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Alia Sellami, soprano e performer tunisina dalle origini multietniche, riflette sulle definizioni e i giudizi riservati alle donne senza figli che l’hanno portata a concepire una performance dedicata. La testimonianza raccoglie anche la sua storia personale di donna e artista lunàdiga.

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Ecco la trascrizione completa del video:

ALIA SELLAMI: « Mi chiamo Alia, Alia in italiano, Alya in tunisino e arabo.
Io sono per metà tunisina da parte di mio padre, per un quarto spagnola da parte di mio nonno, per un ottavo tedesca da parte dalla mia bisnonna in Francia, e un ottavo del Lussemburgo da parte mio bisnonno, con anche delle origini polacche.
Dunque, io vivo in Tunisia, adoro questo paese, e canto, sono cantante, compositrice e performer.
Mi sono sempre definita “tra le cose” perché non ho il fisico di un’araba e sono cresciuta in un paese arabo, quindi sono sempre stata messa da parte.
Sono nata in una famiglia con un padre tunisino e una madre… con un padre di cultura araba e una madre di cultura europea, e io ero nel mezzo. Quindi, mi sono definita “tra le cose”, e forse [questo] ha rappresentato per me la possibilità di avere una libertà di essere ciò che sono e di scoprire poco a poco che non appartenere a qualcosa non era qualcosa di negativo, ma era una ricchezza che mi permetteva di andare più veloce verso quello che ero veramente. Sì, oserei dire più velocemente.
Perché parlare delle donne che non hanno figli come donne strane?
Per me non è una cosa così strana non avere figli nella mia vita.
Non so se sia una scelta o meno. Non mi sono mai detta, come ho sentito nelle testimonianze: “non avrò mai figli”. No, non ho mai detto questo, ma non mi sono neanche detta “devo assolutamente avere dei figli”. È così.
Mi sono orientata un po’ in base ai miei desideri e i miei desideri non mi hanno particolarmente spinto a fare figli. Ma forse se avessi incontrato qualcuno che mi faceva venire voglia, forse avrei fatto dei figli.

Quindi, mi sono un po’ interrogata su questa storia delle donne che non hanno figli. E credo che la cosa che mi ha colpito maggiormente sia proprio questo fatto che la società ci chiami “rami secchi”.
È un po’ quello che si dice sulle donne senza figli, considerandole come donne aride, come donne non fertili, come donne diverse, come delle pazze.
Come se l’utilizzo di questo organo che abbiamo che si chiama utero definisca cosa possiamo essere.
Non si fa questo processo alle intenzioni agli uomini senza figli. Non li si tratta in modo differente. Così l’ho trovato molto ingiusto e mi sono ribellata un po’ contro tutto questo.
Da parte mia, che vivo in Tunisia, che sono per metà tunisina, è vero che, dato che non sono sposata, non mi disturbano con questo. Non mi chiedono perché non ho figli. Non mi chiedono nemmeno perché non sono sposata.
Questa cosa non mi fa soffrire. Non so se è una fortuna o cosa, ma non mi infastidiscono con queste cose.
Altre persone vengono infastidite molto di più, a loro viene chiesto perché non hanno figli. Quando li farai? Quando ti sposerai?
Questo è il mio status di artista e di persona un po’ speciale, un po’ stravagante.
Forse questa personalità vista dall’esterno come diversa non fa neanche venire in mente alle persone che io possa avere dei figli. Non saprei dire.
Quando ho parlato con mio padre del Progetto, perché mio padre è qualcuno a cui racconto molte cose, con cui condivido molte cose (gli racconto dei problemi con le mie creazioni e composizioni, i problemi che incontro)… Gli ho parlato molto di questo progetto, e del concetto di lunàdigas, di queste pecore lunatiche con un rapporto speciale con la Luna, che sono un po’ folli, e che ogni tanto si rifiutano di fare i piccoli.
Mio padre mi ha detto: “ma forse lo fanno perché regolano le nascite nel gregge, forse perché è necessario in quel momento che queste pecore non facciano piccoli, altrimenti il gregge è troppo grande. Ed è una regolazione necessaria”.
Mi è piaciuta molto questa idea che non eravamo esseri che facevano cose in meno, che erano nel lato negativo delle cose, ma che invece eravamo necessarie, perché regolarizziamo in modo istintivo e intuitive le nascite nel nostro gregge. Quindi forse sono proprio le donne più intuitive che sentono di non doverlo fare o forse è la natura stessa.
In ogni caso penso che finalmente abbiamo una funzione, e questa funzione è di regolare. E che siamo necessarie tanto quanto lo sono le donne che fanno figli.
Credo che solo mio padre ci veda come regolatrici e credo che la maggior parte delle culture, che sia qui la cultura sarda, o la cultura francese, o la cultura tunisina, ci vedono se avessimo un handicap.
Io penso che ci siano molte donne che non hanno scelto avere figli.

