skip to Main Content

Tiziana Troja interpreta Dorothy Parker a partire da un estratto dei “Monologhi impossibili. Le esclusive rivelazioni di 35 mitiche Lunàdigas” di Carlo A. Borghi (edizioni Arkadia, 2018).

Vuoi ascoltare e leggere altre testimonianze? Sostieni l’archivio vivo di Lunàdigas!

Ecco la trascrizione completa del video:

« Amo il Martini, al massimo due però, con tre finisco sotto il tavolo e con quattro finisco sotto il cameriere.”
A quarantasette anni dalla mia scomparsa, posso dire che questo sul Martini, è il migliore verso di tutta la mia produzione poetica di donna alquanto lunadiga!
I’m Dorothy Parker, I’m not a Mama.
Sono Dorothy, per gli amici Dotty.
Sono passata per due mariti.
Il primo, Parker, se l’è bevuto la Grande Guerra, rimandandolo a casa alcolizzato.
Il secondo, Alan Campbell, l’ho lasciato, preso e ripreso varie volte tra il 1947 e il ‘57.
Sono passata indenne per diversi amanti.
Mi sono piaciuti almeno quanto i miei amati Martini.
In società ho fatto la parte di quella disinvolta, disinibita e dissacrante ma sotto sotto ho sempre avuto una certa attrazione per l’autodistruzione.
Ho superato prove di suicidio e ne ho tratto un romanzo in quattro parole.
“I rasoi fanno male; i fiumi sono freddi;
l’acido macchia; i farmaci danno crampi.
Le pistole sono illegali; i cappi cedono;
il gas fa schifo. Tanto vale vivere…”
La mia città è sempre stata New York, anche se non ci sono nata.
La New York di Vanity Fair, del New Yorker e di Vogue che mi hanno dato da vivere pagandomi articoli e recensioni.
La New York del club chiamato “circolo vizioso” dove si discuteva di società, di costume, di teatro, di come fare un Martini a regola d’arte.
Sono sempre stata socialista e la mia eredità è andata alla fondazione di Martin Luther King. Ma, morto lui, tutto quanto è passato all’associazione nazionale delle persone di colore, comprese le mie ceneri, che nessuno voleva.
Non a casa il mio epitaffio dice: “scusate se faccio polvere”.
Sono stata da presto orfana di madre e poi poetessa precoce.
Ho passato un aborto e poi ho deciso di non provarci più con la gravidanza.
Morire da sola in una camera d’albergo è stata una certa storia che purtroppo non ho potuto scrivere, né in versi né in prosa.
Nel 1933 avevo scritto la sceneggiatura del film “È nata una stella”.
Di me, quando è successo, nessuno ha scritto. “È morta una stella”.
Los Angeles non mi è mai piaciuta e di lei ho sempre pensato: “78 sobborghi in cerca di una città”.
Io vengo dall’età del jazz di Scott Fitzgerald, della Grande Depressione e della guerra civile di Spagna. Insomma, non sono stata una mamma. Ma sono Dot, Dotty, Dorothy. Ma non quella del Mago di Oz. Quella della Grande Mela. »

Vuoi ascoltare e leggere altre testimonianze? Sostieni l’archivio vivo di Lunàdigas!

Back To Top