Il Cerchio Il Melograno a Firenze è il racconto polifonico di una esperienza collettiva di donne che si esprimono intorno al tema della maternità e della discussa etichetta di “ramo secco”.
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Ecco la trascrizione completa del video:
Testimone 1) « A me “rami secchi” mi è sempre piaciuto parecchio, anche se come idea è terribile, il fatto che non ci possa crescere niente, già di per sé è brutto. Però mi piace, non so. Mi suona molto come critica, mi piace il fatto che sia una traduzione da una lingua così antica… non so, a me sembra che desse una bella forza, cioè che porta una bella forza. »
Testimone 2) «Quando uno pensa al “ramo secco” è un po’ sterile la cosa, quindi dà questa sensazione di non-vita, quindi un po’ una sensazione di difficoltà. perché l’uomo quando non c’è la vita e c’è la morte ha sempre un po’ paura, quindi ramo secco mostra la donna riferita come priva di rigenerazione, e tutta una serie di cose. Però è abbastanza interessante, quindi sono d’accordo a poterle chiamare “rami secchi”. »
Testimone 3) « Dicevo… Pensavo non si andasse linearmente così, invece… lì per lì ho pensato… quando ho sentito “rami secchi”… lì per lì in effetti mi ha dato un po’ noia; sì, lì per lì dà un po’ noia sentire questa frase, però poi quando hai detto che era una provocazione ho detto: “ah, ecco, ora è più chiaro come mai ha scelto questa cosa”. Anche perché è logico che, almeno credo, nessuna di noi pensi che una donna che non fa figli sia… cioè almeno nella nostra cultura, nel nostro cerchio qui, penso che almeno cognitivamente nessuna di noi pensi che donna che non fa figli sia un ramo secco quindi diventa una provocazione inevitabilmente. Se poi si pensa che ha scelto Margherita Hack, una donna che ha diciamo passato la vita a creare conoscenza, una ricerca, un mondo eccetera… però forse è un’operazione troppo facile quella di andare a pensare subito alle cose che possono essere creative al posto dei figli; naturalmente siamo ancora un po’ animali, anche una specie va salvaguardata, quindi per forza ci dev’essere questo conflitto. »
Testimone 4) « Io sapevo l’argomento della serata, me ne avevano parlato nel tragitto. Le donne che non hanno avuto figli… io non ho ancora avuto figli, però non avrei mai pensato a un titolo così… non mi veniva proprio in mente che ci possano essere delle persone che, appunto come diceva Laura, potessero considerare donne che, per scelta o per qualunque ragione, hanno scelto di non avere figli, “rami secchi”. È una definizione che non mi appartiene, perché non l’ho mai sentita, perché non la vivo così, ecco. Però sicuramente è interessante per capire come ci possa essere un certo tipo di pregiudizio riguardo a questa tematica. Quindi sono interessata, molto. »
Testimone 5) « A me ha dato fastidio l’impatto di questa definizione: “ramo secco”, perché me lo visualizzo e me lo immagino non solo con qualcosa che è morto, ma anche di qualcosa di deformato; non lo associo proprio per niente a donne che non hanno avuto figli perché ne ho conosciute tantissime e in loro ho visto anche un forte istinto materno, una forte predisposizione materna. Quindi l’impatto di questa definizione secondo me dovrebbe rimanere proprio una provocazione che stimola una riflessione. Solo come provocazione. Poi però alla fine del filmato mi è venuto in mente un rametto secco che ho dall’anno scorso in un vaso, nel giardino, e quest’anno invece ha fatto dei germogli! È diventata una pianta bellissima: è stato un ramo secco per tantissimo tempo e quest’anno invece ha fatto spuntare un sacco di bellissime foglie. Quindi penso che ci sono anche dei “rami secchi” che hanno in sé una forte potenza di vita. »
Testimone 6) « E’ molto forte, un contrasto. Ma la prima domanda che ti fai è che anche se sei un “ramo secco”, paragonata a che cosa? Penso che sia bene anche giocare con le cose dure nella vita, prenderle con ironia; prendere una frase dura e forte e trasformarla. Mi piace questa scelta. »
Testimone 7) « Per me avere figli o non avere figli non è mai stata una tematica e non sapevo che i “rami secchi” fossero questi. Il titolo mi piace intanto come titolo, così perché è bella l’espressione, perché ha tutta questa immagine, ha tutti questi richiami, in un certo senso; nell’altro senso mi sembra che abbia già una inquadratura, un preconcetto. Non so quanto quanto è sentita oggigiorno questa cosa, forse sì, io non me ne rendo conto, quanto una donna che non ha figli si senta in qualche parte, in qualche angolino dentro di sé un ramo secco, non lo so. Basta, non parlo più. »
Testimone 8) « A me è sembrato un po’ brutto come nome perché sembra che la donna non possa fare più niente che fare figli. È una cosa veramente maschile. Io penso un po’ come lei, come gli altri, che hanno detto che la donna può fare altre mille cose e che se sente che non è il suo ruolo avere figli è meglio che faccia quello che sente di fare. »
Testimone 9) « A me piace perché c’è la provocazione dietro questo titolo e si indovina che c’è gente che giudica queste donne che hanno fatto questa scelta e allora mi fa pensare perché ci sono ancora persona che hanno bisogno di giudicare una scelta come per tutte le altre cose che possono giudicare nel mondo anche in altro modo: l’omosessualità, la transessualità… non lo so, tante cose che hanno bisogno di giudicare: perché? »
Testimone 10) « Per me, quando è stato proposto il titolo, “rami secchi”, ho subito pensato: “oddio, anche qui”. Perché io vengo da un Paese dove la definizione della donna attraverso la maternità è un po’ meno acuto, in Svizzera. È un po’ meno accentuato che devi essere madre per essere una donna. E poi nella mia famiglia ci sono sempre state delle donne molto importanti per me che non hanno fatto figli sicché non c’è un pregiudizio, è proprio parità dei diritti in questo senso. E poi appunto il “ramo secco” può essere anche una cosa bella, però in natura tu lo tagli d’inverno, è una cosa morta, allora ho pensato che no, anche su questa scelta naturale e normalissima per la donna, c’è questo pregiudizio. A me è piaciuta subito l’idea che si deve fare un lavoro e farsi spazio per far capire che c’è anche questa possibilità. Purtroppo ci si deve spiegare. »
Testimone 11) « Sul fatto del “ramo secco” io sono andata con la mia memoria – io sono cresciuta in provincia, in un piccolo paesino, ed essendo anche di un’altra generazione, in un ambiente povero culturalmente – mi ricordo addirittura che le donne senza figli venivano chiamate addirittura “segnate da Dio”, cioè segnate in senso negativo, non positivo. Ma normalmente però, allora io mi domandavo come mai le monache non venissero chiamate così, eppure non avevano fatto figli. E quindi “rami secchi” mi è piaciuta subito perché già mi sembrava meglio di “segnate da Dio”. Ma soprattutto quello che mi interessa è mettere a fuoco questa condizione, che esiste, che è tanta e che ha un suo valore, tutto qui, insomma. Sono contenta di aver partecipato a questa ricerca. »
