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Scrittrice del Sudtirolo e profonda conoscitrice delle tradizioni popolari delle montagne, Bruna Dal Lago Veneri illustra le caratteristiche delle donne del luogo che non hanno avuto figli. Che siano sante, figure della tradizione o donne con nome e cognome, esse sono accomunate da doti eccezionali, disposte a moltiplicarsi spiritualmente ma a mantenere integra la propria fisicità.

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Ecco la trascrizione completa del video:

BRUNA DAL LAGO VENERI: «Intanto sono molto grata che hai chiamato me in un film dove io faccio proprio la figura di quella che non c’entra perché, essendo madre di quattro figli, non faccio molta bella figura con le due cose.
Comunque il mio lavoro, il mio lavoro di sempre, da più di sessant’anni – quasi settanta se ci metto ancora un po’-, è proprio quello di ricercare figure particolari del femminile.
Nella tradizione popolare, soprattutto dell’ultima ricerca che è quella sui santi che ho pubblicato poco tempo fa, ho trovato delle donne particolarmente interessanti, che sono donne che hanno in qualche modo rifiutato, per questioni di necessità diciamo, la loro condizione femminile. Quella che secondo la tradizione è la condizione logica femminile, cioè quella di essere portatrici di nuove vite, per dedicarsi ad una cosa più alta. In questo caso qui parlo delle sante. Ci sono queste sante che, pur di non lasciarsi maritare – chiamiamola così – con delle persone che loro non ritenevano degne di loro stesse, non solo ma degne di rinunciare ad un più alto spirito che è quello di essere maritate con il padre eterno e quello che vuoi tu… ecco, cambiano, cercano di mutare la loro presenza, la loro fisicità, in una fisicità orrenda in modo da sembrare uomini. E come tali naturalmente non venivano più non solo desiderate ma chiaramente non sposate.
Di queste sante ce ne sono moltissime nella tradizione popolare. Una della quale si parla molto anche qui a Bolzano, perché c’è una bellissima statua, è questa santa Kummerniss, la santa con la barba che si fa addirittura crescere un gran barbone per sembrare appunto un uomo. La storia è poi molto complicata, è molto diversa, comunque è una di queste. Ma poi ce ne sono tantissime altre che per non sposarsi arrivano addirittura al martirio. Per non figliare, non per non sposarsi, arrivano addirittura al martirio. E qui ci sono delle bellissime piccole canzoni popolari, una più buffa dell’altra; una te la potrei cominciare, è la “Santa Caterina”. Dice: “la Santa Caterina era figlia di un re, suo padre era pagano la madre invece no, un giorno il re suo padre in preghiera la trovò…” eccetera eccetera fino a che la fa ammazzare. Questa è la storia della Santa Caterina volgarizzata.
La Santa Caterina può essere anche Santa Margherita, può essere… Ci sono tanti nomi di queste sante, Santa Giuliana… hanno varie età. La storia è sempre la stessa: loro vengono promesse spose ad un re che, secondo loro, era pagano. Il padre anche era pagano. Loro, pur di non rinunciare alla religione cristiana cattolica, che hanno avuto attraverso la madre, attraverso una nutrice, attraverso… le storie sono varie, comunque piuttosto preferiscono morire e vengono appunto in questo modo martirizzate e poi diventano sante.
Queste sono le sante della tradizione. E ci sono anche delle piccole buffissime canzoncine, perché questi nomi, “Margareta” per esempio, “Gretel”, sono nomi tradizionali anche della popolazione. E dire a una “sei una Gretel” vuol dire “sei una ragazzina con le trecce, di quelle impegnate, che non si lascia convincere dai genitori o a fare qualche cosa”. Cioè donne di grande carattere in definitiva. E poi le “Caterine” sono anche “Kate”, “Katrinchen” eccetera. Sono poi lo stesso martirio di Santa Caterina, che è quello con la ruota. E questo continuo giro… è molto interessante anche la lettura di questa ruota nel senso delle opportunità della vita e della ricerca di opportunità non comuni, cioè di donne non comuni.
