Fedora, regista e documentarista, spiega i motivi che l’hanno portata a non avere figli: l’età, la ricerca del compagno giusto, il lavoro, la volontà di non compiere atti solo per colmare vuoti o per egoismo. Sullo sfondo delle motivazioni la perdita della madre in giovane età.
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Ecco la trascrizione completa del video:
FEDORA: «Il mio nome è Fedora, il mio lavoro è programmista regista in Rai e documentarista, quindi normalmente sono dall’altra parte della telecamera.
La scelta di fare questa pazzia per me, perché già soffro normalmente quando sono io a fare le interviste, è perché è un tema che sento molto, è un fil rouge che mi sono portata tutta la vita, con o senza compagni, a parte l’affetto per appunto Nicoletta, e adesso sono qui, davanti per una delle uniche e poche volte davanti alla telecamera e ne approfitto per fare un po’ di art attack, il registro per una mia amica che si sposa a maggio.
Ho 43 anni e non ho figli, per scelta e per casi della vita.
All’inizio, quando la mia età era giusta per fare figli, per fare dei bambini, ero troppo impegnata nel mio lavoro, quindi nel sogno di realizzare un percorso lavorativo che mi permettesse di continuare quello che avevo studiato.
E poi perché i compagni che ho avuto nell’arco di tempo giusto per fare un figlio non mi davano la sicurezza o comunque la giusta molla per pensarci, anche solo.
E poi, dopo, quando l’età, in un certo senso, già poteva essere dai 30 anni in poi, quindi un’età non più veramente giusta, mi sembrava una forma di egoismo, almeno per quanto mi riguarda, mi sembrava che in un certo senso un figlio per me poteva essere solo un qualcosa che mi completasse e quindi era più una motivazione egoistica, appunto. E poi adesso sto con un compagno che ha già una sua figlia e forse era la persona giusta per fare un bambino e però comunque non ci ho mai più pensato.
Per me poteva essere una forma di egoismo perché spesso ho sentito dire: “Sì però almeno ho lui, ho lei”, come una sorta di completamento del proprio essere.
Come se avessi dei vuoti e li dovessi colmare con un figlio, che comunque è lì, è per te, è per sempre.
Rimpianti non ne ho mai avuti, solo il desiderio in alcuni momenti della mia vita, il desiderio di farlo perché avevo trovato la persona giusta, per dargli almeno, come si può dire, almeno la situazione standard: un padre, una madre e l’amore, l’amore dei due genitori. Quando ho trovato questa situazione, tra virgolette standard, era troppo tardi, perché comunque avevo già un’età per cui sarebbe stato difficilissimo, iniziare una serie… ho pure, per un momento, iniziato a fare delle ricerche ginecologiche… però mi sono fermata quasi subito perché mi sembrava veramente una situazione molto forzata, molto forzata su me stessa e forse la motivazione non era abbastanza forte per portarla avanti a livello proprio medico, ecco. Quindi di rimpianti non li ho mai avuti, nemmeno adesso, anzi godo dell’affetto dei bambini delle mie amiche, della bambina del mio compagno, che comunque mi riempie d’affetto e credo che non faccia differenza se sia mio, se appunto è un essere umano che ho generato io o l’ha generato qualcun altro, l’amore non si confronta con il DNA o con qualcosa di fisico, quindi è solo per questo che non ho rimpianti.
Spesso capita appunto di parlare con amiche, con conoscenti, sulla situazione familiare che hai, se hai figli, se non hai figli. Mi capita spesso, che quando sentono che hai 43 anni e non hai figli c’è una sorta di tabù, come se pensassero: “ha avuto problemi, oppure c’è qualcosa che non va” o semplicemente… si capisce che dietro c’è tutto un mondo. Però un po’ per il mio carattere, un po’ per le persone con cui più spesso sono a contatto, vedono che io non ho problemi se loro mi parlano di pappe, di pannolini, perché è lì che secondo me è anche un po’ il tabù: parlare di cose anche quotidiane rispetto ai bambini, rispetto ai figli con una donna che non ne ha. Come se tu, in un certo senso, non potessi comprendere fino in fondo la difficoltà di crescere un bambino, o non potessi comprendere fino in fondo certe sfumature, oppure semplicemente per la paura di ferire, di ferirti rispetto a un qualcosa che tu non hai provato e non proverai mai, non proverai più, però credo che il mio atteggiamento così veramente… perché secondo me il tabù è nelle persone che fanno trasparire questa problematica anche attraverso semplicemente lo sguardo, attraverso la difficoltà nel sentire parlare qualche altra donna che ti parla dei propri figli. Quindi credo che sia nell’atteggiamento e nella serenità che tu fai trasparire rispetto a questo argomento. Non so, ad esempio, quando mi capita invece di stare con altre donne che hanno avuto difficoltà nell’avere figli ma l’hanno cercato fino in fondo, io vedo che gli argomenti diventano tabù, perché lì traspare la sofferenza del non poter condividere certe cose perché non hai potuto, perché non sei riuscita ad avere un bambino. Oppure perché stai soffrendo, perché poi la trafila per chi vuole un figlio e non lo può avere naturalmente è veramente uno stillicidio. E quindi, credo, che il tabù stia in quello: nell’atteggiamento e nella serenità che una donna ha rispetto a questo argomento.
Le mie amiche, le mie conoscenti mi parlano dei loro figli, anche delle cose anche più … dettagli che magari io veramente non capisco, con molta serenità, perché il mio atteggiamento è di totale leggerezza.
