Emna, giovane tunisina che lavora per Amnesty International, parla della sua famiglia d’origine composta da un padre assente, irresponsabile e violento e da una madre dipendente da lui, fino alla separazione dopo quarant’anni di matrimonio. Il percorso di Emna, sin dall’infanzia, si è sviluppato per contrapposizione a quello dei genitori: al centro il valore delle scelte individuali, l’indipendenza lavorativa, una casa tutta per sé, il non desiderio di avere figli. Nell’ultima parte della sua testimonianza, Emna parla del valore che attribuisce all’adozione e dei tabù nella società tunisina rappresentati dalle donne senza figli e dalle mestruazioni.
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Ecco la trascrizione completa del video:
EMNA: «Sono Emna, ho ventisei anni, abito a Ennasr da più di una decina d’anni. Sono originaria della città di Korba, nel Capo Bon, ma sono nata e sono cresciuta a Tunisi.
Mia madre abita a Ennasr, dove vivo anche io adesso, ma abito da sola.
Parlavamo prima delle mie sorelle e di casa mia, parlavamo di come la mia famiglia sia un po’ “ricomposta”, diciamo mia madre vive con mia sorella e suo figlio; mia sorella è divorziata, anche i miei sono divorziati.
Quando abbiamo cominciato a parlare di questa composizione un po’ strana, spiegavo che mio fratello è in Canada, un’altra sorella è sposata e vive nel mio quartiere.
Qui siamo a casa mia, la mia nuova casa, è da un mese che ci vivo. Frida Kahlo è qui con me in casa.
Non vivo molto lontana dai miei genitori, dico i miei genitori, ma loro non sono insieme. Mia madre vive con mia sorella grande e suo figlio quindi già qui abbiamo una figlia abbastanza speciale.
Vivevo con loro prima, fino a due anni fa diciamo, poi ho deciso di vivere da sola, è una scelta che ho fatto da sola.
Un giorno ho deciso di andare a vivere da sola, ho iniziato a vivere da sola, ma con altre persone, ho vissuto l’esperienza di vivere con degli amici.
Questa è una nuova esperienza in cui vivo da sola in questa casa ma in realtà non sono lontana da casa di mia madre che si trova a circa due minuti a piedi da qui.
Questo è quello che l’ha convinta a lasciarmi vivere da sola, almeno sa che non sono troppo lontana.
Non è che non fosse d’accordo ma come ogni mamma tunisina pensa che sua figlia viva con lei per sempre, che non uscirà di casa finché non andrà a vivere con suo marito, il percorso classico diciamo.
Quindi… quando le ho detto che volevo vivere da sola non è rimasta scioccata, mi conosce, sa che sin da piccola sono una persona molto solitaria.
Parlo di mia madre e non di mio padre… perché è piuttosto complicato, diciamo.
Ho vissuto in una famiglia in cui c’erano un sacco di problemi tra mia madre e mio padre soprattutto per me, che sono la più piccola delle mie sorelle.
Sono nata e cresciuta in mezzo ai problemi, sono stata la più toccata tra tutte le sorelle visto che ero piccola e sono cresciuta in mezzo ai problemi, non è la stessa cosa avere tredici o quattordici anni. Quindi sono cresciuta con un certo distacco verso mio padre, lontana da lui e molto vicina invece a mia madre.
Ma sono cresciuta molto solitaria, non passavo molto tempo nemmeno con le mie sorelle, ero sempre in camera da sola, non interagivo molto con le persone. Sono cresciuta con un certo distacco verso mio padre.
I problemi hanno continuato ad aumentare. Crescendo, i problemi crescevano con me.
Sono arrivata ad un punto in cui quasi non lo riconoscevo come padre, ho iniziato a parlare solo di mia madre.
C’è mia madre e lui quasi non esiste per me, perché è stato un padre assente, totalmente assente sin dall’infanzia.
Ci scherzavamo tutti i giorni con le mie sorelle, che se avessero chiesto a mio padre in che classe eravamo, non l’avrebbe saputo.
Ma in realtà era rivelatore della sua assenza dalle nostre vite rispetto alle cose che facevamo, in che classe eravamo, gli amici, tutte le cose della vita. Quindi siamo state tutte e quattro molto più legate a nostra madre con intensità diverse ovviamente. Questo ha incrementato la distanza da nostro padre anche quando siamo cresciute, le mie sorelle prima di me. Anche se sentiva che eravamo più attaccate a nostra madre, nostro padre non provava ad avvicinarsi a noi ma utilizzava piuttosto l’autorità.
Abbiamo iniziato a litigare di più con lui, non gli andava bene niente e quando litigavamo tirava fuori la storia “io sono vostro padre”, ma questo portava solo ad allontanarci, finché non ha influenzato anche la loro relazione di coppia.
I miei sono separati oggi, si sono separati quando avevo ventiquattro anni. Io sono la più piccola delle sorelle.
Finché ero a casa non interagivo quasi più con lui, abbiamo passato anni a litigare e a non parlarci. Per esempio abbiamo litigato quando ero in quarta superiore e ci siamo riparlati di nuovo quando facevo la maturità credo, anche se vivevamo nella stessa casa.
È sempre andata così, questa era la quotidianità. Era strano quando ci parlavamo o quando andava bene. Fino alla maturità e anche dopo all’università, era una relazione piuttosto “diplomatica”, lui non sapeva niente di quello che facevo, me ne fregavo di quello che faceva lui. Poi io ho iniziato a lavorare al secondo anno di università, il lavoro mi richiedeva di essere sempre fuori, tornavo spesso a mezzanotte o anche più tardi. Non lo vedevo mai.
Per evitare di dire cose troppo filosofiche, era una persona violenta con mia madre, negava le sue responsabilità. Era difficile tenere unita una famiglia con una persona così irresponsabile.
Aveva iniziato ad avere problemi sul lavoro, già da quando avevo cinque anni circa era andato in fallimento, è anche andato in prigione per un periodo breve, tipo due settimane, una sorta di custodia cautelare. Da quel momento è stato l’inferno, non si è mai ripreso, mia madre ha fatto di tutto per sostenerlo e per trovare delle soluzioni. Era andato in fallimento negli anni ’90, da lì sono iniziati i veri problemi.
Mia madre è una di quelle che tiene tantissimo ai figli, che faceva tutto per i suoi figli. Ha sofferto parecchio con lui, la scusa era che voleva proteggere i suoi figli. Il problema è che… le mie sorelle erano un po’ più grandi, avevano tredici-quattordici anni. Io ero piccola, mia madre voleva proteggerci ma era molto trasparente sui problemi con mio padre.
Infatti a volte, con la distanza, la biasimo un po’; se parli continuamente dei problemi ad una bambina piccola, la influenzi necessariamente. Già ci stai vivendo dentro, ma se in più li conosci da dentro diventa un punto di non ritorno. Quindi da quando sono piccola sento mille problemi di come la tratta, di come non vuole spendere soldi per i figli e nemmeno per lei.
Mia madre aveva fatto la scelta di non lavorare. Da quando mia sorella più grande ha iniziato le elementari ha deciso di restare a casa e guardare i figli. Avendo fatto questa scelta, diventava dipendente da lui, e di conseguenza noi.
