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Attraverso la partecipazione ai festival internazionali del film “Lunadigàs, ovvero delle donne senza figli”, si sono create straordinarie occasioni per raccogliere nuove testimonianze in giro per il mondo, inizialmente in modo quasi del tutto estemporaneo, ora – in un lavoro di raccolta e ricerca in continua evoluzione –sempre in modo più sistematico e attivo. Spesso è accaduto che gli incontri con le persone desiderose di raccontarsi, sull’onda dell’effetto spill-over contagiosissimo del film, siano stati così imprevedibili e imperdibili da doverli cogliere al volo con gli strumenti a disposizione in quel momento.

Rispondendo a questa urgenza del testimoniare, abbiamo toccato con mano e continuiamo a renderci conto di quanto il confronto, l’incontro e l’accoglienza delle persone interessate all’argomento, siano in grado di stimolare nuove consapevolezze, favorendo il superamento dei pregiudizi e rafforzando l’empowerment femminile.

Anche fuori dall’Italia, le dichiarazioni raccolte confermano che non avere figli è un tabù trasversale senza distinzione di collocazione geografica e status sociale, per cui è stato quasi un passaggio obbligato l’approfondimento dei processi attraverso i quali le donne diventano consapevoli della loro scelta, confrontandosi con i valori propri e con quelli del proprio contesto sociale.

Tutta questa enorme mole di materiale raccolto (e che crescerà nel tempo!) trova finalmente la sua casa con la costituzione del fondo internazionale dell’Archivio Vivo, che comincia a fissare un punto nella ricerca sui temi riproduttivi su scala globale: un viaggio intorno al mondo, quello di Lunàdigas, che tocca tutti i continenti e interroga le donne – ma non solo! – ad ogni latitudine, evidenziando condizionamenti e discriminazioni vissuti dalle donne riguardo alla maternità come (presunta) naturalità biologica, all’interno di qualunque tessuto sociale.

Lo scambio di contenuti promosso da Lunàdigas diventa una vera e propria esperienza collettiva dalla quale è nata una rete – nazionale, ma finalmente anche internazionale – sui temi legati alle libertà individuali in ambito di scelte riproduttive.

Cosa contiene l’Archivio Vivo Internazionale?

    • Tunisi, Fida 32 anni: “Per la nostra cultura questo è il tabù più grande di tutti”.
    • Istanbul, Alan 33 anni: “Sono un figlio abbandonato dalla madre… ora da adulto capisco il suo tormento e la sua sofferenza e son riuscito a perdonarla”.
    • Boston, Sam 21 anni: “Ho una nonna greca e una italiana. Quella greca, è davvero furiosa che io a 21 anni non sia ancora sposata e madre”.
    • Washington, Sarah 17 anni: “Sarai una mamma meravigliosa, mi dicono tutti. Io voglio avere figli, ma trovo strano che chiunque abbia il diritto di parlarmene”.
    • Vienna, Anne 27 anni “Lo stigma sulle donne che partoriscono ma non vogliono vivere con i loro figli, è fortissimo. Io sono una di quelle”.
    • Beirut, Maya 35 anni “La fecondazione in vitro in Libano è facilitata per le donne che come me non possono avere figli. Ma la mia domanda è: voglio davvero avere figli?”
    • Quito, Anais 32 anni “La maternità sarà desiderata o non sarà”.
    • New York,  Betsy 40 anni: “Penso che le donne nel mondo accademico abbiano più scelta, anche i dati ufficiali mostrano che le donne più istruite hanno meno bambini e scelgono più spesso di non averne”.

Scopri di più: Lunàdigas_consistenza fondo internazionale

NOTE DI REGIA. Parlano le autrici.

“Chiariamo subito che intendiamo usare ancora come titolo la parola Lunàdigas che non consideriamo consumata, anzi! Questo termine, infatti, si conferma capace di rappresentare in modo positivo la scelta di non avere figli; seduce e conquista, riempiendo una mancanza linguistica comune a quasi tutti gli idiomi “…nella mia lingua, l’arabo, non abbiamo una parola che ci definisca, da oggi siamo anche noi lunàdigas!”

La nostra idea è quella di viaggiare per il mondo anche attraverso le figure delle inviate speciali. Sono giovani donne che, incontrando Lunàdigas, hanno proposto con entusiasmo il loro impegno attivo nella raccolta di testimonianze anche occasionali.

Le occasioni non sono mancate: partecipazioni a Festival Internazionali del Cinema, proiezioni presso gli Istituti di Cultura Italiana all’estero, interventi presso Dipartimenti Universitari dedicati a studi di Antropologia e Sociologia Visuale e/o Studi di genere, Festival di teatro e cinema dedicati alle donne, gruppi femminili e femministi e altre ancora, nelle quali – accompagnando ogni volta il film del 2016 – non si è persa occasione di raccogliere le preziose testimonianze di donne di tutte le età e formazioni, appartenenti a culture altre da quella italiana. Il film ha girato in molte parti del mondo per oltre tre anni e noi Lunàdigas l’abbiamo sempre accompagnato proprio per cercare e trovare un confronto – indispensabile su un argomento così importante – che uscisse dai confini sardi e nazionali e abbracciasse le idee e le posizioni della maggior parte di donne.

Tanti sono stati i paesi visitati: buona parte dell’Europa, il Nord America, il Sud America, parte dell’Africa, parte del Medio Oriente. Non solo, il racconto si è arricchito delle testimonianze di persone provenienti dall’Asia, dall’India, dal Sud Africa, dalla Cina, dalla Thailandia, e soprattutto della visione maschile – di solito meno esplicita – sul tema della genitorialità. Insomma un’importantissima e amplissima raccolta ricca di spunti per riflessioni non banali sulla scelta di avere o no dei figli. Ricordo qui quanto poco sia trattato questo tema, soprattutto nelle motivazioni che sottende – parte che Lunàdigas trova di gran lunga la più interessante – e che non sono tenute in alcuna considerazione nei frequenti appelli alla riproduzione sempre più incalzanti nel nostro Occidente, il più ricco del pianeta. Nelle altre zone, come sappiamo, si muore di fame, di malattia e di sovrappopolazione.”

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