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Marta Cavicchioni: "Vorrei lasciare prospettive e possibilità"



Il lavoro start 00:16:00end 00:20:05 Marta Cavicchioni racconta le difficoltà legate alla sua professione artistica, da lei svolta fuori dai sistemi di fama, divismo e leaderismo, in ottica popolare, sociale e territoriale. Rivendica per il settore della cultura riconoscimento economico al di là dei meccanismi miopi fondati su bandi e appalti.trascrizione MARTA CAVICCHIONI: "Rispetto al mio lavoro, io a un certo punto ho avuto la possibilità di poter fare una scelta.
È stato dopo i trentacinque anni. Tra i trentacinque e i trentotto anni ho avuto la possibilità di scegliere e di provare a fare arte, perché prima non avevo le possibilità.
Quindi... a un certo punto ho fatto un lavoro, questo lavoro mi ha consentito di dire "Ok, ce la posso fare. Questo è il momento giusto, posso staccare su questa cosa e provare a fare questo tipo di lavoro", che poi appunto in realtà chiaramente è una passione che mi accompagna da sempre, però farlo a livello lavorativo, cioè tutto il giorno, anche semplicemente, vuol dire innescare dei processi di ricerca completamente diversi rispetto a farlo ogni tanto.
Quello che sto vedendo io tanto, per una persona come me, che non si adatta, che dice tanti no (come nella vita i figli, diciamo)… che dice tanti no… è che è difficilissimo, perché essere riconosciute esternamente, vuol dire avere spesso fama.
Nel senso anche questa cosa di...a me non interessa, per esempio.
A me non interessa la fama.
A me interesserebbe fare un lavoro sociale, territoriale. Secondo me non servono grandi persone.
È sempre quella cosa, essere leader, no? Non servono grandi persone che ci dicano come pensare. Serve che insieme lo facciamo questo percorso, perché sennò ci saranno sempre persone indietro e qualcuno che ti illumina la via.
C'è sempre questa cosa anche di dare il mandato, come con la scuola, con l'educazione.
Invece piano piano dobbiamo riappropriarci, secondo me, di una serie di cose.
A livello lavorativo faccio tantissima fatica, perché rivolgendomi alle persone comuni e non a grandi persone con redditi enormi, il mio lavoro segue...
io farei a redditometro.
No, quella cosa... "tu quanto puoi"? È difficilissima questa cosa, perché ci sono tante persone che in realtà non sono povere, ma si percepiscono come tali.
E ci sono tante persone invece che stanno lì lì, stanno per andare però che vorrebbero ancora poter pensare che un'immagine dentro casa gli dia una prospettiva appunto differente e godersela.
Quindi c'è tutta questa situazione. C'è una situazione delle strutture amministrative, dello Stato, che fanno bandi culturali in cui adesso chiedono anche le fidejussioni bancarie, perché pensano che chi fa arte e cultura
presenta tutto un progetto strutturato, poi se ne va.
E che non danno lo spazio per la cura.
Se all'interno di un bando, vinci un bando, io l'ho vissuto, vinci un bando e c'è una persona che sta male, e che doveva far parte di quel progetto, non hai il tempo per aspettare che quella persona stia meglio, per esempio.
O c'è tanta richiesta di cultura gratuita. E come credo che anche le persone che fanno attivismo dovrebbero avere un reddito, dovremmo creare una struttura economica differente, lo penso anche per la cultura perché sennò emergerà solo la cultura di chi se lo può permettere di emergere, di lavorare.
I margini non li ascolteremo mai e a me ha fatto benissimo sentire e ascoltare
le persone che stanno ancora più al margine di me, perché mi hanno dato la possibilità di affrontare altri strati che io non avevo considerato.
E secondo me questa è una perdita per tutte le persone."

English:
MARTA CAVICCHIONI: "Regarding my work, at some point I had the chance to be able to make a choice.
It was after the age of 35, between 35 and 38 years old I had the opportunity to choose and trying to make art, as before I wasn't in the position to. So...
at one point I made something, this work allowed me to say "OK, I can do this."
"This is the right time." I can stop doing other things and try to do this kind of work which clearly it's a passion of mine that has always been with me.
However, doing it at a work level, even just the fact of dedicating the whole day to it, means being able to trigger research processes completely different than doing it occasionally.
What I'm seeing so much, for a person like me, who doesn't easily conform, who often says no. Like children in life, let's say, someone who often says no. It is very difficult, because being recognised... from the outside, it often means having fame, this being in the spotlight. I don't care bout that, for example. I'm not interested in fame. I would be interested in doing a territorial social work, I don't think you need great people. It's always that thing about being a leader, you know? You don't need great people to tell us how to think.
What we need is to do this path together, otherwise there will always be some people behind and someone guiding you, expecting someone to do it for us.
There's always this thing about delegating, as with school, with education. Instead,I think little by little we need to reclaim a number of things.
At work level, I struggle a lot, because dealing with regular people and not people with huge incomes, my work follows this flow. I'd use an income meter.
Not asking, "How much can you spend?" It is a very difficult thing, because there are many people who are actually not poor, but they perceive themselves as such. On the other hand, there are many who are on the brink of poverty but who still wish to think that an image inside their house could give them a new perspective they can enjoy.
So, there's this situation. Then, the situation with the administrative structures, the State itself, that for cultural calls for bids they now request bank guarantees. As if those making art and culture, after presenting a whole structured project, they will just leave.
There is no room for the caring. If you win a call for bid, it happened to me,
if you win a call and someone gets sick, someone who was part of that project, you don't have time to wait for that person to get better. Or there's a great demand for free culture. And as I believe that people involved in activism
should have an income, and that we should create a different economic structure,
the same goes for culture, otherwise only the culture of those who can emerge and work will come out.
We will never listen to the margins and it was great for me to listen to people more marginalised than myself, because they gave me the chance to address other layers that I hadn't considered.
And in my opinion, this is a loss for all."
soggetto lavoro arte scelta persone citate Watkins, Gloria Jean (scrittrice e attivista) [persona citata] Ente e ruolo Lucha y siesta


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