Tra le conseguenze della sua instabilità c’è anche il fatto che ci siamo spostati continuamente. Ci spostavamo sempre, vivevamo a Ayn al-Ghazāla, l’anno dopo a Menzah 6, poi a El Mourouj, poi a Cité Olympique. La mia infanzia è stata un po’ decostruita, delle volte le persone parlano di amici di infanzia che conoscono da vent’anni o da sempre. La persona che io conosco da più tempo risale alle superiori. Non ho… Non ho un posto dell’infanzia o un posto in cui ho vissuto. Ci siamo spostati talmente che nemmeno mi ricordo delle persone che ho incontrato nella vita.
In qualche modo gli rinfaccio anche questo, di essere la causa per cui ho vissuto un’infanzia instabile. Questo fa sì che queste cose si rafforzino nella vita, i problemi si radicano nel tempo. Gli effetti di queste cose del passato aumentano con il tempo.
La relazione con mia madre è molto particolare perché io… rispetto agli altri sono rimasta isolata, restavo sempre in camera da sola a lungo. Vedevo delle cose ma non sempre reagivo e mia madre, anche se mi parlava dei problemi poi non accettava che reagissi o che facessi dei commenti su mio padre. Vedevo molta contraddizione nelle sue parole, ciò non mi lasciava parlare apertamente con mia madre.
Fino ad oggi probabilmente non sa cosa penso di tutti quegli anni, alla fine non comunico molto con lei.
Come reagiva mia madre alle violenze di mio padre? Già il fatto di essere rimasta con lui… si sono sposati nel ’76, quindi sono rimasti insieme quarant’anni.
Restare sposata per quarant’anni… già si capisce la sua reazione. È una persona molto paziente. Io le dico sempre che non è capace di prendere decisioni. Da quando ho capito la situazione, ho iniziato a dirle che doveva divorziare, che non doveva restare con lui. Lei mi rispondeva sempre: “no, devo restare, è per voi che lo faccio, non posso, etc”.
All’inizio sentivo il senso di colpa, pensavo che sarebbe stato meglio non essere nata per evitare che mia madre sopportasse tutto questo. Poi, quando cresci, capisci che puoi fare delle scelte nella vita. Questo suo sacrificio è una scelta, per me è un obbligo. La sua è a tutti gli effetti una scelta, e non aveva senso che mi sentissi colpevole delle sue scelte. L’ho incoraggiata molto a farsi coraggio per cambiare le cose e per alleggerire il peso che aveva sulle spalle.
Dal momento che sono cresciuta in una famiglia molto complicata il mio sguardo sulla questione della famiglia…
In realtà non ho un concetto di famiglia anche rispetto alle mie sorelle, con cui sono molto vicina.
Quando mi fanno notare che siamo molto vicine, dico sempre che sono amiche, non gli sono vicina perché sono mie sorelle, ma perché sono persone con cui ho affinità e che amo molto. Le considero come il primo cerchio di amici che ho avuto nella vita.
Già il mio concetto di famiglia… non ho una visione. Non credo che la famiglia sia il nucleo della società. Quindi… il mio problema con la famiglia non si limitava a mio padre, mia madre e le mie sorelle. C’erano altri problemi, anche con la famiglia allargata, con i parenti di mia madre e mio padre. Ero molto a disagio perché dovevo tollerare delle persone solo perché si trattava del fratello di mio padre o della sorella di mia madre. Sin da piccola ho faticato ad accettare l’imposizione di persone nella nostra vita che non abbiamo scelto.
Non è che se abbiamo un legame di sangue ci si debba per forza amare e che tutto deve andar bene.
In primis non ho una visione della famiglia, in generale nella nostra società e soprattutto per le donne.
Si pensa che tu sogni di crescere, di sposarti, fare una famiglia e dei bambini. Invece io sin da piccola sognavo di crescere e avere una casa tutta per me. Non sogno di creare un’altra famiglia, di fare bambini e diventare nonna… Non ho voglia di dare continuità alla specie.
Il modello di famiglia che ho avuto è un modello di una madre e un padre, che non si capiscono, che litigano continuamente, e c’è anche violenza in casa, c’è un padre distaccato dai suoi figli. Questo, ovviamente, è come interpreto io le cose. Forse non era così, ma quello che vedevo io era un padre completamente deresponsabilizzato che ci percepiva quasi come un peso. Necessariamente cresci pensando che la famiglia non è una cosa stupenda e non aspiri a costruire una famiglia.
La mia situazione è diversa da quella di mia madre. Adesso ho ventsei anni, lavoro da cinque anni ormai, ho iniziato a lavorare quando ero ancora all’università. In questo momento lavoro in un’organizzazione internazionale.
Vivo da sola come vedete, ho un ragazzo da due anni circa. La mia situazione è ben diversa da quella di mia madre.
Posso dire di aver imparato da lei, come esempio di tutto quello che non si deve fare nella vita: scegliere di lasciare il tuo lavoro per i tuoi figli e per tuo marito, questo è fuori discussione. O decidere di perdonare qualcuno che ha alzato le mani su di te, questo anche è fuori discussione.
Scegliere di supportare una persona o di aiutarla senza attendersi niente in cambio, nemmeno un “grazie”, aiutare una persona che non farà lo stesso con te in futuro, anche questo è fuori discussione.
Quindi era… Delle volte mi dico che la mia concezione della famiglia e della vita di coppia non è sana diciamo.
Il padre che ho visto è uno che ti mette solo dei limiti e imposizioni di non fare questo e quello con mia madre davanti. La lista delle cose da non fare nella mia testa… è più lunga la lista delle cose da non fare che quella di quelle che posso fare. Mi sforzo adesso di immaginare di più anche quello che voglio fare. Cerco di farlo.
Ho un ragazzo da due anni, le cose vanno piuttosto bene. Io vivo sola qui, ma lui è molto presente nel mio quotidiano. Ci vediamo tutti i giorni, condividiamo tutto, viaggiamo abbastanza spesso. La nostra relazione è molto intensa, facciamo dei progetti e pensiamo di restare insieme a lungo. Poi in realtà mi dico sempre che chissà come sarà, non sappiamo come possa evolvere.
Ho ancora quest’idea per cui non ambisco ad avere una famiglia nella vita, a dedicare la vita a fare famiglia e ad avere bambini. Anche questa è una cosa a cui si deve pensare di più e non posso pensare solo per me dal momento che ho accettato una relazione a lungo termine, che ho una persona accanto a me.
Non posso essere egoista e pensare solo a me stessa; dire che non voglio e che ho deciso così e lui deve seguirmi. Io posso influenzarlo, come anche lui può influenzare me. È così… vedremo a che cosa porta.
È da quando sono piccola che lo dico, dai tempi delle superiori che da grande non metterò su famiglia, non mi sposerò e non farò figli. E tutti mi dicevano: “come fai a dire così, sei piccola”, “appena cresci vorrai avere figli, vedrai poi come ti piaceranno i bambini”.
La mia cerchia ha iniziato a capire come la pensavo, sin da piccola; crescendo, mia madre sapeva che ero molto diversa dalle mie sorelle. Per esempio, quando le ho detto che volevo vivere da sola, ovviamente non era felice che andassi via di casa e vivessi da sola, ma aveva già capito.