Testimone 12) « Anche io vengo dalla Svizzera dove c’è una cultura protestante per cui una donna che non ha figli non è guardata così male come ancora oggi succede in Italia. Io non ho figli, e quando lo dico qui sento che la gente mi guarda un po’ male. È una cosa rara, è una cosa strana, invece nella cultura protestante questo lo sento meno. La mia non è stata proprio una scelta ma sono state le circostanze della vita; forse tra i trenta e i quarant’anni, quando tutte le mie amiche hanno avuto dei figli, per me era difficile non diventare un “ramo secco”, sviluppare altre cose, perché il mondo intorno era tutto organizzato -la sera, la domenica, il sabato- giustamente, per i figli. Però poi sono riuscita a far crescere altri rami. Ricordo bene che quando è passato per me questo dolore di non aver fatto figli, siccome io lavoro con delle persone che hanno delle malattie e devono rinunciare a cose molto più grandi di me – io non ho figli ma posso fare tantissime cose, loro devono rinunciare, ed è un tema sempre presente nelle terapie accompagnarli in questa rinuncia- quando sono entrata in pace con questa cosa, non tutte, ma tante terapie hanno fatto un salto perché ho potuto emanare un’altra atmosfera. »
Testimone 13) « Essendo nata in quegli anni, le cose non sono come ora, e neanche come venti anni fa o come quarant’anni fa, da una donna senza madre e senza marito, senza uomo, pur non sapendo – perché poi mia madre ha sposato uno che si è dichiarato mio padre per tutta la vita- io mi sono sempre sentita una diversa, per nascita. Ora sono nella normalità, però mi sento diversa lo stesso. Per via, credo, di questa nascita, dove io non so chi è mio padre, e l’ho scoperto tardissimo nella mia vita però da qualche parte lo sapevo; ho cominciato a fare domande a mia madre quando avevo diciotto-vent’anni e lei non rispondeva mai, comunque la mia vita è stata segnata da un senso di diversità, dovuta al fatto di non avere padre ed essere nata da una donna sola. Volevo solo dire questo. »
Testimone 14) « Io sono cresciuta in un ambiente mezzo protestante e mezzo cattolico, in una piccola città della Germania, e lì nel mio vicinato c’era veramente solo una coppia che non aveva figli, e veniva un po’ guardata con commiserazione, con pietà, perché lei soprattutto non poteva avere figli. Ma io l’ho amata fortissimo questa donna, ed è lei che mi ha insegnato a cucire. Visto che lei non aveva figli io venivo un po’ prestata a lei ogni tanto, per farle sperimentare cosa vuol dire avere figli. Ma lei era talmente preparata a questo compito che i più bei pomeriggi della mia infanzia li ho passati con lei a fare bricolage e dopo a cucire. Insomma mi ha lasciato un segno forte questa donna, ed era per me sicuramente molto meno “ramo secco” di molti altri conoscenti, zii o persone che non mi hanno trasmesso nulla. Era proprio bella questa cosa. E io ho un figlio, ma per fare questo figlio non ho fatto un ragionamento “voglio essere una donna con figli o senza figli”, o “amo i bambini o qualcosa”; non amo particolarmente i bambini devo dire, mi devo un po’ forzare, ma questa cosa di fare un figlio era per me più sperimentare un’esperienza che fa comunque parte della vita. Perciò volevo sperimentare almeno una volta come è fare un figlio, come volevo sperimentare tutte le cose che si possono fare. Questa è una delle tante e l’ho fatta. Ma se non avessi fatto un figlio non mi sarei sentita penso meno realizzata, anzi, mi sono anche un po’ pentita. »
Testimone 15) « Non ho sofferto molto per non avere figli. Ne ho fatto a meno per tanti anni tranquillamente, ora vorrei. Le persone con le quali vivevo non me ne facevano una colpa. Io ho lavorato con i bambini per tutta la vita, e questo me l’ha riempita. Ecco. »
Testimone 16) « Ho conosciuto delle persone, delle donne importantissime e bellissime nella mia vita che ovviamente non ci sono più, per questo mi commuovo un po’, che non hanno avuto figli però persone meravigliose con un grande amore per la vita, con una grande creatività, una grande indipendenza, una grande autodeterminazione. Una grande… sì, comunque proprio bellezza, no? di essere donna che effettivamente poi invece per me che ho avuto un figlio si esprime poi effettivamente non al massimo, ma con tanta gioia e tanta gratificazione ovviamente nella gravidanza e poi nell’avere la maternità. Però anch’io penso che sentendo insomma un po’ le donne, ma anche il filmato, la Margherita Hack, cioè in fondo questo mondo è pieno di guerre; e al di là dei protestanti e cattolici ma le guerre le hanno fatte tutti, in nome di tutte le religioni, e noi donne purtroppo spesso siamo state appunto le fattrici della carne da macello delle guerre di tutte le epoche da che il mondo purtroppo esiste, insomma da che ci siamo. E quindi credo che su questo quantomeno questa interrogazione in un momento così tremendo di distruzione di questa Terra, anche quello che dicevi prima te mi trova d’accordo, cioè ci deve un po’ far riflettere sul fatto che, come mi ha detto una mia amica che non è venuta qui stasera, dice “noi che non abbiamo avuto figli, che abbiamo fatto questo regalo all’umanità” perché in effetti insomma è un gran regalo anche all’umanità decidere di essere su questa Terra, donna e tutto, e di non avere figli. »
Testimone 17) « Non mi è mai passato per l’anticamera del cervello o dell’utero di volere un figlio nella mia vita. Questo a dimostrazione del fatto, io come per tante altre donne, che l’istinto materno non esiste. Con questo io non vado a chiedere alle donne che invece hanno avuto figli se si sentono “rami produttivi”. Mi è piaciuto molto quello che ha detto lei laggiù quando faceva il paragone che un seme per poter germogliare deve morire; e io quando tu dicevi questa cosa ho pensato un po’ a quando si ha il pregiudizio, lo stereotipo sulle “madri”, non sulle donne, “sono madri e quindi devono dare, devono rinunciare a qualcosa della loro vita perché devono crescere i propri figli”, ed è emerso anche qui stasera questo senso comunque di rinuncia che l’avere figlio ha e può comportare nei confronti della donna. Certo quando io ho scelto di non avere figli non avevo tutta questa consapevolezza che ho oggi; oggi mi dico che molto probabilmente la mia scelta di non avere figli è stata una scelta politica, contro un modello culturale, un certo sistema culturale che mi voleva in un certo modo e che io anche inconsapevolmente, quando avevo quindici o vent’anni – che erano diversi dai quindici, vent’anni di adesso- non sapevo neanche di che cosa stavo parlando. Però una cosa io la devo dire: così come non vado a chiedere alle persone che incontro per strada se sono eterosessuali o omosessuali, o bisessuali o intersessuali, io non vado a chiedere alle donne che incontro per strada se sono madri o se invece non lo sono; sono donne. »
