Elisabetta, attrice e regista, esprime le ragioni che l’hanno portata, fin da ragazzina, a cercare di vivere una vita feconda indipendentemente dal matrimonio e dalla maternità, al di fuori di etichette e giudizi sociali.
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Ecco la trascrizione completa del video:
ELISABETTA: «Devo dire che quando ho ricevuto questa richiesta, da parte di alcune amiche, di trattare l’argomento della fecondità, della maternità mi ha… mi sono un po’… la cosa mi ha interessato subito, ma allo stesso tempo, subito dopo, mi sono anche detta: “ma che cosa potrò dire su questo tema?”. Perché non è che io abbia mai fatto un pensiero compiuto definitivo su questo argomento.
È difficile parlare della non maternità o della solitudine di un’esistenza, è difficile parlarne perché tendenzialmente le amiche che si frequentano, ma anche gli amici che si frequentano dicono: “È praticamente impossibile stare soli, siamo fatti per vivere assieme ad altri”.
E poi però, come dire, affrontando e approfondendo l’argomento si scopre che questo non essere soli o questo vivere insieme include sempre e soltanto la famiglia e i figli.
E io devo dire che non sono mai riuscita a pensare in questo modo, neanche quando ero ragazzina.
Quando ero ragazzina le compagne di classe, che pensavano ai loro programmi di vita, tra cui mettevano lo studio, la laurea, la carriera … la prima cosa che dicevano era: “sì, poi però mi sposo e faccio da uno a tre figli”.
E io questo pensiero non sono mai riuscita ad averlo e non so il perché, perché nella mia vita, non so perché nella mia vita io non sono mai riuscita a vedere una famiglia tradizionale e un numero di figli che poteva variare, insomma… non lo so, io sapevo che volevo qualcosa di più, evidentemente qualcosa di più di una famiglia tradizionale così come io la conoscevo. Che non significa però non avere dei figli.
Se una donna non è fertile solo perché non ha dei figli? Beh, io credo di no, io credo che una donna è fertile in quanto donna e in quanto mette in campo, desidera, pensa, cura le cose e i desideri della propria vita. E quindi credo che una donna che non ha figli possa essere fertile esattamente come una donna che ha figli e che li ha cresciuti.
Credo ci sia una fecondità della vita che vada oltre la maternità in sé. Nella mia vita, devo dire che non è che io abbia pensato ad un certo punto di non avere dei figli. Quando, anzi, se proprio devo dire, appunto le mie compagne pensavano di avere una famiglia tradizionale, se dovevo avere un desiderio, dovevo avere un pensiero, beh, mi veniva… il pensiero che io avevo era il pensiero di una comunità, o di una famiglia allargata, di un luogo enorme dove c’era dentro tutto, dove c’erano dentro tante madri, tanti padri e probabilmente anche tanti figli, figli propri, figli non propri, figli che trovavano casa, che potevano trovare casa lì, ecco. Quindi se dovevo avere un pensiero era quello, che poi ovviamente la vita non mi ha dato.
Nella mia vita professionale io incontro molte persone, mi occupo di educazione, mi occupo di formazione, aiuto i bambini, aiuto anche i ragazzi, i giovani, a volte anche gli adulti a tirare fuori la loro espressività, il loro desiderio di comunicare. Io mi occupo in una parte della mia vita di teatro, aiuto me stessa ma aiuto anche altre persone a sviluppare questo linguaggio teatrale, e, quindi, mi occupo, incontro davvero tante persone, anche tanti piccoli che desiderano esprimersi, che desiderano trovare la propria strada. Io mi occupo di loro, mi occupo per una parte, per un tragitto, per un percorso che però finisce lì, no? Io prendo i bambini a una certa età, li accompagno per un tragitto di strada e poi li lascio, li abbandono perché hanno trovato la loro strada. Ecco, questi incontri credo siano, abbiano lo stesso percorso di una maternità. Mi occupo di loro, li faccio crescere e poi li lascio andare per la loro strada.
Ecco se c’è una cosa che io non ho mai amato di un pensiero, se c’è qualcosa che io ho sempre pensato un po’ pericoloso nelle famiglie tradizionali è che i figli sono proprietà delle madri o dei padri.
Diciamo che fino ad un certo punto il fatto di non essere né sposata né madre non è stato un problema, non è stato un problema nei confronti delle persone che stavano intorno a me, non c’era da giustificare nulla. Da un certo punto in poi però è stato più complicato perché le persone cominciano a guardarti con sospetto. Il fatto che tu non sia madre, che tu non sia sposa, soprattutto in alcuni ambienti, ma, per la verità in tutti gli ambienti, siano essi cattolici, siano essi laici, siano essi… il fatto che tu non possa essere collocata da nessuna parte è problematico.
Le persone hanno bisogno di sapere se tu sei omosessuale, se tu sei… cioè a quale, quale desiderio tu abbia, tu devi in qualche modo dire quale luogo abiti. Il problema è che io credo di non volere abitare nessun luogo, di non volere avere nessuna etichetta, io non credo di avere ancora deciso che cosa voglio fare
nella vita, credo di avere bisogno di tutto il tempo e di tutta la vita per poterlo decidere, e quindi, il fatto di avere delle etichette mi crea problemi. Mi crea problemi dover spiegare, ad esempio mi crea problemi dover spiegare che sono felice anche non sono madre. Perché vorrei che la gente vedesse che sono felice e basta.
