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Tiziana, detta Babazuf, incontrata a Siena nel 2011, racconta il processo di crescita personale che l’ha portata a scegliere di non avere figli. Affrontando la sofferenza provata per la morte della madre, Babazuf concepisce la non nascita come unica possibilità per evitare il dolore della certezza di morire e veder morire i propri cari.

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Ecco la trascrizione completa del video:

TIZIANA: «Io ho scelto di non avere figli. È stata una scelta spontanea ma fin da piccolina, per poi arrivare ad una certa età e decidere, appunto, di non avere figli.
Però sicuramente non è data da un’infanzia infelice, perché io la mia infanzia me la ricordo come una bellissima stagione, piena di giochi, piena d’affetto dei genitori. Però forse non lo so, quel “senso di maternità” che quando siamo adolescenti, parlando con le coetanee, si dice, io non l’ho mai sentito, quel senso di maternità.
E poi, andando avanti invece è stata una scelta meditata probabilmente dalla testa, dalla testa rispetto ai miei pensieri.
Io sono contenta di stare al mondo, ma se mi chiedessero “vuoi rinascere?” io risponderei che non vorrei rinascere, perché secondo me due sono le disgrazie molto grosse che ti possono capitare: a parte il fatto di non poter scegliere di nascere, il fatto di morire e veder morire i propri genitori. E poi tutti gli affetti cari.
Ma soprattutto, ecco, il fatto di concepire la tua morte dopo che non sei, non hai deciso di scegliere di venire al mondo.
E questo per me è che forse poi crescendo, non avendo mai sentito questo senso di maternità (ma probabilmente il senso di maternità viene dalla testa, no?), e non credendo di voler rinascere, per quanto, cioè, ci siamo e bisogna combattere, ma gli attimi di felicità sono pochi, il resto è una monotonia e poi ci sono delle grosse disgrazie.
La morte di mia madre è stata una cosa che ho subito in età ormai adulta, mio padre è ancora vivo, ma è il pensiero di doverti distaccare dalle persone che ti hanno generato: è questo che dovresti concepire come essere umano, ma è un affetto che perdi, sono coloro che ti hanno dato la vita, per cui siamo comunque costretti a soffrire questa mancanza, e non puoi deciderlo, così come la tua morte.
È sicuramente una cosa che non potrai decidere ma che arriverà, e non riesco a metabolizzarlo nonostante tutto.
Cioè lo capisco, lo comprendo ma non riesco a metabolizzarlo.
E per quanto valga la pena di viverla, se tu non fossi nato non avresti saputo, però non avresti nemmeno sofferto, oppure vivere nella monotonia totale perché ribadisco sono pochi gli attimi che veramente valgono la pena.
Sono atea, è un percorso che viene intorno ai 14 anni che mi si è aperto un altro mondo, perché ho insegnato anche catechismo, ero molto vicina alla Chiesa e poi a 14 anni mi sono resa conto che c’erano troppi dogmi, poi determinate letture mi hanno portato a pensare che probabilmente è solo una debolezza il fatto di credere. E allora ho optato per credere nella scienza, nell’intelligenza umana, e non in un Dio.
Non lo so, perché anch’io non ho figli, ma credo comunque che non si possa trasporre l’amore per la madre in quello verso i propri figli, sono due cose completamente diverse e comunque ti manca la persona, colei che ti ha generato, colei che ti ha dato la vita, che ti ha insegnato a vivere.
Avevamo un ottimo rapporto, ma a livello familiare, un rapporto estremamente aperto in cui tutti si poteva dire tutto ciò che pensavamo. Non ero molto condivisa. Erano persone molto aperte però al tempo stesso legati a determinami canoni.
Così come del fatto di essere non credente e di aver fatto determinate scelte, di non essermi sposata, ma convivere, non mi ha mai ostacolato perché ha sempre pensato che ognuno dovesse fare le proprie scelte. Però vedevo che la condivisione l’accettava ma [le scelte] non erano condivise.
Il mio compagno attuale sicuramente la scelta di non avere figli l’ha più subìta, pur condividendola, perché sennò c’era la possibilità di fare due strade diverse.
Però sono convinta, e questo mi dispiace che, probabilmente, se trovava un’altra donna e se voleva figli, questa donna, lui li avrebbe fatti.
No, non sento un senso di colpa perché deve avere la libertà lui di fare quello che vuole, io sono stata molto chiara fin dall’inizio, perché quando decido di parlare con una persona mi apro totalmente, per cui gli ho detto da subito quali erano i miei modi di pensare, quali erano le mie ideologie; tanto che ho dovuto abortire perché io a 24 anni sono rimasta incinta e io non volevo bambini.
Me ne dispiaccio perché sono stata un po’ superficiale, perché già dovevano esserci dei mezzi per cui non si doveva arrivare all’aborto, ma sono pronta a scendere, a fare le barricate, qualora fosse tolto l’aborto. Perché è una libertà delle persone, si può fare o non fare.
Io condivido la libertà di tutti, soprattutto di opinione, ma la vera libertà è quella di decidere se fare o non fare.
Mi sono trovata a motivare la mia posizione con la società attuale, con la società senese, che è una società molto piccola, dove i confronti avvengono quotidianamente e questo è un lato positivo; però, sinceramente sono vista come una persona un po’ particolare, strana, che è andata al di là di quello che è il comune pensare.
Questo succede per altre cose. Se credi nella libertà e rispetti le altre persone, purtroppo in una società attuale ti troverai a combattere e ho combattuto tanto all’interno della contrada, che è una realtà senese, perché Siena è divisa in 17 contrade; persone amabilissime, una famiglia allargata, ma come in tutte le famiglie non te li puoi scegliere, e allora devi portare il tuo pensiero e combatterlo.
E il tuo pensiero è un po’ particolare rispetto a quella che è la norma, no? Che cosa vuol dire quella norma non lo so; il normale, forse quello che fanno i più.
E allora però per essere accettata come persona, per andare incontro a quello che pensi, bisogna che tu ti esponga e che tu dica e soprattutto devi far capire agli altri che come tu li rispetti, loro devono rispettare le tue scelte, devono rispettare tutti coloro che li circondano, al di là dell’abito, al di là degli studi, devono prima di tutto accettarli come persone.»

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