Testimone 18) « Riflettevo mentre parlava Fabiola e mi dicevo: “Madonna, io sono nata che tiravo su bambini pur non avendo bambini; sono la terza di nove figli, otto donne e un maschio. Io credo povera mamma, sai quanti semi sono morti in tutta la sua vita. Mi ricordo ero piccola e avevo comunque una sorellina da cullare, e dai e via con questa culla, e ninna-ò… tutto un continuo. Ora anche io quando ero giovane volevo un figlio, anzi ne volevo tanti perché il mio modello era questo, e oltretutto vengo anche da una cultura dove non sei niente se non hai un figlio, se non hai procreato. È vero. Mi è sempre rimasto impresso, e questa era la cosa che mi ha detto mio padre – e non ero neanche tanto giovane; un giorno che ero con lui e si discuteva animatamente, a un certo punto con un fare… – avete capito tutti che non ho figli, non sono neanche sposata, sono accompagnata sicché – insomma mio padre in una discussione mi guarda e mi fa: “ma te non sei nulla – io avevo quarantacinque anni, cinquanta all’epoca – una volta che hai pensato a te non pensi ad altro!”. Siccome mio padre per me era il massimo, è sempre stato il massimo, il mio modello, probabilmente anche di compagno che volevo trovare nella mia vita, io l’ho guardato e ho detto: “te credi che farsi una vita senza aiuto di nessuno e vivere in questa società sia non essere niente?” ma non sono stata capace di dirgli il dolore che mi dava questa cosa, mi dava fastidio che proprio mio padre mi dicesse che io non ero nulla perché una volta che avevo pensato a me, avevo pensato a tutto. Ma non è vero, io come ho detto prima, ho incominciato da piccola a cullare bambini, ho scelto per l’appunto un lavoro che mi portava a stare coi bambini – e guardate, poi un’altra cosa che mi dava noia – quando ero a lavorare- lavoravo per l’appunto in una terapia intensiva neonatale, sono un’infermiera – lì c’era un virus perenne: eran sempre incinte le mie colleghe! E chiaramente chi è che sostituiva, chi è che andava a far le notti, chi è che doveva coprire i turni? Chi non aveva figli! Chi era più libera, chi non aveva mariti. Tant’è vero che a una riunione sindacale, io non mi ricordo cos’era per queste conquiste delle donne, non mi ricordo perché sono passati anche un po’ d’anni, c’era da spartire dei soldi a livello contrattuale e c’era la parola ‘produttività’, sicché disse: “bisogna pensare alle mamme che sono a casa, alle donne che sono a casa in maternità e queste devono avere anche loro la produttività”. Al che io li guardo, due occhi così e : “che gli si dà ancora? Allora sono a casa a guardare i bambini, le sostituiamo quando non ci sono…” e per poco non mi mangiano a questa riunione! Insomma, non lo so se serve quello che vi ho detto, ma nel corso degli anni – perché io ero una di quelle che sognava di avere tanti figli, non solo uno, e non so se sia stata la mia fortuna, non so che dirvi perché ancora non l’ho realizzata- io dicevo che per poter fare tanti figli come li volevo ci voleva un uomo con i controcoglioni come quelli di mio padre come minimo, che non ha fatto altro che lavorare per mantenere la famiglia, e poi parlare coi figli anche poco – in Sardegna si chiacchierava poco con i figli, si pensava a lavorare e a portare i soldi a casa per mantenerli- sicché non vi so dire, la vita mi ha portato a non averli i figli. Probabilmente ho anche concorso chiaramente, perché sono anche convinta che siamo artefici della nostra vita, poi non so se questo è veramente essere poco realizzati. Io penso di essermi realizzata anche troppo nel dare il mio contributo come donna che non ha procreato. »
Testimone 19) « Allora io a oggi sinceramente non ci penso neanche più di tanto se voglio un bambino o non lo voglio; sono anche un po’ fuori tempo tutto sommato, quindi sarò quasi un “ramo secco”; però non è una cosa che mi passa per la mente. Non la sento neanche come una mancanza. Sicuro da pischella, intorno ai vent’anni sì, volevo fare come mia mamma, quattro bambini, però è normale io credo, c’è un po’ l’influsso e l’educazione che ricevi, quindi c’è quello schema e cerchi di portarlo avanti. La questione poi diventa un’altra: qual è la mia forma. Allora questa era diventata la vera questione, non avere o non avere un bambino, ma qual era la mia forma. La mia forma si sta delineando sempre più, negli ultimi dieci anni che la cerco, e questa è diventata la mia questione fondamentale. E la mia forma non dipende dall’avere o non avere un bambino; cioè essere quello che sono, cercare qual è la mia dimensione, qual è la mia essenza, quello che mi rende felice, quello che mi rende vitale, le sto trovando tutte queste cose pur non avendo fatto un bambino. Quindi se ci sono persone che parlano dei loro figli non mi viene da parlare del cane, non mi sento neanche in imbarazzo, ci sto bene in questa condizione. Secondo me appunto la questione fondamentale è che io sia presente a me, sia in linea con me ogni giorno, che continui a cercarmi ogni giorno, e prescinde dall’avere o non avere bambini. Non sento la mia identità, di persona e di donna, legata a questo. Poi i bambini li amo, li amo tantissimo, loro amano me, ci gioco tantissimo e volentieri, mi ruzzolo per terra con loro, mi rinnovano un sacco di energie di quando ero bambina. Quindi una bambina già ce l’ho: me, e la mantengo. È vero. E quindi appunto non la vivo questa mancanza, non mi pongo neanche il problema e probabilmente per questo i “rami secchi” mi è piaciuta tantissimo, perché è una immagine bella forte ma non mi dava alcun dolore, non mi toccava in alcun modo, e mi sembrava proprio un bel nome per richiamare un attimo l’attenzione. “Ah, dite che siamo dei rami secchi”… parliamone, non c’è problema; andiamo a vedere cosa c’è in quelli che sono definiti rami secchi. Ecco, questo. »
Testimone 20) « Io adesso non sento la necessità di avere dei figli. C’è stato un periodo in cui ero più giovane, intorno ai venticinque anni, che non avevo ben chiaro nemmeno allora che cosa volesse dire essere madre, però l’idea di avere un figlio mi allettava anche perché l’educazione era stata questa poi: la donna deve avere figli e deve avere una famiglia, quindi l’impronta che mi era stata data è stata questa. Però forse proprio per questa impronta che mi era stata data c’era qualcosa che strideva dentro, e che in realtà inconsciamente ho pensato che ci fosse qualcosa di ribelle in me che non riuscivo ad accettare. E di questo me ne sono resa conto poi con il tempo perché poi ho preso altre strade, e quindi ho fatto a meno, e sono riuscita a trovare una strada diversa che è quella di essere più consapevole di quello che io sono e quali potessero essere i miei desideri. Quindi mi sono più orientata sul cercare più me stessa. E questo mi ha allontanato dall’idea di donna classica da cui sono nata, ecco. E la cosa che mi è piaciuta e che mi piace tutt’ora è che la mancanza di avere dei figli mi ha portato a una riscoperta di passioni che non credevo nemmeno di avere perché mi sono dedicata pienamente a me stessa, alla costruzione, anche come diceva lei, a prendere forma, e si è allontanata l’idea di essere madre, come per lo meno intendeva mia madre essere madre, perché poi madre lo puoi essere sempre, in qualsiasi cosa. Anche nel mio lavoro, lavoro con i ragazzi disabili, io do una parte della mia fertilità e mi sento piena. »