Penso che… Ho una cagnolina che amo moltissimo, che mi ha insegnato tante cose, soprattutto il potere degli ormoni.
Quando questa cagnolina va in calore, ogni sei mesi, non succede nulla perché non vogliamo che abbia cuccioli. Non è incinta, ma un mese e mezzo dopo il calore, il suo corpo, gli ormoni le fanno credere di aver partorito.
E prende dei piccoli giocattoli di plastica che si mette sul seno. Fa un nido, si nasconde e crede di avere cuccioli quando invece non ne ha. Così ho imparato molto perché mi sono detta che gli ormoni sono molto forti, al punto di farci cambiare comportamento e farci venire voglia di una cosa o l’altra.
Una donna incinta avrà gli ormoni che gli daranno un umore differente.
Quindi per le lunàdigas è la luna, ma gli ormoni ci fanno cambiare umore tanto quanto la luna.
Per me, questa visione della donna vista come una macchina mossa dagli ormoni ha una parte di verità.
Ci sono donne che a un certo punto, quando l’orologio biologico gira, arrivano a trentasette o trentotto anni e il loro corpo dice: “bisogna fare figli”. E fanno figli. A volte fanno figli senza sapere davvero perché, perché “ormonalmente” la natura chiede loro di fare figli. Allora è veramente una scelta? Questo mi domando io.
Da parte mia, come ho detto prima, non so se sia una scelta. So che i miei ormoni non hanno giocato con la mia macchina.

La performance che ho fatto l’ultima volta, difatti, è un lavoro che è arrivato dopo molti interrogativi e molti ragionamenti. Perché questo tema mi ha fatto molto riflettere, mi sono molto interrogata: perché mi devo giustificare per non avere figli? Quindi, quello che volevo esprimere è la necessità di reagire contro queste categorie.
Il mettere le donne in una categoria… la donna senza figli la si mette in una categoria… lo trovo assurdo, completamente assurdo, non ha ragione di esistere.
Al contrario, ciò che mi interessava era mettere in risalto lo sguardo con cui ci si guarda, che queste culture, come si diceva poco fa, riservano alle donne senza figli, che sia qui, in Francia, in Tunisia.
Queste donne vengono considerate strane, e questo mi ha fatto reagire.
Alla fine volevo, da qualche parte, utilizzare questo sguardo in chiave sonora, cioè questo modo di chiamare le pecore che non figliano le lunàdigas… quindi ho ricreato un gregge.
La gente doveva venire alla performance con delle campane, e dopo ho trasformato questo suono delle campane in suono di meditazione, di risonanza perché è una cosa che adoro.
E infatti l’intera stanza era piena del mio universo, tutta la stanza in cui mi sono esibita.
C’erano sospensioni che emettono suono… non ho usato il suono ma lampade a sospensione che esistono in casa mia. Ho girato per casa mia dicendo: “voglio che le persone entrino nel mondo di un ramo secco, per mostrare che siamo ben lungi dall’essere rami secchi”.
E un po’ per dire “lasciateci in pace con le vostre idiozie”.
A poco a poco siamo entrati nel mondo del metallo con le risonanze e le vibrazioni delle campane, in un mondo di legno con dei rami secchi che ho raccolto in un bosco dove facevo Tai Chi.
Ho ascoltato i vari rami e ho registrato il suono dei rami secchi sulla mia mano, che è un suono quasi sensuale, un suono molto bello.
E poi ho usato i rami come percussioni e ho cantato una specie di rap un po’ sussurrato dicendo:
“Laissez nous tranquilles
Lasciateci in pace con le vostre storie e le vostre cose.
Lasciateci in pace.
Per favore, lasciateci in pace.”
[ripete in arabo] Lasciatemi in pace!
Alla fine si sentono rumori di rami secchi che si spezzano.
E finisco tutta la performance dicendo:
“È con un ramo secco che i pastori guidano le loro pecore.
È con un ramo secco che l’uomo trova l’acqua.
È con un ramo secco che i ciechi possono trovare la loro strada.
E nelle storie dei bambini, è con un ramo secco che fanno la magia.”