All’epoca mio padre era ancora a casa, lei mi disse che non poteva obbligarmi a restare a casa per forza: “se vuoi vivere sola è una tua scelta, ma voglio che tu mi venga a trovare e che tu mi chiami sempre”. Non è stato facile per me essere sempre presente e chiamarla spesso perché torniamo al solito punto, sono fatta così, non parlo molto, non sono una che si preoccupa molto di queste cose.
Ha risentito molto del fatto che vivo sola e mi sono allontanata, a volte passo anche due settimane senza avere sue notizie e spesso litighiamo. Mi rimprovera di non averla chiamata, mi chiama quando lavoro e io mi arrabbio. “Non è il momento!” e lei mi dice: “ma allora quando?”
Questo ha creato una certa tensione, anche le mie sorelle mi chiamano a volte per incitarmi a sentire mia madre perché lei chiede di me. Questo le ha confermato che siccome vivo sola, mi sono allontanata da lei.
Poi c’è stato un momento… prima vivevo con altre persone, nel cambio tra la casa vecchia e questa, c’è stato un momento di due-tre mesi in cui sono tornata a vivere con lei. Ho accettato di vivere con lei perché comunque mio padre non c’era già più. Mi sono detta che magari poteva essere una buona occasione per riavvicinarci e pensavo le avrebbe fatto piacere. Mi ha invece confermato che non potrei sopportare di vivere con mia madre, è così e basta.
Lei è ancora in fase di negazione, non capisce, è una madre molto classica, ha vissuto in campagna, poi si è installata a Tunisi, ma ha una visione molto “tunisina” di come funzionano le cose.
Mia madre non ha accettato che io mi allontanassi, ma sa che non è lei a decidere. Se voglio vivere sola, vivo sola. Però non è di quelle che ti spingono a sposarti o a fare figli. Sa che è una cosa che dipende da me e non mi obbligherebbe a farla. Ma, allo stesso tempo, anche se sin da piccola ho iniziato a dire che non volevo fare figli lei comunque mi diceva sempre che non devo dire così, che poi vedrò quando cresco, che i figli sono una bella cosa. Questo è il suo modo di fare. Cerca di convincersi del fatto che ora dico così ma che crescendo vorrò dei figli, che è una cosa naturale. Non capisce che non esiste necessariamente una volontà naturale di avere figli. Non ho cambiato idea. Penso ancora di essere una persona che non dovrebbe avere figli. Non voglio fare figli e penso che non dovrei farne.
Credo che la questione sia sempre legata all’atmosfera in cui sono cresciuta. Se guardo il modello di genitori che avevo, ogni volta che anche solo brevemente provo a dirmi di fare figli sento una pressione e responsabilità enorme.
Io non voglio figli, ma se visualizzassi di averne, i figli che avrò non dovranno mai avere paura di me o arrabbiarsi con me o sentirsi privati di qualcosa. Se guardo le cose da questa prospettiva, mi dico che è impossibile, quindi mi dico che non dovrei farne, evitando i problemi dal principio prima di arrivare a farne e fregarli. Quando provo di visualizzare l’idea in sé, mi dico che è meglio di no.
Questa è un altro questione… In generale penso che le persone dovrebbero smettere di fare figli o almeno cercare di non farne troppi, ma lo dico per altre considerazioni. Il mondo è sovrappopolato, lo dicevo fin da quando ero piccola, ma non mi prendevano mai sul serio. Perché fare figli? Il mondo è pieno di bambini senza genitori, che hanno bisogno di aiuto. È così.
Trovo talmente egoista pensare di voler avere dei figli tuoi, che devono uscire dal tuo corpo mentre ci sono bambini che hanno bisogno di essere adottati da una famiglia, di essere amati e protetti. Trovo stupido il dover fare ancora figli.
Quello che mi dico spesso è che se un giorno mi venisse davvero voglia di crescere un figlio, preferirei adottarlo piuttosto che farlo io. Se un giorno decidessi di adottare, sarà un giorno in cui sarò sicura di potergli assicurare un ambiente sano, in cui posso amarlo, in cui possa dargli non tutto quello che vuole, perché in questo caso potrebbe diventare una cosa brutta, ma in cui non si senta frustrato di non aver avuto le giuste opportunità nella vita per colpa dei suoi genitori.
Inizierei a pensare all’adozione, dopo aver risolto questi problemi. Finché non sento di poter offrire queste cose a un figlio, non posso pensare nemmeno all’adozione.
Se arrivo ad un certo punto ad accettare… non si tratta in realtà di accettare, non è la parola giusta… se mi renderò conto che ho questa voglia di educare un figlio e di vederlo crescere con me, questa sarebbe la prima barriera che cade. Poi c’è una seconda barriera che è… fisica. Non riesco a sopportare l’idea che una persona esca dal mio corpo. Semplicemente questa è di per sé un’idea che non riesco a capire, che mi fa molta paura e che non riesco a superare.
Come dicevamo, trovo che sia una visione molto egoista della vita che quando vuoi fare figli, tu faccia dei figli tuoi, mentre ci sono un sacco di bambini nel mondo, anche qui nel mio quartiere ce ne sono, che hanno bisogno di tutto l’amore del mondo e di qualcuno che si prenda cura di loro.
Io non ho alcun problema a dire che non voglio avere figli, non ho problemi perché torno di nuovo al punto, sono cresciuta con quest’idea di non dover temere il pensiero alternativo.
Ci sono piccoli dettagli nella nostra società che sono davvero cose stupide. Faccio un esempio molto banale: in generale in Tunisia, per quello che ho vissuto, esiste il tabù sul dire che hai le mestruazioni. Io lo trovo insensato. Se dico che devo andare a comprare gli assorbenti perché ho il ciclo, la gente sembra scioccata: “come osi dire che hai le mestruazioni”! Io ho da sempre l’idea che non dobbiamo metterci delle barriere su cose totalmente normali da dire, come fossero un problema. È un esempio stupido, ma che applico a molte cose nella vita compreso al tema dei figli.
Anche se so che se un giorno se ne parlo con qualcuno tireranno fuori la solita questione: quando mi sposerò, se farò figli… Ma non ho alcun problema a dire che non credo di voler avere figli o che non è il mio sogno averne. Le persone non capiscono che possa essere una cosa seria quando dici che non necessariamente vuoi avere dei figli. O ti dicono: “poi cresci e vedrai che vorrai avere figli” oppure “poi vedrai dei bambini e ne vorrai” .
Quando mia sorella grande ha avuto suo figlio, è vero, io adesso gli voglio bene, lo amo come persona, non perché è un neonato o perché è il figlio di mia sorella. Lo vedo crescere, è un bambino carino, un pezzettino. Quando la gente mi vede come mi comporto con mio nipote dice: “ecco, visto, anche tu vuoi avere figli”. No, io amo Youssef ma non voglio avere figli. Questa è di nuovo l’idea per cui quando cresci di sicuro vorrai figli, oppure ci sono quelli che ti dicono che hai un complesso, hai dei complessi nella vita che devi superare. Ma chi vi ha detto che io voglio superarlo? Non sono certo gli altri a decidere per me su un’idea di cui sono convinta. E poi non ha senso spiegare tutto riconducendolo a un complesso ben radicato dentro di noi. So che è legato alla famiglia in cui sono cresciuta e alla relazione tra i miei genitori, ma questo non significa che sia una cosa brutta. Ho vissuto in un’atmosfera che mi ha portato a pensare così e non è grave.
