Mario: "Libri e pennelli: con mia moglie è stata una bella simbiosi!"
Sardegna 2024 gen. 29 Archivio Vivo Lunàdigas - Annotu MPEG colour sonoro
Infanzia e scuola start 00:00:00end 00:04:26 Mario si presenta e racconta la sua infanzia vissuta tra le due guerre: la povertà, le scuole elementari e poi l'istituto d'arte che gli ha permesso di formarsi come persona, lavoratore e artista.trascrizione Italiano:
MARIO: "Mi chiamo Mario Zedda, sono nato a Sassari il 20 settembre 1939.
Sono nato in un anno infame, per le cose che sappiamo, per tutto quel ch'è successo in Italia, in Europa e nel mondo.
Nella prima infanzia sono cresciuto non proprio bene: scuole elementari fatte malissimo - sette, otto maestri diversi -, poi malattie - tifo, paratifo Insomma, ne ho viste di tutti i colori. Per fortuna, i colori dentro me sono rimasti.
Camminando e crescendo, "pane voglio non ce n'è". Cosa significa? Che volevo mangiare del pane, ma il pane non c'era, perché eravamo sempre in guerra. Va bene? Mi sembra di sì. Va bene.
Arrivato alla gioventù, per fortuna mi sono avvicinato alla chiesa. Dico "per fortuna" perché sono diventato "giovane esploratore", ed è stata una cosa molto bella, perché i bambini si sono avvicinati, si sono proprio conosciuti, confidati e insomma siamo cresciuti abbastanza bene, perlomeno con un'idea, con una via tracciata.
Finché poi non è cominciata la scuola. La scuola, ovviamente, era "l'istituto professionale". Per i poveri, per i figli dei lavoratori non c'era altro.
E allora torniamo a parlare in sassarese! Mi son trovato in una classe di quaranta bambini: tutti figli di lavoratori. Va bene. Se è così, si procede.
L'insegnamento non è stato dei migliori. C'era ancora il residuato di stampo Avrete capito Non voglio far polemica, non m'interessa più.
E questi insegnanti però non ci hanno trasmesso nulla, non erano pronti. C'è voluto tanto prima di veder migliorata quella scuola.
Però, piano piano, con la forza, soprattutto con il desiderio di migliorarci! E questa era un'idea non solo mia, ma di tutti gli amici che poi ho trovato, quelli che anno vissuto le stesse cose.
E così è successo un fatto davvero strano.
Una professoressa che si chiamava Liliana Canu «Eh, sto studiando».
«Non è questa la tua scuola. Devi andare all'istituto d'arte, perché è più adatto a te».
«Grazie, professoressa».
Ci sono stato bene, in questa scuola. La rimpiango sempre. Perché ci ha aiutato, ci ha dato un mestiere e in più la sensibilità per essere anche artisti. È una cosa importante."
Italiano sassarese:
MARIO: "Mi ciammu Mario Zedda, soggu naddu a Sàssari lu 20 di settembre 1939.
Soggu naddu in un annu infame, pa' li cosi chi sabbemu, pa' tuttu chissu ch'è suzzéssu in Itàlia, in Europa e nel mondo.
Éu soggu crisciuddu in prima infànzia no assai be': schóri elementari fatti malíssimu - setti, ottu masthri ciambaddi -, pói maraddii - tifo, paratifo Insomma, n'àggiu visthu di tutti li curori. Mancu mari li curori 'ndrent'a me so rimasthi.
Camminendi e criscendi, pane voglio (a l'itariana) non ce n'è (sempri a l'itariana). Cosa vó dí, tradottu? Chi vuria magnà pani, ma lu pani no v'éra, acchí érami sempri cu' la gherra. Va bene? Mi pari di sí. Anda be'.
Arribiddu a la gioventú, pa' furthuna soggu 'ntraddu in mez'a la gésgia. Éu lu ciammu "pa' furthuna" parchí soggu dibintaddu "giovane esploratore", ed è una cosa umbè bedda, parchí li pizzinni si so accusthaddi, si so próppiu cunnisciddi, avvizinaddi, cunfidaddi e insomma e semmu crisciuddi abbasthanza be', a lu mancu cun un'idea, cun una carréra tracciadda.