Non volevano figli perché secondo loro il fatto di figliare – e questa è una teoria come un’altra – era diminuire la loro forza, la loro capacità di incidere soprattutto, e questa è una cosa abbastanza strana, di incidere sulla natura, di incidere sulle forze della natura. Sono in fondo – in qualche modo ci si riferisce ad antiche tradizioni -, sono delle sibille, sono delle creature di altro genere, “maternissime” per quanto riguarda tutta l’umanità, ma non desiderose di dividere se stesse con dei propri figli.
Questa è, più o meno, la teoria di queste sante. Ce ne sono più d’una come dicevo. Dicevo appunto Santa Caterina, ne ho già parlato; Santa Giuliana che è una santa particolarissima che è molto comune nelle valli ladine; poi c’è Margherita di cui parlavo; Barbara, ce ne sono molte… Barbara è la torre, la storia di Barbara, rinchiusa nella torre eccetera eccetera, che poi è una figura anche ripresa dai tarocchi, con sempre la stessa denominazione, cioè: la distruzione del proprio io attraverso questo moltiplicarsi, in qualche modo, che deve essere un moltiplicarsi ritenuto valido ma in altro modo, cioè in modo spirituale e non in modo carnale. Così più o meno detto molto alla maniera un po’ grossa però detto così.
Queste figure di persone particolari che vogliono dedicare la propria integrità a cose diverse, qui sono sante, si dedicano alla religiosità. Ci sono anche – nella nostra regione – in altri modi. Per esempio ci sono delle grandissime sportive le quali per mantenere la loro capacità sportiva, la loro forza sportiva decidono sì di sposarsi, di vivere con qualcuno, ma di non avere dei figli. Una di queste, non so se posso parlarne, è la Paula Wiesinger, sposata poi con un grandissimo alpinista che appunto vive una vita interessantissima. Paula Wiesinger nasce nel 27 di gennaio del 1907 e muore a 93 o 94 anni nel 2001. Questa donna ha la più alta capacità diciamo alpinistica e fisica fra le donne importanti, tra le grandi alpiniste. A lei son dedicate moltissime cose, poi diventa albergatrice con il marito, eccetera eccetera, ci sono tante cose da dire.
Ma la cosa più interessante, che si riferisce a quello che dicevo delle sante in qualche modo, nel 1935 c’è un grandissimo trofeo, il trofeo Mezzalama, che è un trofeo di sci importantissimo. Lei è una sciatrice divina, non soltanto brava e vuole partecipare a questa gara. La gara è interdetta alle donne. Allora cosa fa la nostra brava Paula? Si veste da uomo, fa la gara, la vince, ma quando ha ben vinto la gara, si accorgono del fatto che è una donna e la squalificano. Trovo che la cosa sia molto divertente, dopotutto. Anche se è una cosa moderna, moderna un po’ vecchiotta ma moderna.
Mah, guarda, non lo so perché io conosco delle sportive che hanno avuto figli e che nonostante questo sono sportivissime anzi, non hanno mai perso la loro – diciamo – caratteristica, la loro capacità fisica e altre no. Lei comunque era di questa linea. Ma sai devi pensare anche gli anni. Dunque 1907 è nata, dunque cresce, si sviluppa e diventa importante nei primi anni del ‘900, i primi quarant’anni, cinquant’anni del ‘900; muore nel 2002, muore molto anziana, lui era già morto prima, il marito. Comunque lei sicuramente fa parte di quel gruppo di donne molto “femministe ante litteram” se vuoi, ma molto molto convinte di questa unità della loro fisicità, di non dar “crepe” (è una parola della Paola), di non dar crepe in nessun modo a possibilità che vengono da fuori per interrompere la sua forza fisica, detto così è detto molto male ma più o meno una cosa del genere.