E per me, ecco, era importante dire lasciateci in pace. Siamo delle donne come le altre. Con tutti questi suoni, questo viaggio sonoro, c’era anche un viaggio d’ombra, perché le ombre, che mi affascinano, credo ci facciano viaggiare in un altro mondo.
C’era una proiezione con un gioco di luce che si avvicinava, si allontanava, saliva, scendeva, che proiettava ombre che cambiavano dimensioni e direzione, con diverse fantasie a seconda dello sviluppo dei suoni.
Con il suono del legno che toccavo, ho voluto proiettare il suono di centrini all’uncinetto, fatti da donne sarde, con tutti questi motivi della tradizione femminile sarda che sono come una rete a cui volevo dare questo simbolo dell’imprigionamento di tutte le donne in generale, e in particolare delle donne senza figli.
Questa mentalità, questa tradizione di uno sguardo femminile su di noi che ci imprigiona, è uno stereotipo che effettivamente ci fa male.
Allo stesso tempo era molto bello perché sono cose molto belle e allo stesso tempo volevo questa idea di rete e reclusione mentre si udiva il suono dei rami secchi.

Per quanto riguarda le cose che possiedo, che non sono straordinarie, in merito a chi volerle lasciare ho la fortuna di avere un fratello e una sorella che hanno dei bambini.
Li adoro, sono molto molto importanti per me.
Ho affrontato nel 2011 un tumore al seno e ho dovuto… Quando si affronta un cancro si vede la morte per qualche tempo girare intorno a noi e si vede la possibilità di morire.
L’importanza della gerarchia di alcune cose nella mia vita è cambiata. Ho dovuto riconsiderare la questione da questo punto di vista (della possibilità di morire) e anche capire quale fosse il mio nuovo motore di vita. Perché mi sono resa conto ciò che mi dava la spinta vitale prima non era più valido.
E un importante motore della mia vita erano i miei nipoti, le mie nipoti.
Quindi penso che ho la fortuna di avere questi ragazzi nella mia vita.
Ho la fortuna che mia sorella che è una donna come me ha fatto figli, così ho potuto vivere un po’ la maternità attraverso lei, perché siamo molto simili fisicamente.
Siamo molto attaccate, ci amiamo moltissimo, siamo davvero due sorelle.
E ho la gioia di fare esperienza di maternità. Ho la fortuna di vivere la maternità attraverso lei, sono molto felice che lei abbia figli, ma che siano i suoi e non i miei.
È la maniera più adatta a me anche se alcuni diranno che è egoista, anche se alcuni dicono: “Ma tu non puoi capire, non hai figli.Tu vivi solo per te stessa, in modo egoista”. E allora? Io mi rispetto.
Questa sono io, non ho intenzione di violentarmi e fare qualcosa…
È come se io fossi per esempio un’artista nell’anima però facessi la contabile perché è ben visto dalla società. Se sono artista nell’anima, l’importante è che io sia rispettosa di questa natura, alla fine, e non che mi obblighi a fare altro. In questo sono molto in pace con me stessa.
E quindi, per tornare alla questione dell’eredità voglio lasciare in eredità già geneticamente. È importante perché geneticamente è già lì, mia sorella e io abbiamo un patrimonio genetico molto simile, quindi i bambini sono molto vicini a me. Quindi non ci sono problemi di eredità genetica.
E desidero condividere… già ho cominciato a creare con le mie nipoti (la maggiore ha undici anni)… ho iniziato a creare una relazione fantastica fatta di complicità, tramandando la mia arte, l’amore che ho per certe cose, una certa visione delle cose, una certa spiritualità, umorismo, uno sguardo sulla vita.
E sono molto felice che mio fratello e sorella hanno avuto figli.
Questo è molto importante per me. Li ringrazio di cuore. »