Testimone 21) « Allora, non so bene da che parte cominciare per iniziare a raccontare, però parto. Parto da mia madre che ha avuto sei figli. Io ero la più piccola per cui non ho curato, come la mia collega qui, gli altri bambini, ero tra i più piccoli per cui non guardavo e non curavo proprio nessuno. Però questa casa con tanti bambini, con questa donna tanto stanca, con questa donna esaurita, con questa donna secondo me molto fuori di testa, che non ce la faceva… certo, ci lavava, ci dava da mangiare, ci mandava a scuola, i compiti li hai fatti, la cena e poi a letto, tutto molto così… una vita molto asciutta, molto secca, con questo modello di donna; non ho mai capito bene quanti anni avesse mia madre; si faceva i peli – allora è giovane se si fa i peli – però io la vedevo bassa, grassa, tutto il contrario di me; io sono alta, piuttosto magra. Insomma questo è un modello che mi è rimasto dentro e da lì ho cominciato a dire “no, io una donna così non voglio essere, non voglio proprio essere una donna così”. Certo che poi non mi veniva in mente che potevo essere madre in un altro modo, perché per me madre era così, come mia madre. Madre in un altro modo io non riuscivo tanto a vederlo, per cui ho cominciato a dirmi “no, io non voglio essere assolutamente madre; voglio fare altre cose, non voglio avere una vita come lei, voglio pensare ad altre cose, mi voglio realizzare”. Anche perché appunto vedevo mia madre che non era contenta, magari mi raccontava delle storie del tipo che lei voleva fare la camiciaia – vi rendete conto? mia madre ha ottantacinque anni- lei voleva fare la camiciaia, quella che cuciva le camicie, ma non l’ha potuta fare perché lei era una donna, perché non poteva studiare, perché doveva avere figlioli… invece suo fratello, non solo ha fatto il sarto, ma ha messo su anche un’impresa, faceva i cappotti e vendeva i cappotti. Per cui c’è sempre stata questa cosa che lei non si è realizzata, e me lo raccontava, e che invece il fratello maschio ha potuto realizzarsi – e lo vedevo, mio zio l’ho conosciuto e ho visto che lui era realizzato, mio zio aveva dei figli ma ovviamente erano a carico della moglie. Allora questa cosa qui ha cominciato proprio un discorso di introiezione in un percorso di: “figli no, farò altre cose nella vita”. Però guarda caso nella mia vita io sono andata a fare un lavoro di cura, io lavoro nel sociale, e le caratteristiche cose che tu fai nel sociale è la cura delle persone che hanno bisogno, la cura dei più deboli, dei minori… la cura, l’affettività, un po’ quelle caratteristiche che vengono poi attribuite alla donna, alla madre. Guardacaso sono andata a fare quella professione – ma anche qui, ve lo dico, non ne posso più – e mi ci è voluto molto tempo per capire che anche in questa forma, certo madre si può essere in tanti modi, ma anche in questa forma qui io non ne posso più, anche no. Ma non solo, in questi ultimi otto anni io son capitata a lavorare in un posto dove faccio rilevazione sulla capacità genitoriale, capacità genitoriale ovviamente delle mamme, non dei babbi, perché sono le mamme che partoriscono, si sa chi è la mamma, non si sa chi è il babbo. Per cui in questo posto di lavoro arrivano le donne con i bambini, donne che non sanno se vogliono continuare a fare la mamma, se vogliono farlo, se non vogliono farlo, se vogliono fare l’affido o l’adozione, non lo sanno; e ci sono disagi sociali a monte molto molto grossi, e c’è questo tempo in cui sono in questo posto in cui si valuta insieme, è una scelta che fa parte di un percorso e viene fatta assieme. E io mi dico che certo è proprio strano che mi ritrovo io a fare questo tipo di professione. Ovviamente non mancano le domande da parte di queste donne nei miei confronti: “ma tu figli non ne hai?” e io rispondo di “no”, ma ben contenta di non avere avuto figli. E gli non sto poi più di tanto a raccontare com’era mia madre perché molto probabilmente c’è un discorso anche etico, che non è giusto che io faccia uno specchio nei loro confronti perché poi entra anche un altro tipo di discorso, che va dal personale al professionale, e non posso mischiarli più di tanto. Per cui gli faccio capire che si può essere donne anche in un altro modo, non per forza bisogna essere madri in questo mondo, e lì un attimino vedo che rimangono perplesse e ci pensano. Un’altra cosa: le mie colleghe di lavoro in questi ultimi anni, come le sue, hanno fatto tutte i figlioli; dacché siamo entrate tutte senza figli, ora la maggior parte delle mie colleghe hanno figli. Si sposano e hanno figli subito. Allora gli viene fatto il regalo perché si sposano e perché hanno figli. L’ultima collega si è sposata penso quattro o cinque giorni fa, chiaramente si è raccolto i soldi per darli in regalo, ma io a un certo punto mi sono arrabbiata, mi sono arrabbiata perché non era possibile che noi anche in questo posto di lavoro, dove siamo lì a cercar di far comprendere a queste donne che magari maltrattano o sono abbandonanti verso i figli, siamo lì a cercare di fare capire il discorso di genere, e lo fanno anche le mie colleghe dopotutto, a cercare di far capire che si può essere anche donne ben felici e ben contente, ben realizzate eccetera eccetera anche senza figli poi cosa facciamo, all’interno della nostra equipe di lavoro, premiamo solamente le fasi della donna in cui rientra in matrimonio e essere madre, sempre sotto a un sistema patriarcale. Noi premiamo queste fasi della vita e allora mi sono arrabbiata e l’ho detto: “ma insomma siamo qui a fare l’educazione in un certo modo poi fra di noi si premiano solamente queste cose, e basta, io non ne do più di soldi”. Non è un discorso di soldi, è un discorso di principio, di premiare queste fasi della vita. Allora io sono arrivata a cinquant’anni e voglio essere premiata anche io, non sono sposata, non ho figli, voglio avere anche io un riconoscimento da parte delle mie colleghe di lavoro per qualche cosa. Poi stiamo qui a predicare l’emancipazione della donna, l’autostima; diciamo una cosa poi alla fine ne stiamo premiando un’altra. Io voglio un riconoscimento, un premio, come riconoscimento, come regalo, che potrebbe essere anche un sassolino con scritto ‘sei bravissima’, non so, per dire…
[fuori campo: “Io avevo proposto un mese di ferie nell’arco della vita lavorativa a chi non era sposata e non aveva fatto figli, un mese in più di ferie…”]
Io devo arrivare a delle cose più… io volevo restare attaccata alle cose più possibili ma insomma… il discorso è che l’ho detto alle mie colleghe di lavoro: insomma noi si sta tanto facendo le educatrici verso un discorso e poi di fatto premiamo tutto ciò che è un comportamento diverso, allora a questo punto voglio essere riconosciuta anche io come donna per le cose che faccio nella mia vita, o qui nel posto di lavoro, o se con qualcuno, qualche amicizia particolare eccetera eccetera. Voglio anche questo perché basta solamente la premiazione all’interno di un determinato percorso di vita, all’interno di un sistema. »
Testimone 22) « Comunque agganciandomi a lei, che ha detto che quando le mamme arrivano parlano di figli dà noia anche a me che ho due figli perché mi sembra una povertà, una povertà dove non c’è altro da discutere. E se penso a me, parlando di famiglia e tornando a quando ero piccola, io vengo da una famiglia di cultura musulmana e mi ricordo che avevamo come vicine di casa due donne che non erano sposate, due sorelle, che erano un punto di riferimento di tutta la zona e specialmente la nostra perché… mia mamma non è stata mai una donna tradizionale, è sempre stata una mia domanda sul perché non avessero bambini, ma nella mia famiglia, da mia mamma non è mai stato visto male. Anche la mia scelta nella vita era quella di non avere figli ma di volerne adottare, ma mio marito non era d’accordo quindi abbiamo avuto dei figli, due figli, ma non ho mai pensato che un figlio debba essere per forza tuo. Non l’ho mai pensato. »