Per quanto riguarda la Tunisia, non ho un parere definito, ma penso che la società deve dire la sua su tutto e ficcare il naso in tutto, anche a livello dello Stato, su qualsiasi cosa che sia legata alla famiglia. Sì, tutto ciò che riguarda la famiglia. La società non riesce a capire. Non è una questione di… viviamo in una società in cui cresci, ti sposi e fai figli. Siamo in questa logica per cui siamo inquadrati ed è strano che un giorno si possa pensare di poter pensare altrimenti.
La società tunisina è molto influenzata dall’identità araba, musulmana. Esiste l’importanza del nucleo familiare.
Poi su come reagiscono quando uno decide di non fare figli, non lo so realmente, perché non ne ho mai discusso con persone che non conosco o al di fuori della mia cerchia, ma immagino che la cosa li sconvolga. O senza arrivare a tanto magari pensano che è una cavolata perché per forza devi fare figli in alcune regioni. Non ne parliamo proprio in alcune regioni o anche a Tunisi stessa, dove comunque una donna è vista male se si sposa e non fa figli. A quel punto è automatico che non ha potuto averli, è un ostacolo biologico e non una scelta.
Mentre ci sono persone che scelgono di sposarsi, vivono insieme tutta la vita e non fanno figli. Ma no, la società pensa subito che c’è un ostacolo biologico. Sono sicura che se ci sono donne che scelgono di non avere figli o è perché non riescono a sposarsi e non trovano un compagno che le capisce, o magari si sposano, ma alla fine non funziona. Sono quasi totalmente… convinta che per ora succeda così. In Tunisia la sola idea di dire che non vuoi fare figli resta inconcepibile. Se dovessi fare una classifica, una donna che non vuole avere figli credo che sia della stessa gravità di una donna che non si sposa. Nell’immaginario collettivo le due cose sono connesse intimamente. Ed è anche piuttosto logico. Il primo passo per dire che vuoi avere figli in questa nostra società è quello di sposarsi, e che hai il desiderio innato di sposarti . A quel punto ci sono buone chances che tu voglia avere figli; nell’immaginario collettivo succede così. Poi… credo che esista la differenza, magari vuoi sposarti ma non avere figli.
Per tornare a chi non vuole sposarsi e su quanto la società non le veda di buon occhio, è come se proprio non potesse crederci: “come è possibile che tu non voglia sposarti”? In generale, è automatico che una volta cresciuta vuoi sposarti, vuoi il vestito bianco e il matrimonio vuoi una festa dalle mille e una notte, l’henné e tutto il resto.
Magari adesso siamo avanzati un po’, ora basta volere il matrimonio; è ancora una cosa molto presente sia per le famiglie che per le ragazze stesse è un’idea molto radicata nei sogni delle ragazze.
In arabo… credo qualcuno dica “mi è venuto il sangue” ma non lo dicono proprio così, per l’appunto, si torna al tabù. È talmente una cosa di cui non si parla, a volte succede che in alcuni negozi se vai a comprare degli assorbenti sono talmente nella negazione perché sta male comprare assorbenti, perché sta male avere le mestruazioni che te li incartano nel giornale, le mettono in un sacchetto nero perché nessuno le veda. Questo radica ancora di più il tabù che fa sì che non puoi dire che hai il ciclo.
Non siamo ancora al punto di dare un nome alle donne che non vogliono fare figli. Il nome piuttosto comune in Tunisia per le donne che arrivano ad una certa età senza sposarsi è “bayra”, una parola che non sopporto. Senti che è un termine dispregiativo anche solo dalla sua intonazione. Quando la pronunci senti che è una parola pesante, è una discriminazione. Per le donne che decidono di non avere figli, non c’è una parola o almeno non la conosco. Sarei felice di sapere che invece esiste!
Ho una zia che non ha avuto figli ma non per scelta, infatti ha sempre sentito questa inferiorità, probabilmente perché è cresciuta in una famiglia con tanti bambini. Ma siamo sempre allo stesso punto, la concezione della famiglia per cui la normalità è che ti sposi e fai figli.
Ma non c’è nessuno nella mia cerchia né di amici né di famiglia, che io sappia, che non voglia avere figli. Per l’appunto, io sono sempre quella che sorprende tutti quando dico che, in ogni caso, non sogno di avere figli.
Menopausa in arabo? In arabo… non lo so. In tunisino, poiché mescoliamo molto arabo e francese diciamo “la menopause”. Non ho mai pensato a come potrebbe essere la parola “menopausa” in arabo. Noi diciamo la menopausa. Non possiamo nominare le mestruazioni, ma possiamo dire menopausa.
La mia famiglia non credo che sarà stupita dal sentirmi parlare del fatto che non voglio fare figli, perché lo dico sin da quando sono bambina, anche se mi dicono sempre che poi crescerò e ne vorrò avere. Ma credo che con il tempo abbiano capito che non è una cosa che cambierà velocemente. Anche se può succedere, ma non sarà scontato, non penso che sarebbero sorpresi di sapere che la penso così.
Rispetto agli amici con cui non ne ho mai parlato, diranno: “Ah sì?ok…”
Il mio compagno lo sa, sanno come la penso. Poi non so come sarà in futuro. È una persona molto discreta, in generale, non so se sarebbe a suo agio a sentirmi parlare così, ma sa che è qualcosa di molto radicato. E se un giorno dovessi cambiare idea sarebbe veramente una rivoluzione.
Poi se parliamo delle persone che mi conoscono, se parliamo dei tunisini, in generale troveranno strano l’argomento di per sé. Gli sembra impossibile che delle persone non vogliano figli. Una cosa anormale.»
Français
EMNA: «Je suis Emna, j’ai 26 ans, j’habite à Ennasr depuis plus d’une dizaine d’années. Je suis originaire de la ville de Korba, au Cap Bon, mais je suis née et j’ai grandi à Tunis.
Ma mère habite à Ennasr, où je vis aussi maintenant mais j’habite seule.
Nous parlions avant de mes sœurs et de ma maison, nous parlions de comment ma famille soit un peu “recomposée”, disons ma mère vive avec ma sœur et son fils; ma sœur est divorcée, mes parents sont aussi divorcés.
Quand nous avons commencé à parler de cette composition un peu étrange, j’expliquais que mon frère est au Canada, une autre sœur est mariée et habite dans mon quartier.
Nous sommes ici chez moi, ma nouvelle maison, j’y habite depuis un mois. Frida Kahlo est ici avec moi. Je ne vis pas très loin de mes parents, je dis à mes parents, mais ils ne sont pas ensemble. Ma mère vit avec ma grande sœur et son fils donc déjà ici nous avons une fille assez spéciale. Je vivais avec eux avant jusqu’à il y a deux ans disons, puis j’ai décidé de vivre seule, c’est un choix que j’ai fait toute seule.