Trascrizione in lingua originale

ALIA SELLAMI: « Je m’appelle Alia, Alia en italien, Alya en tunisien et en arabe.
Je suis à moitié tunisienne par mon père, un quart espagnol par mon grand-père, un huitième allemande de France, mais allemande par mon arrière grand-mère et un huitième de Luxembourg par mon arrière-grand-père avec aussi des origines polonaises.
Donc, je vis en Tunisie, j’adore ce pays et je chante.
Je suis chanteuse, compositeur, performer et je me suis toujours définis entre les choses, parce que je n’ai pas le physique d’une arabe et j’ai vécu et grandi dans un pays arabe, donc j’ai toujours été mise à part.
Je suis née dans une famille avec un père tunisien et une mère… donc un père de culture arabe et une mère de culture européenne, j’étais entre.
Et donc je me suis défini entre les choses et peut-être ça a été pour moi aussi
la possibilité d’avoir une grande liberté d’être ce que je suis et de trouver petit à petit que ne pas appartenir à quelque chose n’était pas quelque chose de négatif, mais était une richesse qui me permettait d’aller plus vite vers ce que j’étais moi-même. Enfin plus vite.
Pourquoi parler des femmes qui n’ont pas d’enfants comme de femmes particulières. Parce que pour moi, ce n’est pas une chose très particulière dans ma vie de ne pas avoir d’enfant.
Je ne sais pas si c’est un choix ou pas. Je ne me suis pas dit comme ce que j’ai entendu beaucoup dans le témoignage: “Je n’aurai jamais d’enfants”.
Non, je me suis pas dit ça, mais je ne me suis pas dit aussi: Il faut absolument que j’ai des enfants. C’est comme ça. J’ai navigué un petit peu en fonction de mes envies et mes envies n’ont pas particulièrement poussé à faire des enfants.
Peut-être que si j’avais rencontré quelqu’un qui m’avait donné l’envie, peut-être j’aurais fait des enfants.

Donc ça m’a un peu questionné cette histoire de femmes qui n’ont pas d’enfants et je crois que ce qui m’a le plus touché, c’est cette idée effectivement que la société nous appelle “i rami secchi”, c’est-à-dire “ces branches sèches”, ça m’a… C’est pareil tout ce qu’on peut dire sur ces femmes qui n’ont pas d’enfants qu’on les regarde comme des femmes sèches, comme des femmes non fertiles, comme des différentes, comme des folles.
Comme si utiliser cet organe que nous avons qui s’appelle l’utérus définissez ce que nous pouvions être.
On ne fait pas le même procès d’intention aux hommes qui n’ont pas d’enfants.
On leur dis pas qu’ils sont différents. C’est pas… Donc j’ai trouvé ça très injuste et j’étais assez révoltée un peu contre ça.
Pour ma part qui vie en Tunisie, qui suis tunisienne à moitié, c’est vrai que comme je ne suis pas marié, on ne m’embête pas avec ça. On ne me dit pas pourquoi tu n’as pas d’enfants. On ne me demande même pas pourquoi je ne suis pas marié, c’est vrai que je ne souffre pas de ça, je ne sais pas si c’est une chance ou je sais pas pourquoi mais on ne m’embête pas avec ça.
Il y a d’autres personnes qu’on embête beaucoup plus a qui on demande: “pourquoi tu n’as pas d’enfants, quand vas tu en faire? Quand vas tu te marier?”
Peut-être c’est mon statut d’artiste et de personne un peu spéciale, un peu étrange, ou cette personnalité comme ça un peu à l’extérieur différente qui fait que ça ne vient même pas à l’esprit des gens de penser que je peux avoir des enfants ou quoi, je ne sais pas.
Alors quand j’ai parlé avec mon père du projet parce que mon père est quelqu’un avec qui je participe beaucoup, avec qui je partage beaucoup, je lui raconte mes problèmes dans les créations dans les compositions les problèmes que je trouve.
je lui ai beaucoup parlé de ce projet.
Donc, je lui ai parlé de la notion de Lunàdigas, de ces brebis lunatiques qui ont une relation spéciale avec la lune qui sont un peu folles, et qui de temps en temps refuse de faire des petits.
Et mon père m’a dit: mais peut-être que elle font ça parce que elles régulent les naissances dans le troupeau, et que c’est nécessaire à ce moment-là que ces brebis ne fassent pas des petits sinon le troupeau est trop grand et c’est une régulation nécessaire.
Et ça m’a beaucoup plu cette idée que nous n’étions pas des êtres qui faisons des choses en moins, qui étions dans le côté négatif des choses, mais que au contraire nous étions nécessaire parce que nous réglions justement de manière instinctive, intuitive les naissances dans notre troupeau.
Donc, peut-être même que ce sont les femmes les plus intuitives qui sentent qu’elles ne doivent pas, ou alors peut-être que c’est la nature.
En tout cas, je pense que finalement nous avons une fonction, et cette fonction est de réguler et que nous sommes nécessaires au même titre que les femmes qui font des enfants sont nécessaires.
Je crois que seulement mon père nous voit comme des régulatrices et je crois que la plupart des cultures, que ce soit ici, la culture Sarde, ou la culture française, ou la culture tunisienne, nous voit comme des choses… presque des handicapées.
Moi je pense qu’il y a beaucoup de femmes qui ont des enfants et qui n’ont pas choisi d’avoir des enfants.