Testimone 6) « Io non parlo molto perché non ho molta esperienza per parlare, e forse la mia esperienza non è molto rappresentativa di quello che succede oggi. Non sono italiana, vengo dalla Spagna, da Madrid, che è la capitale, e ho avuto una educazione per niente tradizionale; non sono stata esposta a pregiudizi, una situazione abbastanza moderna. Per me la domanda di avere figli o no non è un problema, non ho nessuna fretta di farmela o a decidere o a pensare se li avrò o non li avrò. In questo senso penso di essere fortunata a non avere questo problema, mai mi hanno fatta sentire responsabile ora di questo. Ma c’è anche una parte negativa perché in una capitale c’è individualismo, si cerca di esser indipendenti e si perde un po’ l’idea di famiglia, ma è il contrario nel latinoamerica, dove è normale che si abbia una famiglia, una persona con la mia età è strano che non abbia un bambino lì. I bambini sono più presenti nella vita quotidiana lì, a Madrid se hai un bambino alle 8 deve essere a letto; nel latinoamerica un bambino andrebbe a letto da solo quando è stanco. Dunque boh, io parlo di una generazione abbastanza moderna e non so se sia rappresentativa, penso di sì, e ho la libertà di decidere. »
Testimone 5) « Io vengo da un paesino tipo ‘Frittole’, ve lo ricordate? Quindi lì era ovvio, era scontato che ci si dovesse sposare e avere figli… non uno, uno non andava bene per niente, bisognava avere figli. Io sono venuta via da lì, sono sempre stata una tipa un po’ agitata, tant’è che la mia mamma… non mi volevano mandare via, non volevano perdere il controllo su questa ragazzina troppo vivace. Però con il sostegno di mia sorella riuscii a venire a Firenze e mia madre mi disse: “non ti azzardare a tornare a casa in quelle condizioni perché non entrerai”. E in famiglia c’era stato anche il caso di una zia che da giovanissima era rimasta incinta, probabilmente da un signore dove lei lavorava, e fu mandata via, fu allontanata dalla famiglia, e per tantissimi anni lei non si è riavvicinata alla famiglia e questa bambina è stata conosciuta da grande. Quindi con questo avvertimento della mia mamma… io sono ritornata a casa incinta. Sono quelle cose strane insomma della vita… non è che l’avessi proprio deciso lucidamente, sono quelle cose andate… però ho sempre pensato di avere dei figli, anche io avrei voluto diversi figli, poi invece nella vita è andata che ce ne ho avuta una. Però mi avete fatto venire in mente due cose: una quando tu hai parlato di quella signora che non aveva figli e ti ha insegnato a cucire, mi è venuto in mente che sotto alla mia casa dove io ero bambina c’era questa signora che non aveva figli e mi ha insegnato a fare l’uncinetto: la Versilia, era una donna che era sempre in casa, non parlava mai con nessuno, ma con me era dolcissima, e la mia mamma mi mandava giù dicendomi “vai da lei a farti insegnare le cose, perché io non ho pazienza, vai da lei che ha pazienza”. E io pensavo: “ma com’è che la mia mamma non ha pazienza, e quella che non mamma ha pazienza?”, era un po’ strana questa cosa, mi suonava strana; però appunto mi ha lasciato questa eredità. Ho pensato a questa eredità e poi ho pensato a Margherita Hack che ha detto “a me non me ne frega niente di lasciare l’eredità”. E lì per lì mi è sembrata una cosa un po’ fredda, hai visto lei sembra una un po’ distaccata dalle cose, no? E invece è una cosa bellissima questo fatto di non voler per forza lasciare qualcosa per la paura di scomparire nel nulla e di non aver fatto niente, quindi questo bisogno di lasciare un’eredità che a volte è proprio quello che spinge anche ad avere dei figli. Ma il fatto di vivere bene: come qualcuno ha detto, non è questo, si può anche portare dietro una cosa del genere, o comunque uno che vive bene, che è felice e comunque è dentro le scelte che fa, la lascia poi questa eredità nelle persone che incontra. Poi pensavo anche a un’altra cosa, che quando ero sempre appunto un po’ piccolina, alle volte prendevo i libri della mia sorella, che era molto più grande di me, e lessi questo libro -forse anche di nascosto, perché era in un posto dove forse ce lo aveva messo apposta- che era “Lettera ad un bambino mai nato”, e io rimasi scioccata da questo libro, forse perché appunto non potevo comprendere bene. E questo libro insomma è sempre stato qualcosa che non ho capito bene. Però non lo so, a volte si mettono insieme dei pezzi… io ho avuto una figlia, però ho anche deciso poi di non averne un altro di figlio pur avendo invece magari l’occasione e la situazione per farne un altro, e sono due scelte veramente importanti, e forse mi sembra più importante questa scelta di non averne fatto un altro di quello insomma più facile di averlo avuto. »
Testimone 4) « Insomma, non è una cosa su cui mi interrogo quando conosco una persona, capire perché quella donna ha avuto figli o non li ha avuti. Può essere una questione biologica, può essere per le circostanze, può essere tutto. Però non credo che la risposta a quella domanda mi faccia conoscere meglio… o comunque sia che in qualche modo identifichi veramente la persona. Io non credo che avere un figlio in qualche modo levi la libertà, così come non credo che chi non ha figli sia più emancipato di chi ha figli perché penso che sia una questione di scelte. Se poi uno fa delle rinunce, anche la rinuncia non può essere fatta pesare agli altri: se uno ha deciso di avere figli e ha deciso di non lavorare o lavorare meno, di non realizzarsi nel lavoro non può insomma venire poi a dirti: ‘tu non puoi capire, io sono così stanca perché io ho figli’ perché l’hai voluto, è una scelta importante. Quindi non credo di essere più emancipata di te però credo anche che siamo donne, che non ci siano donne un gradino sotto solo perché hanno scelto quella vita, una vita più tradizionale di altre. Poi quello che mi veniva in mente è che però effettivamente anche io faccio un lavoro di cura, lavoro in un asilo nido da una decina d’anni e questo può essere quello che io rilevo: ci sono stati dei casi di madri che su certe questioni mi potevano dire: “tu non puoi capire, perché tu non hai figli”. Questo a prescindere dal fatto che c’è una professionalità differente e ci si prende cura per altri aspetti; questo alle volte mi infastidisce perché non è vero che uno può avere meno a cuore un bambino perché non ha provato la maternità. Poi per quanto riguarda la mia scelta personale… scelta personale, ho 29 anni, non lo so se diventerò madre oppure no. Penso che quando uno ha un bambino crea un legame indissolubile con la persona con cui l’ha fatto, cioè diventa il padre dei tuoi figli, una persona che sarà nella tua vita per sempre. E credo che sia una scelta importante insomma anche quella: diciamo il matrimonio, le unioni si possono anche rompere, ma quando c’è un figlio di mezzo chiaramente rimane un legame per la vita. Quindi anche la persona con cui avere un figlio, soprattutto alla mia età, quando le relazioni non sono stabili, prima erano più tradizionali, diventa una cosa difficile. Poi per quanto sento io sono le donne a desiderare un figlio invece sarebbe bello che fosse una cosa reciproca, cioè che anche il compagno desideri avere un figlio perché c’è una madre ma c’è anche un padre, e ad oggi si presuppone che abbia un ruolo importante nella educazione dei figli; molto spesso e in generale da quello che sento, anche dalle mie colleghe, o in generale dalle esperienze, è una necessità o comunque un desiderio più della donna. Non dico che l’uomo ci va sempre dietro, assolutamente, non voglio generalizzare. Voglio dire in un mondo che tende ad essere sempre più giovane anche in età avanzata, insomma un figlio è comunque una responsabilità; quindi in questo senso penso che sia importante la scelta anche della persona con cui avere un figlio, con cui educarlo, con cui fare un percorso, che poi magari uno può anche dividersi nella coppia però che comunque sia presente nella vita del figlio. »