Oppure che in alcuni momenti sono felice e in alcuni momenti sono triste, perché la vita è così, la vita è fatta di alti e bassi. È fatta di momenti molto fecondi e di momenti molto sterili. Credo, se posso guardare le mie amiche mamme, che loro vivono lo stesso mio percorso, vivono momenti di grande fecondità nel loro essere madri e vivono anche dei grandi momenti di sterilità nel loro essere madri, perché? Perché la vita è così. Perché la vita è misteriosa ed è misteriosa per tutti. Dunque, credo che la cosa che più mi dia fastidio sia le etichette. Ecco io vorrei poter dire che sono una donna; non che sono una madre, che sono una sposa, che sono una divorziata, che sono sposata, che sono una amante perché nella vita, a seconda delle fasi, ci possono essere tutte queste cose, oppure nessuna. Ecco, credo questo!
Sì, credo sia molto importante una cosa. Non so se ce l’ho così chiara e se è così facile spiegarla, perché poi, tutto sommato io credo nella mia esperienza di figlia, di essere stata… di essere stata una figlia complessa e articolata, di aver avuto una madre e un padre complessi ed articolati, molto belli, che hanno fatto il loro meglio per essere padri e madri ma credo una cosa: credo che la cosa più importante e la cosa anche più difficile per una madre e un padre e anche per un figlio, è quello di capire che c’è un momento in cui bisogna andare, che le madri devono lasciare andare i propri figli, lo stesso per quanto riguarda i padri, perché a volte anche forse più difficile per i padri, soprattutto per le figlie femmine, lasciar andare i figli e credo che per un figlio, per una figlia sia importante andare. Ecco, il termine andare, partire, lasciare, che può forse sembrare un termine negativo, è un termine fondamentale in questa esperienza di padri, di madri, di figli.
Indubbiamente nel mio percorso, nella mia storia ci sono stati esempi di donne molto significative che mi hanno educato e cresciuto alla libertà. Donne che non erano madri e che non erano madri in senso tradizionale ma che, per esempio, per me sono state delle grandi madri. Per questa ragione mi ritengo molto fortunata. I miei incontri sono stati incontri molto belli, molto fortunati e molto formativi. Mi hanno insegnato una sapienza della vita diversa, più grande, come io la desideravo.
Una donna della letteratura che sicuramente mi ha ispirato è sicuramente Emily Dickinson, che ha saputo con, cioè, che ha regalato con le sue poesie, le sue parole, mi ha regalato proprio dei mondi, dei mondi inimmaginabili. La cosa che mi ha sempre incuriosito della Dickinson era la sua perfetta solitudine e la sua capacità di incontrare un mondo all’interno della propria stanza.
Non so, ecco se c’è un tema che credo sia ancora non risolto è proprio quello dell’eredità, perché non saprei oggi a chi lasciare, o forse sì, nel senso che, per come la vita si è un po’ spiegata, dispiegata in questi anni credo fondamentale, credo importante gli incontri che accadono, gli incontri… anche quelli momentanei… non credo nei legami assoluti, nei legami per sempre, non perché non ci credo e perché penso che non siano possibili, credo anche che siano possibili, credo anche che siano legami che durino tutta la vita, che magari uno non percorre nell’immediato ma ci sono e sono lì. Però, credo molto anche negli incontri che accadono e poi spariscono, incontri fondamentali che magari durano lo spazio di un giorno o di una settimana o di un mese e poi non li vedi più. Credo che anche quelli possono essere un’eredità,
credo che se ci fosse un incontro, che dura lo spazio di un giorno, e che ritengo che in quel momento sia giusto lasciare l’eredità, ecco, penso che gliela lascerei, anche se poi non dovessi vederlo più.
Non ci sono delle donne nella mia famiglia che mi hanno fatto sentire come un limite il fatto di non essere sposata e di non avere figli. Devo dire che mia mamma ogni tanto mi confida che le sarebbe tanto piaciuto essere la nonna dei miei figli. Questo però, evidentemente, non è stato possibile e non me lo ha mai fatto sentire come un peso. Anzi, devo dire che la sorella di mia nonna che è morta a 107 anni, quando, lei si è sposata molto giovane, perché si viveva in famiglia patriarcale e dunque molto presto bisognava uscire dalla propria famiglia per poter andare in un’altra famiglia, cioè, i maschi della famiglia davano, consegnavano le femmine della loro famiglia ad un’altra famiglia, … e devo dire che, mia zia, la sorella di mia nonna, che è morta a 107 anni, lo ha sempre vissuto con un po’ di tristezza questo, lei non avrebbe voluto sposarsi e non avrebbe voluto avere poi 5 figli, di cui 3 ha visto morire essendo lei stata così longeva.
Quando io ero ragazzina mia zia, che era veneta, mi chiedeva spesso se ero fidanzata o no a seconda dei momenti e io a seconda dei momenti dicevo o si o no e lei mi guardava e mi diceva: “Te fa ben, perché se ti te fa l’amor con uno non te pol pì far l’amor con tutti i altri” questa cosa quando io avevo 15 anni, devo dire, mi ha faceva molto ridere. Ecco, credo che questa frase è una frase che mi ha accompagnata molto nella mia vita.
Nel mio percorso ho avuto, sì, ho avuto almeno due uomini che mi hanno chiesto di sposarli e di avere dei figli. Devo dire che forse avere dei figli non mi sarebbe dispiaciuto ma che il pensiero, credo che sia un po’ questo: il fatto di non avere figli oggi, ecco… io non ho scelto di non avere figli, o almeno non l’ho fatto scientemente, è stata una conseguenza del fatto che non volessi sposarmi. Se proprio devo dire una cosa.
Non ho un giudizio sull’interruzione di gravidanza, credo che ogni donna abbia il diritto di scegliere. Credo che la parola scelta sia una cosa, sia una parola grossa, non sempre noi donne siamo in grado di scegliere, siamo in grado di poter decidere di fare una cosa, non è detto che l’interruzione di una gravidanza sia una scelta consapevole, forse però è l’unica decisione possibile e io per questo ho un grande rispetto.»
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