Rispetto appunto ad amiche, magari stressate per la quotidianità quindi… vai a prendere il bambino all’asilo poi torna, uno è malato … la battuta: “tu forse non puoi capire perché non hai avuto figli” ogni tanto è uscita, magari da conoscenti, non da persone a me vicine perché mi conoscono quindi non me lo direbbero mai perché sanno che il mio atteggiamento invece… cioè, le comprendo anche se non ne ho di figli, perché è così … mi è capitato ma non mi ha mai fatto soffrire perché è vero. Perché non avendo figli magari alcune cose non le posso, alcune sfumature non le posso comprendere. Però non mi ha mai creato problemi. Perché non mi sento, comunque, meno donna perché non ho figli e non mi sento meno completa e non ho dei buchi dentro perché non ho figli. Mi sento comunque a tutto tondo, fisicamente e interiormente rispetto a questo argomento.
Io credo che a volte sia un modo per colmare dei vuoti, che magari io in passato li ho colmati con il cibo; non so, qualcun’altra lo colma con lo sport estremo e l’estrema cura del proprio corpo e tante, tante ma questo non è mio… non voglio giudicare nessuno, tante questi vuoti li colmano con un figlio.
E forse, anche se in una fase l’ho desiderato, ma l’ho desiderato per una questione di completare una situazione d’amore con il mio compagno, non ho mai avuto quest’esigenza di riempire dei vuoti anche con questo.
Come può essere… per carità non voglio sminuire la forza che può avere un figlio o comunque la bellezza… con colmare i vuoti con altro. Però può essere anche questa la sfumatura.
Io ho una famiglia un po’ particolare, nel senso che il vero nucleo familiare, al di là del mio compagno e di sua figlia, è composta da mio fratello con mia cognata, che anche loro tra l’altro non hanno figli, e mio padre si è risposato perché ho perso mia mamma a 18 anni, si è risposato e vive lontano. È un uomo molto particolare, quindi da questo punto di vista, forse me l’ha detto un paio di volte: “ma non pensi di fare bambini? Mi piacerebbe diventare nonno” anzi mi dice ogni tanto, mi diceva perché adesso a 43 anni credo che si sia arreso, mi diceva: “tuo zio chiede sempre di diventare nonno ai tuoi cugini” quindi lo proiettava verso il fratello e non verso se stesso, però non ho mai sentito questa pressione, tra l’altro proprio perché anche mio fratello con mia cognata che hanno più o meno la mia età, non hanno bambini quindi non c’è questo nucleo familiare composto da tanti figli.
Rispetto, appunto, al dopo mai io credo anche che spesso quando si pensa ai figli o a un figlio si pensa anche alla vecchiaia, ad esempio, a restare solo in vecchiaia perché hai un compagno più grande, o semplicemente … io ho pensato che la mia vecchiaia io la vedo viaggiando, non so come dire, non mi spaventa il fatto di, appunto, non avere qualcuno così vicino e più giovane di te, che in qualche modo ti sia di aiuto. Invece per quanto riguarda i beni materiali, visto che per me sono un qualcosa di veramente lontano dal mio pensiero… questa è la casa dove viviamo io e il mio compagno, è la casa che mi ha lasciato mia mamma, non ho mai pensato, veramente forse in questo momento ci sto pensando la prima volta, a chi resterà, perché è materia quindi per me non ha valore. Cioè, ha un valore adesso perché ci vivo, perché mi rappresenta, perché contiene l’amore mio e del mio compagno, domani per me è polvere.
La mia casa e la casa del mio compagno, ovviamente, sì, mi rappresenta molto. Dopo anni e vari traslochi sono tornata alle origini, perché questa è la casa dove ho vissuto con i miei genitori, da bambina… così.
Solo che adesso sono all’essenza quindi, con pochissime cose, e per me forse pure troppe. E sarebbe così credo anche se avessi avuto un bambino, perché secondo me a volte quando vado a casa di amici o di conoscenti che hanno figli mi sembra una montagna di materiali che in qualche modo… non so un po’ distruggono la creatività di un bambino e un po’ riempiono le case di materiali, di plastica, di materiali di tutti i tipi.
Spesso con amiche che devono fare il trasloco dopo aver avuto due o tre figli veramente servono i TIR perché non riescono a rinunciare al gioco di quando era piccolo o di quando era in fasce e quindi, veramente, quintali di materiale, sembrano isole ecologiche.
Io ho perso mia mamma che avevo 18 anni. Non ho mai pensato se questo evento doloroso della mia vita in qualche modo ha influito sulla scelta o no di avere dei figli; ci sto pensando in questo momento effettivamente. Quindi forse se non ci ho mai pensato tutta questa influenza non l’ha avuta.
Mia mamma era una mamma molto materna sia con noi, ma anche con i figli di amici, con parenti, quindi era una mamma a tutto tondo, a 360 gradi, molto solare e affettuosa. Quindi non so se, forse, tra l’altro, una mamma che si sacrificava molto, quindi forse se l’idea di madre per me poteva essere solo quella e che io, in un certo senso, dovevo, in qualche modo, essere come lei, per essere una mamma vera perché a me ha dato tantissimo anche nel poco che è stata con noi, quindi forse sì, forse ha influito perché per me una vera mamma doveva essere come lei e io in un certo senso, ci ho pensato che non mi sarei potuta dare così per un figlio, forse sì…»
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