Testimone 3) « Intanto veramente grazie di questo modo di procedere, per il far vedere questo problema sul quale almeno io non è che mi ci sia soffermata tante volte in modo così socievole e socializzante, perché di solito ne ho parlato solo con lo psicologo in terapia e con un’altra modalità, assolutamente diversa. E la vedevo sotto una forma tragica, una tragedia proprio terribile, per un periodo di tempo non era tanto il fatto che non avessi avuto un figlio, ma mi chiedevo -io non la so mettere sul sociologico e culturale, non sono brava come voi- ma pensavo che esistesse l’istinto materno, e quindi mi dicevo: “ma se da che mondo è mondo esiste questa spinta che porta non solo a procreare ma anche ad amare, affezionarsi a una creatura, allevarla, perché io non la sento?”. E mi ero fatta un problema su una cosa che forse non c’è. Però non credo sia stata la cultura familiare a farmela avere, anche perché la mia mamma era come la sua, per una figlia sola era disfatta. Ho visto le foto, aveva una faccia lunga, triste, ve le vorrei portare. Poi ho visto anche quelle del giorno del matrimonio: lei era triste uguale, e tutti gli altri ridevano. Ora invece ride, è contenta. Il marito ce l’ha sempre. Però io credevo esistesse davvero questo istinto, e mi ero fatta questo film, di genere drammatico, in cui a casa mia era successo qualcosa di indicibile, di gravissimo, per il quale non si sentiva questa spinta… che so, i miei che mi chiedevano un nipotino, o felici a questo pensiero, o anche solo il fatto che io mi sposassi e potessi avere una relazione, non è mai stata nemmeno ipotizzata questa cosa. E io sono rimasta lì per tanti anni e mi sono sentita come un oggetto del loro desiderio, come se io dovessi sopperire a questa loro mancanza di vitalità e di progetto, però non facendo un altro progetto ma tenendo insieme quella cosa lì, per tutta la vita fare quello. Poi fare quello che diceva lei, e trovare chi sono, cosa voglio, è stata un’altra nascita, un’altra auto-procreazione, quindi come fai a fare una procreazione su una procreazione su una procreazione? Cioè sono convinta che delle persone riescano a trovare sé stesse anche avendo dei figli, ma mi ero fatta l’idea che era veramente una cosa brutta non avere questa spinta verso gli esseri umani. poi però me ne sono resa conto, aiutata anche da amici, che si può veramente vivere questa relazione d’amore e coltivare le proprie cose anche con un gatto, io gli voglio un bene della madonna… con un gatto, con un cane, un coniglio, non per banalizzare, ma il vicino di casa, le relazioni che puoi instaurare tante volte. Non lo so, non voglio banalizzare, generalizzare, però… Forse l’ultima cosa che volevo dire è che tutte le volte si litiga con i miei amici perché ci sono molte mie amiche che non hanno avuto figli, di cui una ha dodici gatti e vive completamente con loro, immersa totalmente in questa ricerca di come fare le casette – davvero, ve lo giuro, è una persona che esiste e forse qualcuno di voi la conosce- però tutte le volte che quelle che hanno figli iniziano a parlare dei loro figlioli e noi ogni tanto vogliamo dare dei consiglio, arriva sempre il momento in cui ti dicono “eh, ma te che ne vuoi sapere, visto che non ce l’hai”. E allora la mia amica che non ce li ha, ha detto un giorno: “senti, io ne posso capire molto più di te, perché te sei coinvolta fino a qui e non vedi altro che quella cosa, io che sono da fuori ti faccio vedere anche un’altra realtà”, come anche nel video che ha fatto vedere lei, che a un certo punto, non ricordo bene la frase precisa, però si sente dire che questa persona è immersa in un tipo di rapporto di possesso così forte che a volte diventa… Comunque diventa un argomento comune da spartire tutti insieme, io mi sento di aver contribuito, non dico all’educazione, ma alla condivisione di alcune cose delle figlie dei miei amici. Magari non li sento miei figli, però sento che questa cosa del sentire la proprietà va superata. »
Testimone 1) « Ho una cugina più piccola di me, e lei voleva avere figlioli, dieci ne voleva avere, e io le dicevo, dai cinque anni ai dieci anni, no fino ai tredici dicevo “mio dio, tu vuoi avere dei figlioli, io non ne voglio avere nemmeno uno”, mi faceva paura del parto. Vedevo i film, c’erano queste donne che urlavano, sangue, mi sentivo morire, ero spaventatissima. Poi un giorno vado alle superiori, mi innamoro e dico “madonna, voglio subito un figliolo”. Mi era venuto il pallino, e se ne parlava tanto con le amiche. Io credo che l’istinto materno esista ma che si può anche non chiamare così, nel senso che le persone che credono di avere l’istinto materno verso il figlio, quella stessa sensazione lì può essere appunto provata da altre persone verso animali o oggetti, quindi si può dire che esiste questo istinto materno come una forte emozione d’amore. Ma non quando hai il figliolo, è prima, quando senti di voler condividere qualcosa con un’altra persona, ma non perché sia maschio o del sesso opposto; sarebbe bello fare una cosa che proprio ci unisca la massimo, allora puoi fare anche un progetto, di una casa, o fare cultura insieme, cioè fare qualcosa che si condivida in due. Però non mi viene in mente di associare l’istinto materno con poi l’aver fatto il figliolo, è una cosa che viene prima. Invece vedermi madre proprio ho delle turbe un po’ strane: per un periodo non ho avuto le mestruazioni, però ora mi sono venute, e anche a me è venuto da dire, come la ragazza francese: “e se non potessi avere figlioli ché sono entrata in menopausa?”