Finz'a chi dabbói è incuminzadda la schóra. La schóra, ovviamenti - dizia chiddu - "istituto professionale". Eh, pa' li pòbari no vi n'éra Che i figli dei lavoratori, le altre scuole - scusate l'italiano - non ce n'è!
E allóra turremu a fabiddà lu sassarésu! Mi soggu auddu in chistha classe di quaranta pizzinni: tutti figli - ehm, figlióri - di trabagliadori. Anda be'. Finza ch'è di cussí, si pruzzédi.
L'insegnamentu no è sthaddu di li migliori. V'éra ancóra lu residuato di stampo Già m'abéddi cumprésu No vógliu intrà illa polémica, acchí tantu no m'intaressa piú.
E chisti però no z'ani daddu nudda, no érani pronti A candu a vidé la schóra migliuradda vi n'è passaddu umbè.
Però, pianu pianu, cu' la fózza, cu' la gana soprattuttu Soprattuttu cu' la gana di migliurazzi! E chistha éra una 'idea no sólu méa, ma di tutti l'amigghi chi a pói, a sighí, m'àggiu fattu, chi ani vissuddu lu trabàgliu méu - ciaru, no?
E cussí è suzzéssu un fattu isthranu, umbè sthràmbulu (a la sassarésa: mi pari isthràmbula chistha sthória).
Una professoressa chi si ciamaba Liliana (Canu, pa' prizzisà) m'à dittu «Ma tu qui cosa fai?».
«Eh, soggu isthudiendi» (sto studiando - perché dovevo rispondere, ovviamente, in italiano - sto studiando).
«No, non è questa la tua scuola. Devi andare all'istituto d'arte, perché tu lí ci stai bene».
«Grazie, professorè».
Mi l'àggiu passadda be', chistha schóra. La rimpiangu sempri. Acchí z'à aggiuddaddu, z'à daddu un mestiere e in piú la sensibbiliddai pa' assé puru arthisti. È una cosa impurthanti."
Inglese:
MARIO: "My name is Mario Zedda, I was born in Sassari on September 20, 1939.
I was born in an infamous year, for the things we know, for everything that happened in Italy, in Europe and around the world.
In early childhood I grew up not really well: elementary schools were awful, - seven, eight different teachers -, then diseases - typhoid, paratyphoid
I mean, I've seen it all sorts. Fortunately, that variety stayed inside me.
Walking and growing, "I want bread, there isn't any". What does it mean? That I wanted to eat bread, but there was no bread, because we were always at war.
Okay? Sounds like it. All right.
Having reached youth, fortunately I have approached the church. I say "fortunately" because I became a "young explorer", and it was a very nice thing, because the children we close to each other, they really knew each other, trusted each other and in short we have grown quite well, at least with an idea, with a traced path. Until school started.
School, of course, was "the professional institute". For the poor, for workers' children there was nothing else.
Then let's talk again in Sassarese!
I found myself in a class of 40 children: all children of workers. All right. If so, let's go ahead.
The teaching was not the best. There was stilla certain hallmark you know what I mean I don't want to be controversial, I don't even care anymore.
But these teachers they didn't pass anything on to us, they were not ready. It took a long time to see improvement in that school.
Slowly, forcibly , especially with the desire to improve ourselves!
And this was not just my idea, but of all the friends which I then found, those who experienced the same things.
And then something really strange happened. This is a very strange story.
A teacher whose name was Liliana Canu. She told me "What are you doing here?" "Well, I'm studying." I had to answer, of course, in Italian. "Well, I'm studying." "This isn't your school. You have to go to the art institute, because it's more suitable for you. " Thank you, madam.
I've had a good time at this school. I always regret it.
Because it helped us, it gave us a job and in addition the sensitivity to also be artists. It's very important."soggetto scuola fascismo infanzia