Un jour, j’ai décidé d’aller vivre seule, j’ai commencé à vivre seule, mais avec d’autres personnes, j’ai vécu l’expérience de vivre avec des amis.
Cette est une nouvelle expérience où je vis seule dans cette maison mais en réalité je ne suis pas loin de la maison de ma mère qui se trouve à environ deux minutes à pied d’ici.
C’est ce qui l’a convaincue à me laisser vivre toute seule, mais elle sait que je ne suis pas trop loin. Ce n’est pas qu’elle n’était pas d’accord mais comme toutes les mamans tunisiennes elle pense que sa fille vive avec elle pour toujours, qui ne quittera pas la maison jusqu’à ce qu’il aille vivre avec son mari, le parcours classique, disons.
Donc, quand je lui ai dit que je voulais vivre seule elle n’a pas été choquée, elle me connaît, elle sait que je suis toujours été une personne très solitaire.
Je parle de ma mère et pas de mon père… parce que c’est assez compliqué, disons. J’ai vécu dans une famille où il y avait beaucoup de problèmes entre ma mère et mon père surtout pour moi, car je suis la plus petite de mes sœurs.
Je suis née et j’ai grandi au milieu des problèmes, j’ai été la plus touchée entre toutes les sœurs puisque j’étais petite et j’ai grandi au milieu des problèmes, ce n’est pas la même chose si tu as treize ou quatorze ans. J’ai donc grandi avec un certain détachement envers mon père, loin de lui et très proche de ma mère.
Mais j’ai grandi très solitaire, je ne passais pas beaucoup de temps ni avec mes sœurs, j’étais toujours seule dans ma chambre, je n’interagissais pas beaucoup avec les gens.
J’ai donc grandi avec un certain détachement envers mon père. Les problèmes ont continué à augmenter, et les problèmes grandissaient avec moi. Je suis arrivée à un point où je ne le reconnaissais presque pas comme un père, je n’ai commencé à parler que de ma mère. Il y avait ma mère et il n’existait presque pas pour moi, parce qu’il était un père absent, totalement absent depuis l’enfance.
On plaisantait tous les jours avec mes sœurs, que s’ils avaient demandé à mon père dans quelle classe nous étions, il ne l’aurait pas su. Mais en réalité, c’était un révélateur de son absence de nos vies par rapport aux choses que nous faisions, dans quelle classe nous étions, les amis, toutes les choses de la vie. Nous avons donc été toutes les quatre beaucoup plus liées à notre mère avec des intensités différentes bien sûr.
Cela a augmenté la distance par rapport à notre père même quand nous avons grandi et mes sœurs avant moi, même s’il sentait que nous étions plus attachées à notre mère, n’essayait pas de nous approcher mais il utilisait plutôt l’autorité.
Nous avons commencé à nous disputer davantage avec lui, rien ne lui convenait et quand nous nous disputions. il tirait l’histoire “Je suis votre père”, mais pas forcement pouvait-il s’imposer, et cela ne faisait que nous éloigner, jusqu’à ce qu’il ait influencé également leur relation de couple.
Les miens sont séparés aujourd’hui, ils se sont séparés quand j’avais 24 ans, je suis la plus jeune des sœurs.
Tant que j’étais à la maison je n’interagissais presque plus avec lui, nous avons passé des années à nous disputer et à ne pas nous parler. Par exemple, nous nous sommes disputés quand j’étais dans la quatrième supérieure et on sait parlés de nouveau quand je faisais ma maturité je crois, même si nous vivions dans la même maison. Ça a toujours été comme ça, c’était le quotidien. C’était bizarre quand on se parlait ou quand c’était bien. Jusqu’à la maturité et même après l’université, c’était une relation plutôt ” diplomatique “, il ne savait rien de ce que je faisais, je me fichais de ce qu’il faisait. Puis j’ai commencé à travailler en deuxième année d’université, le travail me demandait d’être toujours dehors, je revenais souvent à minuit ou même plus tard. Je ne l’ai jamais vu.
Pour éviter de dire des choses trop philosophiques, il était une personne violente envers ma mère, il niait ses responsabilités.
C’était difficile de garder une famille unie avec une personne aussi irresponsable. Il avait commencé à avoir problèmes au travail, déjà depuis que j’avais environ 5 ans il avait fait faillite, il est aussi allé en prison pendant une courte période, a peu près deux semaines, une sorte de garde à vue. Depuis ce moment, c’était l’enfer, il ne s’en est jamais remis.
Ma mère a tout fait pour le soutenir et trouver des solutions. Il avait fait faillite dans les années 90, c’est à partir de là que les vrais problèmes ont commencé. Ma mère en fait c’est quelqu’un qui tient beaucoup à ses enfants, qui faisait tout pour ses enfants. Elle a beaucoup souffert avec lui, l’excuse était qu’elle voulait protéger ses enfants. Voici le problème: mes sœurs étaient un peu plus âgées, elles avaient 13, 14 ans. J’étais petite. Ma mère voulait nous protéger mais c’était très transparent sur les problèmes avec mon père.
En effet, parfois, avec la distance, je la blâme un peu ; si vous parlez continuellement des problèmes à une petite fille, ils vont l’influencer nécessairement. Tu vis déjà là, mais si en plus tu vas connaissez de l’intérieur ils devient un point de non-retour.
Donc depuis que je suis petite j’ai mille problèmes avec la façon dont il la traite, de la façon dont il ne veut pas dépenser de l’argent pour les enfants ni pour elle. Ma mère avait fait le choix de rester à la maison. Depuis que ma grande sœur a commencé l’école primaire elle a décidé de rester à la maison et regarder les enfants. Déjà elle avait fait ce choix, elle devenait dépendant de lui, et par conséquent nous.
Parmi les conséquences de son instabilité il y a aussi le fait que nous nous sommes déplacés continuellement.
Nous déménagions toujours, nous vivions à Ain el-Gazala, l’année d’après à Menzah 6, l’année d’après à El Mourouj, puis encore à la Cité Olympique.
Mon enfance a été un peu déconstruite, parfois les gens parlent des amis d’enfance qu’ils connaissent depuis vingt ans ou depuis toujours. La personne que je connais depuis plus longtemps c’est du lycée. Je n’ai pas… Je n’ai pas de lieu d’enfance ou un endroit où j’ai vécu. Nous étions si déplacés je ne me souviens même pas des personnes que j’ai rencontrées dans ma vie. D’une certaine manière, je lui reproche aussi cela, d’être la cause donc j’ai vécu une enfance instable. Cela fait que ces choses se renforcent dans la vie, les problèmes s’enracinent dans le temps. Les effets de ces choses du passé augmentent avec le temps.
La relation avec ma mère est très particulière, parce que je… par rapport aux autres, je suis restée isolée, je restais toujours dans ma chambre toute seule pendant longtemps.
Je voyais des choses mais je ne réagissais pas toujours et avec ma mère, même s’elle me parlait des problèmes elle n’acceptait pas que je réagissais ou que je faisais des commentaires sur mon père. Je voyais beaucoup de contradictions dans ses paroles qui ne me laissait pas parler ouvertement avec ma mère. À ce jour, elle ne sait probablement pas ce que je pense de toutes ces années, je ne communiquais pas beaucoup avec elle.