. Insomma non sapevo se era una cosa bella, così sono libera e posso fare l’amore con chi mi pare – perché a volte anche quello è un problema- però poi mi dispiaceva, perché mi piacerebbe avere dei figlioli, anche più di uno. Poi io dico, siamo anche all’interno di un sistema sociale che non ti permette di avere tanti figli; se avessimo una società in cui si possano avere figli e che si allevino insieme: in una società in cui i figli sono di tutti, il problema di avere figli diventa della società. È come quando lei diceva che se cambi posto dove metti il ramo può nascere qualcosa diversa; anche voi che ora avete detto che non volete figli magari in un’altra società avreste scelto diversamente, o con un’altra famiglia alle spalle. Noi siamo quello che siamo perché la nostra storia è così, quindi è giusto che ognuno sia diverso perché è ovvio che abbiamo avuto una storia diversa, però “rami secchi” non siamo di certo se non abbiamo figli, cioè col cavolo, non esiste proprio. L’unica cosa è che qualsiasi scelta che facciamo dobbiamo aver trovato la forma, anche io non ho fatto figli adesso perché non ho trovato la forma; cioè nei momenti in cui mi viene voglia di avere un figliolo è nei momenti in cui ho la depressione e mi dico “forse risolverei tutto facendo un figliolo, così mi dedico a lui, non c’è più problemi, faccio tutto in relazione a lui, mi occupo solo di lui, non penso più alla mia vita, non faccio più sbagli”. Poi non è vero, però mi viene così, perciò lo associo a una cosa abbastanza non positiva. Avendo letto alcuni libri che poi magari mi hanno un po’ traviata, però c’è questa cosa di fare figli e di annullarsi, nel senso non totale, però c’era un paradosso – non so se si chiama paradosso- della madre che è il moscerino che quando genera il figlio muore, si lacera e fa nascere i figli, quindi dalla sua morte c’è la vita. E un po’ è vero perché questa rinuncia che noi chiamiamo rinuncia è la morte di una parte di te, che non è più sola o perlomeno pensa di doversi occupare per forza di un altro essere, anche perché magari dall’altra parte l’uomo non se ne occupa, oppure la società ti impone di occupartene solo te perché le ferie te le danno solo a te e che cavolo ne so. Però insomma fate quello che vi pare, l’importante è che siate felici. »
Testimone 23) « L’archetipo della madre, cioè le radici della Dea Madre nella donna io sento qualcosa di questo tipo. Sento qualcosa come la protezione, il curare, gestire, tutte cose che sono in realtà proprie della madre, e quindi procreare, del creare. Come diceva Viola, la creazione di qualsiasi cosa, anche di un’opera d’arte, là sei anche una madre perché comunque sei la matrice di quell’opera, e quindi che sia un’opera anche astratta, un’utopia, un’ideale, una filosofia, un quadro, un figlio… basta che si faccia qualcosa. Poi la storia del figlio la vedo… se non incontro un uomo che penso possa essere all’altezza certamente non inizio a far figli a destra e sinistra con chi mi capita. Devo sceglierlo per benino, non vado là solo perché devo soddisfare il mio ego materno, quello no, non è una cosa che mi piace fare, ma in nessun senso. Tranne se incontro una persona che possa essere degna di questo ruolo, allora forse gli darò la possibilità di avere un figlio, anche perché alla fine non è una cosa su cui scherzare il procreare. Poi io nella vita ho evitato due volte di fare figli, quindi un po’ avevo deciso che non era il momento giusto, che non era il compagno giusto. Quindi c’è stata una scelta anche da questo punto di vista. L’unica cosa è che la madre, cioè la matrice, la Dea si può esprimere in tutto, dall’arte al lavoro, come prima dicevano altre donne. In realtà appunto lo spirito materno non lo sentono ma in realtà è materno quello che fanno anche le donne che lavorano con chi ha dei problemi, con chi ha delle difficoltà, perché è protezione, è curare, e quello è materno, almeno penso. »
Testimone 11) « La mia storia è molto simile a quella della Sonia: appunto io vivevo in un paesino con quattro fratelli e vedevo sempre la mia mamma con il vestito corto davanti, e non mi piaceva proprio questo fatto. I vestiti sono quelli, non è che c’erano i pre-maman al mio tempo, quindi davanti il vestito era sempre più corto e questa cosa non mi piaceva per niente. Invece c’era una zia che abitava a Firenze intanto, che non aveva fatto figli, non si era sposata, anzi si erano messe insieme tre donne -cosa insolita, loro erano dell’Ottocento- e tutte e tre non avevano fatto figli. La zia era bella, la zia era quella che mi mandava i giornali “Mani di fata”, quindi io leggevo queste cose della zia e sono sempre cresciuta con quest’idea che non volevo fare la fine della mia mamma. E l’ho portata avanti quest’idea: intanto io non sono sposata, non ho mai fatto figli, non sono mai rimasta incinta, però poi ho risolto in qualche modo questo fatto – perché i bambini mi piacevano tanto – adottando dei figli. Ma questo perché mi sono trovata al momento giusto nel posto giusto, quindi non è stata poi una grande decisione, si poteva fare e l’ho fatto. Quindi mi consideravo al di fuori di questa cosa, quando la Nicoletta mi ha detto “guarda anche te…”, allora mi sono resa conto che non ho partorito, non ho allattato. Però è un privilegio questo, io lo sento come un privilegio; però ho sempre guardato, specialmente nel momento del Femminismo, alle donne senza figli cercandogli dei difetti perché io mi consideravo una donna con figli. E cercavo dei difetti e mi sembrava sempre che o erano pazze dei nipoti, o avevano cani e gatti, o viaggiavano all’infinito, in India, facevano tutte queste cose dei guru, poi si innamoravano dello psicoanalista, e tornavano con questi vestitoni… io invece andavo a Londra con quattro figlioli dietro, con tre lire. Per cui poi alla fine non mi piacevano questa donne senza figli; per fortuna ora in questo Cerchio ho sentito che sono diverse, che c’è un’altra cosa molto importante, che è quella di trovare se stesse, di mettere a disposizione il sapere. Però questo fatto che anche io sono un “ramo secco” mi ha un po’ impressionato perché mi sembrava di aver aggirato il problema: non avevo fatto la fine della mia mamma, somigliavo più a mia zia perché a 14 anni sono venuta a vivere a Firenze, e adesso ci sto pensando tanto a questa cosa. In effetti io non ho partorito, non ho allattato, e queste donne senza figli che però appunto anche a settant’anni sono biondine e vanno all’Università del Tempo Libero, non voglio farvi ridere, ma una pena… a tutte le presentazioni dei libri ci sono sempre… e quindi io ho bisogno di un riscatto, giustamente come diceva la Sonia – mi sono riconosciuta: ci vuole un riscatto, bisogna far vedere che non siamo le mamme, non siamo quelle che hanno partorito, ma non siamo nemmeno quelle con diecimila gatti, con i capellini biondi e le calze a rete, insomma. Alla mia età, ma anche un po’ da più giovani, è ridicolo questo atteggiamento giovanilistico, quindi ci vuole un riscatto di valore, una festa, non lo so, qualcosa che coinvolga. Non voglio dire più nulla però è questa la mia posizione, che proprio ci vuole un riconoscimento. »
