Franca Elisa: "Devo prendermi cura di me"
Villa Borghese (Roma) 2022 giu. 04 Archivio Vivo Lunàdigas MPEG colour sonoro
Una casa tutta per sé start 00:18:31end 00:23:25 Franca Elisa racconta del valore che ha avuto per lei l'essere riuscita a comprare una casa di sua proprietà a Roma, appena dopo il primo lockdown del 2020. Racconta di aver potuto contare sull'appoggio ritrovato della famiglia e si sofferma sulle conquiste di affermazione di sé fatte durante l'adolescenza in Sicilia.trascrizione FRANCA ELISA: "Sono andata via di casa a diciannove anni e mi sono sentita sradicata, senza un posto dove stare, camere in affitto condivise durante l'Università, appartamenti che non erano i miei in cui anche appendere un quadro era chiedere un lusso e soprattutto avevo bisogno di un posto che fosse totalmente mio. La mia casa di origine non era la mia casa, era la casa dei miei dove anche la mia stanza non era mia. La mia stanza era gestita da mamma, era lei che decideva i soprammobili da mettere, il copriletto, il colore della parete. Era il mio desiderio più grande avere una casa mia e per tanti anni ho pensato che sarebbe stato impossibile, impossibile da un punto di vista economico, il lavoro... i lavori precari, l'impossibilità di avere un mutuo. E l'ho sempre pensato come un desiderio, una cosa così lontana, impossibile da avere e ne parlavo come di un desiderio. E durante i mesi di lockdown, chiusa da sola in compagnia di una gatta, mi sono detta: "è l'unica cosa che dipende da me... cambiare il mondo, avere l'uomo della mia vita, essere amata follemente non dipende da me, questo posso farlo". E la prima cosa che ho fatto appena ci hanno liberato dal lockdown stretto è stata andare all'agenzia immobiliare e dire: "io ho questo, ho bisogno di questo" e da lì abbiamo iniziato tutta la trafila burocratica. E il giorno in cui mi è stato detto: "ok, è stato accettato il mutuo" è stato il giorno più felice del mondo. E anche qui ho trovato una famiglia che mi è stata accanto.
Durante l'adolescenza i rapporti con la mia famiglia sono stati terribili, sono stati veramente tragici: incomprensioni, silenzi, litigate. Io sono cresciuta in una Sicilia negli anni Ottanta dove sono stata la prima la prima a dire mi metto i jeans strappati e mi faccio i capelli viola, voglio andare al cinema, voglio andare ai concerti, passo la notte fuori con le amiche davanti a un falò. Una ragazza di oggi se mi sentisse dire una cosa del genere direbbe: "beh... quindi ?!". Per me è stata una rivoluzione: prendere un treno per andare a Palermo, sei ore di treno per andare a vedere un concerto... nessuna delle mie cugine l'aveva mai fatto, era una cosa assurda. E quindi è stato un lavoro per tutta la vita avere qualcuno che mi appoggiasse nelle scelte e la casa simboleggia anche quello: l'aver fatto una scelta condivisa con le persone che mi amano. Quando ho deciso di comprarla ne ho parlato con mio fratello, dicendogli: "almeno una casa, una cosa mia, un luogo mio dove ritornare lo voglio". E mio fratello mi ha detto: "ma noi ce l'abbiamo una casa" - è la casa della mia famiglia. In questo momento ho cambiato prospettiva, punto di vista anche su quella: è un luogo sicuro in cui ritornare, ok ... ma non è la mia."
English:
FRANCA ELISA: "I left home at nineteen... and I felt uprooted, with nowhere to stay, right? Shared rooms rented during college, apartments that were not my own, where even hanging a picture was... a luxury. And most importantly, I needed a place that it was totally mine. My home of origin It was not my home, it was my parents' house, where even my room did not belong to me. My room was run by my mom, it was she who decided the ornaments to put, the bedspread, the color of the wall... My biggest wish was to have a home of my own. And for many years I thought that it would have been impossible, from an economic point of view, the precarious jobs, being unable to get a mortgage. And I always thought of it as a wish, something so far away, impossible to have. And talked about it as a wish... And during the lockdown months, at home, on my own, in the company of a cat, I said to myself: "this depends on me".
Changing the world, meeting the man of my life, being loved madly is not up to me, this I can do.
And as soon as lockdown was lifted, I went a real estate agency and said, "This is what I have, and this is what I need." and from there we started the bureaucratic process, and the day I was told "OK, the mortgage has been accepted" and it was the happiest day in the world. And here too I found a family that was close to me.
In my teens, relationships with my family were terrible, they were truly tragic: misunderstandings, silences, arguments... I grew up in Sicily in the 80s, where I was the first... the first one to say I wear my ripped jeans, and I colour my hair purple, I want to go to the cinema, I want to go to concerts, I spend the night outside with friends in front of a bonfire. Today's girls, if they hear something like this they would say: '"So what ?!'
It was a revolution for me, taking a train to go to Palermo, six hours by train to go and see a concert... None of my cousins had ever done it, it was something... It was unthinkable. So... I had to struggle all my life, to have someone supporting me in my choices. And the house also symbolizes that, having made a choice shared with people who love me. When I decided to buy it, I talked to my brother, telling him: "At least a place of my own, I want a place of my own to return to". And my brother said to me, "But we have a house". It's my family's house.
Right now, I changed my perspective, point of view on that as well. It is a safe place to return to, but it's not mine."soggetto indipendenza fratello casa realizzazione famiglia d'origine famiglia emancipazione anni Ottanta lavoro lockdown