Comment réagissait ma mère aux violences de mon père ? Déjà le fait d’être restée avec lui… ils se sont mariés en 1976, donc ils sont restés ensemble 40 ans.
Etre mariée a quelqu’un pendant 40 ans… on comprend déjà sa réaction. C’est une personne très patiente,
Je lui dis toujours qu’elle n’est pas capable de prendre des décisions. Depuis que j’ai compris la situation, j’ai commencé à lui dire qu’elle devait divorcer, qu’elle ne devait pas rester avec lui.
Elle me répondait toujours “non, je dois rester, c’est pour vous que je le fais, je ne peux pas, etcetera”.
Au début, je me sentais coupable, au final je pensais qu’il valait mieux ne pas être née pour éviter que ma mère supportait tout cela.
Puis quand tu grandis tu comprends que tu peux faire des choix dans la vie, son sacrifice est un choix, pour moi, c’est une obligation.
Son choix est à tous égards un choix, et ça n’avait pas de sens que je me sentais coupable de ses choix. Je ne faisais que l’encourager qu’elle soit assez courageuse à changer les choses pour alléger le poids qu’elle avait sur ses épaules.
Depuis que j’ai grandi dans une famille assez compliquée mon regard sur la question de la famille…
En fait, je n’ai pas de concept de famille également par rapport à mes sœurs, dont je suis très proche.
Quand on me fait remarquer que nous sommes très proches, je dis toujours qu’elles sont amies, je ne suis pas proche d’elles parce que ce sont mes sœurs, mais parce que ce sont des personnes avec qui j’ai des affinités et que j’aime beaucoup. Je les considère comme le premier cercle d’amis que j’ai eus dans ma vie,
Déjà mon concept de famille… Je n’ai pas de conception. Je ne crois pas que la famille soit le noyau de la société. Donc, mon problème avec la famille ne se limitait pas à mon père, ma mère et mes sœurs. Il y avait d’autres problèmes, également avec la famille élargie, avec les parents de ma mère et de mon père. J’étais très gênée parce que je devais tolérer des gens simplement parce qu’il s’agissait du frère de mon père ou de la sœur de ma mère. Depuis toute petite, j’ai du mal à accepter l’imposition de personnes dans notre vie que nous n’avons pas choisi.
Ce n’est pas que si nous avons un lien de sang il faut forcément s’aimer et que tout doit aller bien. Tout d’abord, je n’ai pas de vision de la famille, et je n’inspire pas en avoir. En général dans notre société, surtout pour les femmes, on pense qu’elles rêvent de grandir, de se marier, faire une famille et des enfants.
Mais moi, depuis toute petite, je rêvais de grandir et d’avoir une maison toute pour moi. Je ne rêve pas de créer une autre famille, de faire des enfants et de devenir grand-mère… Je n’ai pas envie de donner continuité à l’espèce.
Le modèle familial que j’ai eu est un modèle d’une mère et d’un père qui ne se comprennent pas qui se disputent continuellement, et il y a aussi de la violence à la maison, un père détaché de ses enfants.
Ceci, bien sûr, est la façon dont j’interprète les choses. Peut-être que ce n’était pas le cas, mais ce que je voyais c’était un père complètement déresponsabilisé qui nous percevait presque comme un poids. C’est normal on grandisse en pensant que la famille n’est pas une chose merveilleuse et tu n’aspires pas à construire une famille.
Ma situation est différente de ma mère, j’ai 26 ans, je travaille depuis cinq ans maintenant, j’ai commencé à travailler quand j’étais encore à l’université. En ce moment je travaille dans une organisation internationale.
Je vis toute seule comme vous avez bien vu, j’ai un copain depuis environ deux ans. Ma situation est bien différente de celle de ma mère. Je peux dire que j’ai appris d’elle, par exemple, tout cela ce qu’il ne faut pas faire dans la vie: comme choisir de quitter votre emploi pour vos enfants et votre mari, C’est hors de question. Choisir de pardonner à quelqu’un qui a levé les mains sur toi, c’est hors de question. Choisir de soutenir une personne ou de l’aider sans attendre rien en retour, même pas un merci, une personne qui ne fera la même chose avec vous à l’avenir, c’est hors de question. Donc, c’était… Parfois je me dis que ma conception de la famille et de la vie d’un couple n’est pas en bonne santé, disons.
La conception… c’est…on va dire, un père qui disait: tu peux faire tu ça, ça et ça. Pour moi, avec ma mère devant c’est une liste de choses à ne pas faire, la liste est plus longue des choses à ne pas faire que celle de celles que je peux faire. J’essaye maintenant d’imaginer davantage, aussi ce que je veux faire. J’essaie de le faire.
Comme j’ai dit, j’ai un copain depuis deux ans. Les choses vont plutôt bien pour moi. Je vis seule ici, mais il est très présent dans mon quotidien. Nous nous voyons tous les jours, nous partageons tout, nous voyageons assez souvent. Notre relation est très intense, nous faisons des projets et pensons de rester ensemble longtemps. En fait, je me dis toujours qui sait comment ce sera, nous ne savons pas comment il peut évoluer. J’ai encore cette idée donc je n’inspire pas à avoir une famille, à consacrer ma vie à faire de la famille et d’avoir des enfants.
C’est aussi une chose à laquelle il faut penser davantage et je ne peux pas penser seulement à moi depuis que… que j’ai accepté une relation à long terme, que j’ai une personne à côté de moi. Je ne peux pas être égoïste et ne penser qu’à moi-même; dire que je ne veux pas et que j’ai décidé ainsi et il doit me suivre. Je peux l’influencer, tout comme il peut m’influencer. C’est comme ça… on va voir ou ça va nous mener.
Mon entourage sait depuis que je suis toute petite, depuis l’époque des lycées que je ne voulait pas une famille quand je serai grand, je ne me marierai pas et n’aurai pas d’enfants. Et tout le monde me répétait, “pourquoi tu dis ça, tu es petite”, “dès que tu grandis, tu voudras avoir des enfants”, “tu verras ensuite comment tu aimerais les enfants.” Ils ont commencé à comprendre comme je le pensais, depuis l’enfance, en grandissant, ma mère savait que j’étais très différente de mes sœurs.
Quand je lui ai dit que je voulais vivre seule c’est normal, elle n’était pas heureuse que j’aille en vivant seule, mais elle avait déjà compris.
À l’époque, mon père était encore à la maison, elle m’a dit qu’elle ne pouvait pas m’obliger à rester à la maison forcément: ‘si tu veux vivre seule, c’est ton choix, mais je veux que tu viennes me voir et que tu m’appelles toujours.’ Ce n’était pas facile pour moi d’être toujours présente et l’appeler souvent parce qu’on revient au point habituel, je suis comme ça, je ne parle pas beaucoup, je ne suis pas quelqu’un qui se soucie beaucoup de ces choses. Donc, elle a beaucoup souffert du fait que je vis seule et que je me suis éloignée, parfois je passe même deux semaines sans avoir de ses nouvelles et nous nous disputons souvent. Elle me reproche de ne pas l’appeler, elle m’appelle quand je travaille et je me fâche. “Ce n’est pas le moment”, et elle me dit “mais alors quand?” Cela a créé une certaine tension, même mes soeurs m’appellent parfois pour m’inciter à entendre ma mère parce qu’elle me demande. Donc, cela lui a confirmé que comme je vis seule, je me suis éloignée d’elle.