Testimone 24) « Stavo pensando un po’ alla mia storia: io da piccola avevo una zia che non aveva figli, e io vedevo un po’ questa depressione sua perché non aveva figli e io pensavo, e glielo dissi anche una volta, ma spontaneamente, così: “ma zia, perché non ne adotti uno?”. E questa mi cominciò un discorso sul fatto che poi non è tuo, poi dopo da grande ti abbandona, e io piccina non è capissi tanto. Però dentro dicevo: “e perché se non è tuo… non puoi?”. Questo discorso della maternità legata proprio al sangue, al procreare non mi tornava tanto, già da piccina. Poi si cresce, 42 anni, scadenza biologica, e ora ho iniziato a fare un lavoro con una bimba di 7 mesi. Sicché mi è riaffiorata un’altra volta questa cosa del figliolo: i genitori che hanno un’età hanno cominciato a dirmi: “mah se l’avessi fatta prima… ma tu non ce l’hai?”, e io mi sono sentita in colpa, oddio ho la scadenza biologica, e che succede? Mi sono resa conto del condizionamento anche sociale. Voglio dire, se io già da piccina pensavo delle cose, perché questa depressione per una donna che non ha figli deve pesare? Probabilmente era già depressa di suo, ma non riuscivo a capire qualcosa. Poi mi ritrovo io da grande, e questa pressione familiare del perché non hai figli: ma perché non ne voglio avere. Questa cosa del discorso del “ramo secco” mi offende anche, io non mi sento un “ramo secco”. Quindi anche questo discorso della bambina, mi dicono: “così ti viene voglia a te”, io ho detto: “veramente no, io ve la rendo la figliola, all’una e mezzo”. Però qualche domanda me la sono fatta, poi mi è passata, e ora è così. Il condizionamento sociale è forte. Invece è bello anche scegliere. È offensivo secondo me “ramo secco”. E basta. »
Testimone 25) « Io credo di essere un futuro “ramo secco”, nel senso che credo difficile avere dei figli, in quanto il problema sta ancora prima, alla radice. Mi sento diversa dalla gran massa della gente, non tanto per un discorso di avere o non avere figli, ma più che altro per qualcosa che viene prima. Mi è difficile anche esprimermi. Il mio grosso problema è proprio questo. Non sono mai stata con nessuno. E non ho mai baciato nessuno. Il che deriva da diverse cose, molto probabilmente da motivi culturali, familiari e non familiari, e dal fatto che ho avuto una brutta esperienza a 9 anni. Io sono la maggiore, siamo tre fratelli e tre sorelle più io; sono la maggiore e quindi non ho mai avuto qualcuno, un modello da seguire, di solito i fratelli minori seguono i maggiori; c’ero io e i miei genitori, io e la mia famiglia, però erano tutti più piccoli quindi non hai nessuno da prendere come modello. La mia famiglia è molto religiosa. Tante cose della religione cattolica sono passate a me e per certi aspetti alcune le ho accettate, altre un po’ meno. E quindi io ho questo condizionamento sociale, che è della mia vita. In più c’è stato il fatto che per sbaglio a 9 anni non riuscivo a dormire, sono andata a informare i miei genitori che non riuscivo a dormire, la porta della camera si è aperta tranquillamente senza fare rumore, e li ho visti fare l’amore. Mi ha scandalizzato. Anche perché i film più o meno con scene d’amore o con scene più spinte li ho visti più tardi di quel tempo, ancora ero in una fase in cui non sei sviluppata, non hai questa concezione, i fidanzati sono qualcosa più di sentito dire attraverso le battute degli adulti, più che qualcosa che tu conosci. Quindi il vedere il mio babbo soprattutto in quella posizione e vederlo nell’atto sessuale è stato un po’ un colpo, come se qualcuno da dietro ti facesse “bau” all’improvviso e un po’, io mi ricordo, ci ho messo tre giorni per capire quello che avevo visto, come l’avevo visto, che cosa stava succedendo. Dopo tre giorni sono riuscita finalmente a prendere il mio babbo per la mano, a dirgli “ se hai cinque minuti ho bisogno di parlarti” e gli ho raccontato quello che avevo visto. Però questo mi ha condizionato molto nella mia vita; è come un bambino di prima elementare che impara appena a riconoscere, a distinguere l’A dalla B e che per sbaglio capita in una classe di terza media e viene scambiato, magari per la sua altezza, per un bambino di terza media; per cui si ritrova la professoressa che in qualche modo pretende il tema di quattro colonne. Come mentalità, tutto quello che mi ha condizionato da allora in poi, è che tutto comunque finiva lì; i fidanzatini non erano più quelli che si tenevano per mano, ma quelli che prima o poi avrebbero fatto sesso, tanto per dire. E questo mi ha portato a rifiutare qualsiasi esperienza di questo genere. E tutt’ora io sento che sono molto condizionata da questo. Il mio primo corteggiamento, quando mi sono resa conto di essere corteggiata, eccetera… l’ho subito senza rendermi conto quanto fosse una mia scelta che io avessi deciso di non avere fidanzati o quanto invece fosse una cosa normale. Questo mi ha condizionato parecchio. Quindi il mio problema non sta tanto nell’avere figli o non avere figli perché è una cosa che avverrà dopo, quando sarò riuscita a superare il mio scoglio che è quello di riuscire a fidarmi di una persona, di vedere che questa non mi può portare solo a letto; devo riuscire a fidarmi degli altri, da questo punto di vista. Riuscire a parlarne, diciamo che forse fino a vent’anni ho sempre fatto provocazione con i miei genitori per riuscire a buttare fuori questa cosa, però non ero mai riuscita a dirlo al di fuori del nucleo familiare. Ho cominciato a dirlo a un’amica; quello che sto cercando di fare è riuscire a dirle queste cose. Mi avete vista molto agitata, io ero a chiedere conforto. E quindi il discorso di sessualità, di avere figli, io più che altro lo vedo in questo momento non tanto come non esserci in me l’istinto, ma come incapacità mia di non superare i miei scheletri nell’armadio, perché sono scheletri nell’armadio. Posso parlare di tutto tranquillamente, posso fare anche battute, però poi alla resa dei conti sento che quello che la società ritiene scontato… l’altra volta si parlava di sessualità e non c’è stata nessuna che ha detto “non ho ancora fatto l’amore con”… magari c’è stata qualcuna che dice “conosco un’amica che” ma è sempre stato riportato… perché è scontato per la nostra società che a tredici, quattordici, “un’esperienzina” l’hai fatta e forse quello che mi è mancato un po’’ nell’adolescenza è stato questo discorso che le persone si approcciano a te su questo piano… “hai il fidanzatino?” e con i commentini che sono esteriori alla fine. Forse io avrei avuto bisogno, dato che ho vissuto quest’esperienza, che a quel momento, anche quando ero piccina, anche quando ero ancora adolescente, qualcuno come una sorella maggiore, un fratello maggiore che non ho… e che io riesco difficilmente a trovare, mi accompagni. Io ho bisogno, sento di aver bisogno di una guida, di farmi anche un’idea mia di quello che voglio, di quello che posso fare e non posso fare, cos’è giusto, cos’è sbagliato. Io ho molta confusione su questo, perché non so quanto è dettato dalla religione o quanto è dettato da quello che sono io, cioè non lo so, detto proprio sinceramente. Questa è un po’ la mia vita. Quindi ecco quello che ho visto è che non sono la “strega di casa”, nel senso, essendo la maggiore, ed avendo la sorella seconda che era quella che non riusciva a dire di no quando i fratelli venivano in camera, io magari avevo da studiare, ero quella che li poteva prendere di peso e portare fuori di camera. Però mi sono resa conto, iniziando a fare da babysitter praticamente, cosa che sto facendo tutt’ora, che io in realtà con i bambini ho questa voglia di avvicinarmi, quindi di dare in qualche modo me stessa, però forse più a quelli degli altri, perché non avrei il peso di essere io la mamma, per adesso. Non lo so. Poi sono un tipo di persona che se fa una scelta è difficile che torni indietro perché sorella maggiore, quello che intraprendo ho un po’ il difetto di pensare di non poter tornare indietro, per cui prima di fare un passo mi ci vuole le calende greche…»
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