Je pense que… Alors, j’ai une chienne que j’aime énormément et qui m’a appris beaucoup de choses, et notamment elle m’a appris le pouvoir des hormones.
Quand cette chienne a ses chaleurs chaque 6 mois et qu’elle n’a pas de mal parce que nous ne voulons pas qu’elle ait des petits elle n’est pas enceinte et met un mois et demi après ses chaleurs. Son corps, les hormones lui font croire qu’elle a eu des petits. Et elle prend des petits jouets en plastique qu’elle met dans ses seins, elle fait un nid, elle se cache et elle fait ses petits, alors qu’elle n’a pas de petit.
Donc, ça m’a beaucoup appris parce que je me suis dit les hormones sont très fortes à nous faire changer de comportement, et à nous faire avoir envie de choses ou d’autres.
Une femme qui est enceinte va avoir des hormones qui vont lui donner une humeur différente.
Donc, Lunàdigas c’est la lune mais les hormones nous font aussi changer d’humeur aussi bien que la Lune.
Donc, pour moi cette vision de la femme comme un peu une machine qui est bougée par les hormones est aussi quelque chose de vrai.
Donc, il y a des femmes qui a un moment donné quand l’horloge biologique tourne et que elles arrivent à 37 ou 38 ans le corps dit il faut des enfants, et elles font des enfants.
Elles font des enfants des fois ne savent pas pourquoi, parce que “hormonalement” la nature leur demande de faire des enfants.
Est-ce que c’est vraiment un choix? Ça c’est ma question.
Pour ma part, comme je l’ai dit tout à l’heure, je ne sais pas si c’est un choix. Je sais que mes hormones n’ont pas joué avec ma machine.

La performance que j’ai fait la dernière fois en faite est un travail qui est arrivé après beaucoup de questionnement, après beaucoup de tourment en fait.
Parce que ce thème m’a fait beaucoup réfléchir m’a fait me demander : pourquoi je dois me justifier? Est-ce que je dois me justifier de ne pas avoir d’enfants.
Et donc ce que je voulais dire c’est réagir contre ces catégories, de mettre les femmes dans une catégorie: la femme qui n’a pas d’enfants la mettre dans une catégorie. Je trouve ça absurde, complètement absurde, ça n’a pas lieu d’être.
Par contre, ce qui m’intéressait, c’était de mettre en relief le regard qu’on peut porter sur nous, que c’est ces cultures, comme on disait tout à l’heure portent sur nous.
Cette femme qui n’a pas d’enfants, que ce soit ici, en France en Tunisie, elles sont des femmes qui sont bizarres.
Et c’est ça qui m’a fait réagir et finalement je voulais quelque part un peu utiliser ce regard là de manière sonore c’est-à-dire cette manière d’appeler les brebis qui n’ont pas de petits les Lunàdigas donc j’ai recréé un troupeau, les gens devaient arriver à ma performance avec des cloches.
Ensuite j’ai transformé ce son de clochesen son de méditation, de résonance, parce que j’aime beaucoup ça et en fait toute la pièce était rempli de mon univers la pièce dans laquelle j’ai fait la performance, il y avait des suspensions qui font du son je n’ai pas utilisé le son mais elles existent dans ma maison.
J’ai tourné dans ma maison en disant, je veux que les gens entrent dans l’univers de cette branche sèche pour montrer un peu qu’on est loin d’être des “rami secchi”. On est… Un peu pour dire: “Foutez-nous la paix avec vos conneries”.
Petit à petit, on est passé dans un monde du métal avec les résonances et les vibrations des cloches, dans un monde de bois avec des branches sèches que j’ai pris dans un bois où je faisais du tai-chi.
Donc j’ai écouté les différentes branches et j’ai enregistré le son des “rami secchi” sur ma main qui est un son presque avec de la sensualité, un très bon son et ensuite j’ai utilisé les branches comme des percussions et j’ai chanté une espèce de rap un peu chuchoté en disant, « laissez-nous tranquilles ».
Lasciateci in pace con le vostre storie e cose.
S’il vous plaît foutez-nous la paix.
[en arabe et en italien] À la fin on entend des bruits de “rami secchi” donc deux petits branche qu’on coupe et je finis toute la performance en disant
[en italien] C’est avec une branche sèche que les bergers conduisent leurs brebis.
[en italien] C’est avec une branche sèche que l’homme trouve de l’eau.
[en italien] C’est avec une branche sèche que l’aveugle peut trouver son chemin.
[en italien] Et dans les contes pour enfants
c’est avec une branche sèche qu’ils font de la magie.
Et pour moi c’était important de dire foutez-nous la paix, nous sommes des femmes comme les autres.
Et avec tous ce son, tout ce voyage sonore, il y avait aussi un voyage d’ombre
parce que les ombres me fascinent qui nous font voyager dans un autre univers.
Donc, il y avait une projection avec un jeu de lumière qui se rapprochait, qui s’éloignait, et qui montait, descendait, projetait des ombres qui changeait de taille et de direction avec différents motifs en fonction du développement des sons. Et avec le son des bois que je touchais j’ai voulu projeter le son d’un napperon fait au crochet par des femmes sardes avec tous ces motifs de la tradition féminine sarde qui sont comme un filet dans lesquelles je voulais donner ce symbole de l’emprisonnement de nous, les femmes d’une manière générale, et particulièrement les femmes sans enfants dans cette mentalité.
Dans cette tradition de regards féminins sur nous qui nous emprisonnent et que c’est un stéréotype qui nous fait du mal finalement.
Et donc en même temps c’était très beau parce que ce sont de très belles choses en même temps, je voulais cette idée de filet et d’emprisonnement pendant qu’on entendait le son des branches sèches.