Qui c’è una piccola variazione che mi sembra molto importante. Queste donne – che possono essere salighe, possono essere quelle che si chiamano anche “wilde frauen” cioè “donne selvatiche”, selvatiche per modo di dire perché vivono nelle selve ma non in tanto altro modo -, queste donne hanno una capacità di essere estremamente vicine a tutti gli altri che loro ritengono come figli anche se mai hanno figliato. Cioè sono estremamente delle donne dell’antico matriarcato, delle donne che vivono questa loro funzione di donna, in fondo, anche come grande madre ma come grande madre non come madre nel senso fisico della parola. Loro sono le protettrici delle Alpi, le protettrici della Natura, protettrici dei bambini eccetera. Queste figure sono estremamente interessanti e sono divise, almeno nella letteratura popolare, a seconda della zona che loro così proteggono, prediligono, governano in qualche modo. Allora ci sono le “aguane” o “anguane”: sono le creature delle acque, sono queste bellissime creature che sono le seguaci, non le progenitrici ma le seguaci delle sirene, in fondo, che hanno questo bellissimo aspetto, questi lunghi capelli verdi e sono creature delle acque. E qui c’è un’altra variazione molto interessante su queste aguane che sono coloro che salvano, in fondo, dalle acque le donne che nell’antica tradizione giudiziaria della tòrta terra, le infanticide, venivano affogate. E queste anguane salvano queste donne e le fanno anguane come loro, cioè le tengono nel loro gruppo. Trovo che la cosa sia terribile ma anche estremamente interessante. E poi ci sono invece le “selvane” che sono quelle dei boschi o le “vivene” e qui di nuovo la vivena ha la radice di “wasser”, sono quasi anguane di nuovo. E sono queste varie creature che sono geni colonizzatori in qualche modo, sono protettori di tutta la natura, sono mediatori, per dire meglio, sono mediatrici fra il mondo della natura e il mondo dell’umano. E questa loro figura è estremamente aperta. Una delle più importanti di queste donne io l’ho conosciuta: è la mia amica Carlotta Berghena. Lei si chiamava una “bregostana” ed è quella che mi ha aperto, nel vero senso, la porta a tutte le tradizioni più interessanti e più scure del Regno delle montagne. Lei donna meravigliosa con due occhi di fuoco, grande madre nel senso che aveva adottato molti figli ma che non ha mai avuto figli.
Io credo che la cultura di qua, la cultura delle montagne è una cultura che ha avuto… di nuovo uso una parola… come madre (cultura come madre) ha avuto varie forme religiose: una è un cristianesimo che ha ucciso, ma nel vero senso della parola, ha cercato di sopprimere le culture precedenti; l’altra è questa fuga verso il protestantesimo e se tu pensi anche la guerra dei contadini e tutte queste cose, il protestantesimo della nostra terra ha avuto un grandissimo importanza perché Lutero è alle porte in definitiva. Allora attraverso questa, diciamo, diversità di credi, di religione, tutte però molto impegnate in qualche modo (meno il protestantesimo, sicuramente meno ma di più il cattolicesimo) a tenere le donne fuori da questi discorsi, dai discorsi importanti: soltanto buone, in fondo, per procreare. Chiaramente il fatto di procreare le mette in imbarazzo. Cioè parlare della procreazione le mette in imbarazzo. Credo che questo sia una possibilità, non so dirtelo, ma penso che sia così.
Tra le donne contadine, tra le donne così… una unione fra donne c’è sempre stata e anche molto importante. Io credo che… ci sia stato invece… c’è anche un proverbio che lo dice, “di queste cose non si parla con gli uomini” per esempio, questo sì. Ma fra donne non mi pare, io credo che ci sia stata, invece… la quantità dei figli in un maso contadino sono le braccia di lavoro, ragion per cui una donna che non ha avuto figli è considerata meno; a meno che, come alcune che io ho anche conosciuto, non siano donne eccezionali dal punto di vista della capacità in altre cose, raccoglitrici di erbe, curatrici di animali; allora no, però sono donne fuori, non c’entrano più con il gruppo normale. Se no sì, senz’altro sì. Cioè la donna che non ha avuto figli non è considerata alla stregua delle altre donne, questo nella cultura contadina, no.»

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