Puis il y a eu un moment, pendant un changement entre la vieille maison et celle-ci, avant je vivais avec d’autres personnes, il y a eu un moment de 2-3 mois où je suis retournée vivre avec elle. J’ai accepté de vivre avec elle, en attendant de venir ici, parce que déjà mon père n’y était plus. Je me suis dit que ça pourrait être une bonne occasion de se rapprocher et je pensais que ça lui ferait plaisir.
Au lieu de cela, ça m’a confirmé que je ne pouvais pas supporter de vivre avec ma mère, aussi simple que ça.
Elle est encore en phase de négation, elle ne comprend pas, elle est une mère très classique, elle a vécu à la campagne, puis elle s’est installée à Tunis, mais elle a une vision très “tunisienne” de la façon dont les choses fonctionnent.
Ma mère n’a pas accepté le fait que… elle ne veut pas que je m’éloigne mais elle sait que ce n’est pas elle qui décide. Si je veux vivre seule, je vis seule. Après elle n’est pas quelqu’un non plus qui vous poussent à nous marier ou à avoir des enfants. Elle sait que c’est quelque chose qui dépend de moi et elle ne va pas m’obliger à faire ça. Mais à ce stade, bien que depuis toute petite j’ai commencé à dire que je ne voulais pas faire d’enfants elle me disait quand même toujours que je ne dois pas dire ainsi, que je verrai quand je serai grand, que les enfants sont une belle chose. C’est sa façon de faire.
Elle essaye de me convaincre du fait que je dis maintenant comme ça mais qu’en grandissant je voudrai des enfants naturellement. Elle ne comprend pas qu’il n’existe pas naturellement une volonté d’avoir des enfants.
Je pense toujours que je suis pas une personne qui devrait avoir des enfants, je ne veux pas faire d’enfants et je pense que je ne devrais pas en faire. En fait, je crois que la question est toujours liée à comment j’ai grandi, l’atmosphère dans laquelle j’ai grandi.
Si je regarde le modèle de parents que j’avais chaque fois que même brièvement j’essaie de me dire de faire des enfants je ressens une pression et une responsabilité énormes.
Je veux pas d’enfant. mais si un jour je pense d’en avoir, les enfants que j’aurai ne devront jamais avoir peur de moi ou se fâcher contre moi ou se sentir privé de quelque chose. Si je regarde les choses de ce point de vue, je me dis que c’est impossible, donc je ne devrais pas en avoir, en évitant les problèmes dès le début avant d’arriver à en faire et puis les gâcher. Quand j’essaie de visualiser l’idée elle-même, je me dis: mieux que non.
Ça c’est un autre débat. En absolu, je pense que les gens ne devraient plus avoir d’enfants ou au moins essayer de ne pas avoir trop d’enfants. Après c’est pur des considérations, comme que le monde est surpeuplé, je le disais depuis que j’étais petite, mais ils ne me prenaient pas au sérieux. Pourquoi les faire? Le monde est plein d’enfants sans parents, qui ont besoin d’aide. C’est fou.
Je trouve tellement égoïste cette vision de vouloir avoir des propres enfants, qui doivent sortir de votre corps.
Alors qu’il y a des enfants qui ont besoin d’être adoptés par une famille, d’être aimés et protégés. Je trouve c’est con en faite d’avoir encore plus d’enfants. Mois, ce que je me dis souvent, si un jour je voudrais réellement faire cette expérience de faire grandir un enfant, je préférerais l’adopter plutôt que de l’avoir moi-même. Si un jour je décide d’adopter, ce sera un jour où je serai sûre que je pourrais lui assurer un environnement sain, où je peux l’aimer, dans lequel je peux leur donner pas tout ce qu’ils veulent, parce que dans ce cas pourrait devenir une mauvaise chose, mais dans lequel ils ne se sentent pas frustrés pour ne pas avoir eu assez d’opportunités dans la vie à cause de ses parents. Je commencerais à penser à l’adoption, après avoir résolu ces problèmes. Jusqu’à ce que je sente que je peux offrir ces choses à un enfant, je ne pourrais même pas penser à l’adoption. Si j’arrive à un moment donné à accepter… il ne s’agit pas d’accepter, ce n’est pas le mot. Si je réalise que j’ai cette envie de grandir un enfant et de le voir grandir avec moi, ça serait la première barrière qui tombe. Ensuite, il y a une deuxième barrière qui est… physique.
Je n’arrive pas à supporte pas l’idée qu’une personne sorte de mon corps. Tout simplement, ça c’est une idée que je n’arrive pas à comprendre, qui me fait très peur et que je n’arrive pas à dépasser.
Comme on disait… je trouve que c’est une vision très égoïste de la vie que lorsque tu veux des enfants tu fais de tes enfants, alors qu’il y a beaucoup d’enfants dans le monde, ici aussi, dans mon quartier, il y en a, ils ont besoin de tout l’amour du monde et de quelqu’un qui s’occupe d’eux.
Je n’ai aucun problème à dire que je ne veux pas d’enfants, je n’ai pas de problème car je reviens au point, j’ai grandi avec cette idée de ne pas avoir à craindre la pensée alternative. Il y a de petits détails dans notre société qui sont vraiment stupides.
Prenons un exemple très banal: en général en Tunisie, pour ce que j’ai vécu, il y a un tabou sur le fait de dire que vous avez vos règles. Je trouve cela insensé.
Si je dis que je dois aller acheter les tampons parce que j’ai le cycle, les gens semblent choqués “comment oses-tu dire que tu as tes règles”. J’ai toujours eu l’idée que nous ne devons pas nous mettre des barrières sur des choses tout à fait normales à dire, comme s’ils étaient un problème.
C’est un exemple stupide, mais que j’applique à beaucoup de choses y compris le thème des enfants. Bien que je sache que si un jour si j’en parle à quelqu’un ils sortiront la question habituelle: quand je me marierai, si je fais des enfants… Mais je n’ai pas de problèmes. je ne pense pas que je veuille avoir des enfants, ce n’est pas mon rêve d’avoir des enfants.
Les gens ne comprennent pas qu’il puisse s’agir d’une chose sérieuse quand tu dis que tu ne veux pas avoir des enfants forcément.
En faite, on te dit: “Quand tu grandis tu verras que tu voudras des enfants” ou “quand tu verras des enfants, tu en voudras.” Par exemple, quand ma grande sœur a eu son fils, c’est vrai, je l’aime maintenant, je l’aime en tant que personne, non pas parce que c’est un bébé ou parce qu’il est le fils de ma sœur.
Je le vois grandir, c’est un enfant mignon, un petit morceau. Quand les gens me voient comment je me comporte avec mon neveu… voilà, tu vois toi aussi tu veux avoir des enfants. Non, j’aime Youssef mais je ne veux pas d’enfants. C’est toujours l’idée pour laquelle quand tu grandis, tu voudras des enfants. Ou il y a ceux qui vous disent que vous avez un complexe, vous avez des complexes dans la vie que vous devez surmonter. Mais qui vous a dit que je veux le surmonter?