Concernant les choses que je possède qui sont pas extraordinaire et concernant à qui les léguer.
En fait, j’ai la chance d’avoir un frère et une sœur qui ont des enfants, et je les adore. Ils sont très très important pour moi.
C’est-à-dire que j’ai traversé en 2011 un cancer du sein. Et j’ai dû, quand on traverse un cancer on voit la mort, pendant quelques temps tourner autour de nous et on voit la possibilité nous de mourir.
Et donc il y a des choses qui se sont… l’importance de la hiérarchie de certaines choses dans ma vie a changée. J’ai dû reconsidérer la question sous cet angle de la possibilité de mourir et aussi de quel était mon nouveau moteur de vie parce que je me suis rendu compte que le moteur de vie que j’avais avant
n’était plus valable.
Et un des moteurs importants de ma vie étaient les enfants de mes frère et soeur: mes neveux et nièces. Donc je pense que j’ai la chance d’avoir ses enfants dans ma vie.
J’ai la chance que ma sœur qui est une femme comme moi, a fait des enfants.
Donc, j’ai pu vivre un peu la maternité à travers elle, parce que on est très proches physiquement, on est très proches, on s’aime énormément on est vraiment des sœurs.
Et j’ai la joie de faire la maternité, de vivre la maternité à travers elle.
Mais je suis très contente qu’elle ait des enfants mais que ce soit les siens, pas les miens. C’est le mode qui me convient et ensemble, même si certains vont dire que c’est égoïste, même si certains disent tu ne peux pas comprendre, tu n’as pas d’enfants.
Tu vis pour toi même, tu vis de manière égoïste et bon, je me respecte, c’est-à-dire, je suis comme ça. Je ne vais pas me violer et faire quelque chose.
C’est comme si moi j’étais par exemple artiste dans l’âme et je vais faire de la comptabilité parce que c’est bien vu par la société.
Si je suis artiste dans l’âme l’important c’est que je sois respectueuse de cette nature finalement, et pas que je me viole sous un prétexte. En ça je suis très en paix avec moi-même et donc pour revenir à la question du lègue, j’ai envie de léguer, déjà génétiquement c’est important parce que génétiquement la suite est là, ma sœur et moi on a un patrimoine génétique assez proche donc les enfants sont assez proches de moi.
Donc, il y a pas de problème de lègue génétique. Et j’ai envie de partager, j’ai déjà commencé à créer avec mes nièces la plus grande a 11 ans, j’ai commencé à créer une relation fantastique, de complicité, de lègue, de mon art, de l’amour que j’ai pour certaines choses, d’une certaine vision des choses, d’une certaine spiritualité, d’un humour, d’un regard de la vie.
Et je suis très heureuse que mes frère et soeur aient fait des enfants, c’est très important pour moi, je les remercie du fond du cœur. »

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