, ma anche trovare delle strategie per cui la non riproduzione diventi una cosa normale, non sia più questa sorta di abominio soprattutto quando devi praticarla, cioè quando appunto, ti serve una pillola del giorno dopo, piuttosto che devi ricorrere all'IVG che in questo paese mi sembra una cosa ...
Chiudo su un ultimo passaggio: l'eccesso di produzione e riproduzione che anche mi sembra molto attuale. Una delle industrie più fiorenti oggi è l'industria delle cellule staminali e l'industria del cordone ombelicale. Ora, in alcune inchieste che sono state fatte in quest'ambito si vede bene che alcune cellule staminali possono essere prese anche da feti abortiti. Purtroppo le donne i figli abortiti non li vogliono regalare, perchè giustamente dice "forse, ho finito quella esperienza lì, non è che proprio te lo regalo, al massimo te lo vendo".
Nelle interviste che leggevo, una cosa veramente assurda è che a queste donne veniva detto: "hai già sprecato te stessa, perché hai scelto di abortire" - venivano proprio chiamate donne sprecate - "tu hai già sprecato te stessa perché hai scelto di abortire e adesso non doni neanche alla ricerca, cioè è una cosa produttiva, potresti essere produttiva".
Allora la mia scelta che è politica, anche io uso questo… per ora la mia scelta di non riprodurmi è una scelta politica ed è una scelta che però non è solo "non voglio prendermi cura di questo mondo" ma anche, in qualche misura, "non voglio riprodurre la nazione, questa nazione e non voglio riprodurre un certo ordine del discorso che è capitalista". Punto e basta. Scusate se sono stata lunga."

English:
ANGELA: "First of all, I want thank the directors and all of you for speaking out in such a rich and diverse way, because if I had an idea at the beginning probably I have changed it during the listening. This is one of the most beautiful things so I wanted to say thank you. And then, to stay on the subject, I totally agree with what Emilia said, being able to name yourself is awesome.
After saying for years I don't want to be a mother, I'll never be a mother, being able to say today, I am lunàdiga is quite something. We might be proved wrong in the future, we may prove ourselves wrong with time, but that's not important. I think what's important is to focus my desire today. Why was it important for Giulia and myself, to invite Lunàdigas here today in Bologna, where did it spring from? Giulia certainly told us a bit about some of the reasons, not very personal ones. I'll add my personal note, and probably she will do too afterwards.
We were not born in Bologna, this can be heard from our accents and we didn't grow up within fully emancipated families, where the woman already had a role in society, maybe even a job. I come from a small town in the province of Naples, my mother took years to be able to find a job, and to be even slightly independent from the male sphere. Perhaps only now at sixty, she enters public life. So I was surrounded, I was raised by women who I respected and for whom I feel a great affection, but that surely represented a one-way model. And I say this because I firmly believe that our life choices we make them mainly basing ourselves on models, on keywords, on habits, the transmission of knowledge, the closeness in which we lived and grew. Some philosophers would say in a complicated way that behaviors are disciplinary apparatuses. I lived it on my skin and maybe many of you and many others here today have experienced it, that a set of rules brought you to behave in a certain way. And why do I say that? Because I think that to get to say I am lunàdigas, I don't want to be a mom, there is some work to do, it's not to be taken for granted, that even though I don't consider it a taboo today, I couldn't say today in 2015. In the Western world non-motherhood is a taboo. I could never say that, because really a lot has changed. Yet, at the same time, I cannot deny that there is a path, a whole path of identification of one's own desires to be made, because otherwise you can be born and stay in the same pattern of woman or man.
This was a first thing I wanted to say, the second is: man, I'd like to think more about this. Not only because it seems to be absent from the discussion today, but also because I happened to have mostly male partners, therefore I've had to constantly face with this desire, which, alas, was almost always there with the partner I was with. And also, tough luck, they thought I could be a good mother, I don't know why. So I also had to fight, saying look you're wrong, not only are you wrong, it's just not my thing... So I tried to investigate this relationship with men, I clearly asked my partners, "But why do you want a child?" "I mean, what's your wish?" What I've heard them saying over and over again, also in some researches I did for other reasons later, I found that answer again. "I have to leave something of me in this world". I've seen this same answer in some testimonies in the web doc, given by men among other things, saying, "I must transmit and leave something in this world". As if what you can transmit goes through your biology. I don't know, I always found this thought very disturbing. I mean, if I had to leave... First of all, do I really have to leave something? Why? I might as well pass through and disappear, I don't feel it as an mandatory thing. But if I were to leave something, should necessarily be a child with my features, my DNA? And this thing... I kept working on it, thinking about it, because I tried to focus what motherhood is in contemporary era and therefore with new technologies, which is something that tonight was raised several times. Before, you had to think about by the age 35, maybe now at 40 you're still in time. Or even before if you were a heterosexual couple, surely everybody had their ways, I don't think that before Assisted Procreation a lesbian didn't know how to become a mother, somehow, there were ways around. But the thing has become scientifically feasible and reproducible everywhere. I keep questioning myself about this, is it really that necessary? Of course I will always support new technologies, but I can see how furiously reproductive choice is approached, and I see the denial of non-reproductive choice, especially where you have to do something to avoid it.
Because it's not just not having sex in order to not reproduce, but also either choose a certain type of contraception, or alas, if I get pregnant, I must have an abortion. And here it's where it starts, clearly, if I don't want a child, this is where the whole process starts. So you really become different from women who want children. Especially in this country, where abortion is surrounded by the rhetoric of pain, sacrifice, the unfulfilled woman, and so on... These talks using negative definitions about not wanting to be a mother, choose another path, unfortunately, I keep seeing them. And I would also like to manage, but this happens in other places, in other ways, one of my strongest desires is not just not having children, but also finding strategies where non-reproduction could become a normal thing. In other words, no longer this kind of abomination, especially when you have to practice it, when you need a morning-after pill or you have to resort to IVG, that in this country sounds like something...
I close on one last note, production and reproduction excess, which also seems very current to me. One of the most flourishing industries today is the stem cell industry and the umbilical cord industry. Now, in some investigations that have been done in this area, you can see that some stem cells can be taken from aborted fetuses. Alas, women don't want\Nto give them away, because they might rightly think, I've finished with that experience, I won't donate it to you, in case I might sell it to you. In the interviews I read, something really outrageous, is that these women were told,'you wasted yourself away by having an abortion,' they were called wasted women. You wasted yourself away, choosing to have an abortion, and now you don't even give to research?
It's a productive thing, you could be productive.
So my choice which is political, I use this too... for now my choice not to reproduce is a political choice. And it is a choice that is not only: I don't want to take care of this world, but it's also to some extent, I don't want to reproduce this nation, and I don't want to reproduce a certain capitalist discourse. Period, that's it. Sorry for going on for too long."
soggetto politica discriminazione staminali partner aborto scelta tabù madre famiglia d'origine educazione


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