Associazione Orlando: "La ricchezza delle narrazioni sulla non maternità"
Bologna 2015 apr. 17 Archivio Vivo Lunàdigas MPEG colour sonoro
Testimonianza di Federica start 00:47:05end 00:51:03 Federica riflette sulle frasi giudicanti che spesso una donna che non vuole figli si sente dire, dall'essere egoista all'avere problemi con i bambini. Ribadendo la necessità di garantire la libertà di scelta in ambito riproduttivo, Federica ragiona su come una donna incinta diventi oggetto di controllo e giudizio sociale.trascrizione FEDERICA: "Io innanzitutto ho sempre trovato molto interessante questa cosa di non dialettizzare la scelta della non maternità come invece voi in questo importantissimo documentario, che è proprio un atto politico fondamentale in questo Paese, state facendo. Primo perché il non dialettizzare l'esistenza e la legittimità di individui del genere permette di escludere dal discorso, dalla norma tutti coloro che prendono questa scelta, o meglio questa non scelta, che è già di per sé abbastanza interessante. Poi un'altra cosa che ho trovato sempre molto svilente, nei termini proprio della mia individualità, della mia soggettività, è sempre stato il fatto di sentirmi dire "tu non vuoi figli perché sei egoista". Trovo molto più egoista il fatto di voler fare dei figli per lasciare qualche cosa di proprio al mondo, se dobbiamo porla su questo piano. "Perchè non hai voglia di prenderti cura di qualcun altro": non credo di dover avere questa responsabilità onestamente nei confronti di nessuno, tra l'altro abbiamo già abbastanza cose di cui doverci preoccupare nei termini di ciò che ci circonda. E poi un'altra cosa che mi ha sempre molto, molto colpita in negativo è quest'idea di dover lasciare qualche cosa di proprio, biologico, al mondo, come se noi fossimo questo insieme di cellule, come un apparato, un organo fatto appositamente per riprodursi e per lasciare qualcosa d'altro che sia uguale a sé. Io ritengo molto interessante fare qualche cosa che possa esplodere in mille possibili sensi, non per forza un individuo; quindi, questa è una cosa che mi ha sempre molto molto colpita. Un altro punto molto importante è quello che si diceva prima riguardo al fatto di: "tu non vuoi figli perchè non ti piacciono i bambini"; assolutamente no, io non voglio curarmi di qualcuno per uno, due, tre, quattro, quindici, venti, trent'anni, finché appunto spero ci sarò io e finché ci sarà lui, perché nel momento in cui una madre perde un figlio io non riesco nemmeno ad immaginare un dolore del genere, quindi non voglio proprio prendermi il carico di una tale preoccupazione nei confronti di individuo che dovrà vivere in un mondo ingiusto in cui succede qualunque cosa, molto spesso le più sbagliate in cui io stessa non riesco ad avere le mie soddisfazioni per quello che dovremmo meritare tutti quanti, quindi non vedo perchè dovrei mettere al mondo qualcun altro che dovrebbe vivere in una realtà così ingiusta quale è quella che appunto viviamo.
Quindi è innanzi tutto anche un atto politico.
Anche questo ipercontrollo che mi verrebbe imposto sulla mia esperienza cioè una madre si trova proprio a essere investita da uno spazio, cioè a diventare spazio pubblico, nel momento in cui le viene riconosciuto il fatto che "ok, tu sei incinta, da questo momento in poi tutto ciò che succede al tuo bambino, tutto ciò che tu farai al tuo bambino, sarò monitorato dall'esterno"; l'ho sempre trovato abbastanza pesante da vivere proprio a livello di libertà individuale, cioè il continuo giudizio che si perpetua nei confronti di una madre, il modo in cui cresce o non cresce il figlio, magari una madre vegana, ad esempio che si trova a dare questo tipo di alimentazione al figlio, si trova a sentirsi dire di tutto di più come se non si trattasse del proprio figlio ma del figlio di qualcun altro, di qualcos'altro cioè ritengo che sinché l'intera scelta di maternità non sarà appunto del tutto autonoma, sarà importante non sottoporcisi per il fatto che qualcun altro se lo aspetta da noi. Perché, appunto, nessuno deve imporre a nessun altro alcuna scelta compresa appunto quella di non maternità, che è appunto quella di essere lunàdigas, che lo trovo veramente importante e pregnante come termine, quindi vi ringrazio per averlo dialettizzato, e per aver dato un nome alla nostra esistenza ed esperienza."
English:
FEDERICA: "I always found quite interesting this very thing about not to verbalize the choice of non motherhood, as you do in this very important documentary which is a truly fundamental political act in this country. First, because not to approach the legitimacy of individuals in a dialectical way allows to exclude from the standard discourse all those who make this choice, or rather, this non-choice, which is in itself pretty interesting. Something else I have always found rather demeaning in terms of my individuality, of my subjectivity, has always been to hear me say: "You don't want children, because you're selfish". I find it more selfish to want to have children to leave something of yours in the world, if we have to put it this way, because you don't really want to take care of someone else. Honestly, I don't think I have that responsibility towards anyone because we already have enough to worry about in terms of what surrounds us. And something else that always affected me negatively is the thing of having to leave something biologically yours in this world, as if we were a set of cells, as an apparatus, an organ made specifically to reproduce and to leave something that it is the same as oneself. I find much more interesting something that might burst in a thousand possible ways, not necessarily an individual. So, this is something that always struck me very much.
Another very important point that was said earlier about the fact: "You don't want children, because you don't like them". Absolutely not. I don't want to take care of someone for 15-20-30 years, as long as I hope I'm there and as long as they'll be here, because when a mother loses a child, I can't imagine such pain. I really don't want to get the burden of such a concern towards someone who would have to live in an unfair world, where anything can happens, very often wrong things. I myself can't have my own satisfactions, for what we should all deserve, so why should I bring someone else into the world who would end up living in such an unfair reality. So it's first and foremost a political act. Also this hyper control that would be imposed on my own experience. I mean, a mother is really unwillingly put at the centre of a space, to become a public space, the very moment she gets pregnant. From then on, whatever happens to your child, whatever you do to your child, will be monitored from the outside. I've always found it very hard to live at the level of individual freedom, the constant judgment for a mother, the way you raise and feed your own child. Take a vegan mother who chooses this type of nutrition for her child she is subject to all kind of comments as if it were not her own child, but someone else's child, belonging to something else. I believe that as long as the whole motherhood choice will not be totally autonomous, will be important not to choose it because someone else expects it from us.
Because no one should impose any choice on anyone, including the choice of non-motherhood, which is to be lunàdigas, a term which I find very important and meaningful. So thanks for opening up such a discourse and for giving a name to our existence and experience."soggetto libertà giudizio sociale scelta