Ce ne sont certainement pas les autres à décider pour moi sur une idée dont je suis convaincue. Et puis ça n’a pas de sens de tout expliquer en le ramenant à un complexe bien enraciné en nous.
Je sais que c’est lié à la famille dans laquelle j’ai grandi et à la relation entre mes parents, mais ça ne veux pas dire que c’est une mauvaise chose. J’ai vécu dans une atmosphère qui m’a conduit à penser ainsi et ce n’est pas grave. En ce qui concerne la Tunisie je n’ai pas un avis défini sur ça, mais je pense que la société doit dire la sienne sur tout et fourrer son nez partout, également au niveau de l’État, sur tout les trucs autour de la famille. Oui, tout ce qui concerne la famille. La société ne parvient pas à comprendre. Ce n’est pas une question de, tu sais… on vit dans une société où quand on grandi, on va se marier et faire des enfants.
Nous sommes dans cette logique pour lequel nous sommes encadrés et c’est très bizarre qu’un jour on puisse penser que nous pouvons penser autrement.
La société tunisienne est très influencée de l’identité arabe, musulmane. Il y a l’importance du noyau familial.
Après comment ils réagissent quand on décide de ne pas faire d’enfants, je ne sais pas vraiment, parce que je n’en ai jamais échangé mes idées avec des personnes au dehors de mon cercle, mais je pense que ça va les choquer. Peut-être pas choquer, mais ils vont penser n’importe quoi, parce qu’on doit forcément avoir des enfants dans certaines régions. Nous n’en parlons pas vraiment dans certaines régions ou même à Tunis même, une femme est mal vue si elle se marie et ne fait pas d’enfants. À ce stade, il est automatique qui n’a pu les avoir, est un obstacle biologique, ce n’est pas un choix. Alors qu’il y a des gens qui choisissent de se marier, vivent ensemble toute leur vie et ne font pas d’enfants. Mais non, la société pense tout de suite qu’il y a un obstacle biologique.
Je suis sûre que s’il y a des femmes qui choisissent de ne pas avoir d’enfants, soit parce qu’elles ne peuvent pas se marier et ne trouvent pas un copain qui les comprenne, ou peut-être qu’ils se marient, mais au final ça ne marche pas. Je suis presque… convaincue que c’est le cas pour le moment.
En Tunisie, la seule idée de dire que tu ne veux pas avoir d’enfants reste inconcevable. Si on devrait placer une femme qui ne veut pas d’enfants, je pense que c’est de la même gravité d’une femme qui ne se marie pas, je pense que ces sont un peu liées dans l’imaginaire collectif et c’est un peu logique. Le première pas pour dire que vous voulez avoir des enfants dans notre société c’est de se marier, et dire que tu est prédisposée pour te marier. Ça signifies qu’il y a de bonnes chances que vous voulez avoir des enfants; dans l’imaginaire collectif, il est logiquement ainsi.
Après… je crois que une différence existe, peut-être on peut vouloir se marier mais ne pas avoir d’enfants.
Et ensuite pour revenir à quel point le fait de ne pas vouloir se marier et sur combien la société ne voit pas ça d’un bon œil, je pense c’est lié, comme de ne pas vouloir y croire: “comment se fait-il que tu ne veuilles pas te marier?”
Normalement, automatiquement quand tu grandis, tu veux te marier, tu veux la robe blanche et le mariage, tu veux une fête des mille et une nuits, le henné et tout le reste. Peut-être que maintenant nous sommes un peu plus avancés, il suffit maintenant de vouloir le mariage; c’est encore une chose très présente aussi bien pour les familles que pour les filles elles-mêmes c’est une idée très racinée dans les rêves des filles.
En arabe… je crois que quelqu’un dit “j’ai du sang” mais on ne dit pas vraiment comme ça, on revient le tabou. C’est tellement quelque chose dont on ne parle pas. Tu sais, si tu vas dans une épicerie si vous allez acheter des serviettes, ils sont tellement dans le déni parce que c’est mal d’acheter des serviettes, parce que c’est mal d’avoir ses règles, ils les emballent dans le journal, les mettent dans un sac noir pour que personne ne voie ça. Cela enracine encore plus le tabou qui fait que tu ne peux pas dire que tu as tes règles.
Nous n’en sommes pas encore au point de donner un nom aux femmes qui ne veulent pas avoir d’enfants. Le nom assez commun en Tunisie pour les femmes d’un certain âge qui ne sont pas mariées, c’est “bayra”, un mot que je ne supporte pas. On peut sentir que c’est un terme péjoratif même son intonation, lorsque vous la prononcez vous sentez que c’est un mot lourd, c’est de la discrimination.
Pour les femmes qui décident de ne pas avoir d’enfants, il n’y a pas un mot ou du moins je ne la connais pas. Je serais heureuse de savoir qu’il existe!
J’ai une tante qui n’a pas eu d’enfants mais ce n’est pas un choix, en effet, elle a toujours ressenti cette infériorité, probablement parce qu’elle a grandi dans une famille avec beaucoup d’enfants. Mais on est toujours là, la conception de la famille que normalement tu te maries et tu fais des enfants. Mais il n’y a personne dans mon entourage ni d’amis ni de famille, au moins que je sache, qui ne veut pas avoir d’enfants. Justement, je suis toujours celle qui surprend tout le monde quand je dis que, en tout cas, je ne rêve pas d’avoir des enfants.
Ménopause en arabe? En arabe… je n’en sais rien. En tunisien, car on mélange beaucoup arabe et français, donc nous disons “la ménopause”. Je n’ai jamais pensé à quoi pourrait ressembler le mot “ménopause” en arabe. Nous disons la ménopause. Nous ne pouvons pas nommer les règles, mais on peut dire ménopause.
Ma famille, je ne pense pas qu’elle sera surpris de m’entendre parler du fait que je ne veux pas faire d’enfants, parce que je le dis depuis que je suis enfant, même si on me dit toujours que je vais grandir et vouloir en avoir. Mais je crois qu’avec le temps, ils ont compris qui n’est pas une chose qui changera rapidement.
Bien que cela puisse arriver, mais ce ne sera pas évident, je ne pense pas qu’ils seraient surpris de savoir que c’est ce que je pense.
Après j’ai des amis avec qui je n’en ai jamais parlé de ce sujet, ils se diront : “Ah oui ? ..ok..”
Mon copain le sait, il sait que je pense tout ça. Après, je ne sais pas comment il pourrait prendre ça. C’est une personne assez discrète, d’une manière général, je ne sais pas s’il serait à l’aise à m’entendre parler ainsi, mais il sait que c’est quelque chose d’assez enraciné. Et si un jour je devais changer d’avis ce serait vraiment une révolution. Ensuite, si nous parlons des personnes qui me connaissent, si nous parlons des Tunisiens, en général, ils trouveront le sujet en soi assez bizarre. Il semble impossible que des personnes ne veulent pas d’enfants. Quelque chose d’anormal.»
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