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La Lupa Capitolina, tramite la voce di Gisella Vacca, racconta la sua esperienza di “maternità” nei confronti di due cuccioli d’uomo, Romolo e Remo.

La raccolta scritta Monologhi impossibili, raduna le voci, le parole e le idee di tante donne (e uomini) reali e immaginarie, accomunate dalla scelta di non aver avuto figli.
Un bel gruppo di lunàdigas ante litteram.
I Monologhi impossibili, attraverso un viaggio nel Tempo, danno voce sia a reali personaggi storici vissuti in altre epoche quali eroine, dive del cinema, artiste, poetesse, mistiche, banditesse e altre, sia a figure del Mito e dei fumetti, e ancora alle donne e agli uomini della letteratura antica e moderna.
Donne (e uomini) forti e risolute, celebri e non solo, che siano state anche involontariamente un riferimento per la scelta di essere Lunàdigas.
Il titolo Monologhi impossibili si riferisce esplicitamente alla famosa serie radiofonica degli anni Settanta intitolata Le interviste impossibili e da quella prende spunto per far parlare, in forma scritta, donne di tutte le epoche. Frida Kahlo, Dora Maar, Vittoria Colonna, Jane Austen, Barbie, Marilyn Monroe, Dorothy Parker, Maria Callas, Camille Claudel, Rosa Luxemburg, Lucy Van Pelt, Dafne, Hélène Kuragina, Jean D’Arc, Coco Chanel, Francesca Alinovi e molte altre meravigliose donne lunàdigas, tali ancor prima che questa definizione fosse stata inventata.

Il libro Monologhi impossibili rappresenta il contributo che l’autore Carlo A. Borghi ha voluto offrire al progetto Lunàdigas – che lo comprende – per sottolineare quanto la scelta di non esser madri sia stata elaborata e ragionata in modo profondo da tutte le persone che l’hanno abbracciata.

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Ecco la trascrizione completa del video:

LA LUPA CAPITOLINA: «La mia storia vera è che ero una femmina di lupo che per oscuri motivi non partoriva.
Ero una lunàdiga, come quelle pecore sarde che non figliano perché non ne hanno voglia.
C’è da dire che essendo magra e secchetta, i lupi del branco mi disdegnavano e mi scansavano e io me n’ero fatta una ragione e vivevo da signorina.
Il fato ha voluto mettere sulla mia strada, tra il fiume e il bosco, questi due cuccioli d’uomo che voi chiamate Romolo e Remo.
Erano stati partoriti da Rea Silvia, una Vestale che era stata stuprata da Marte.
Li ho trovati lungo il fiume e li ho portati nel mio lupercale.
Mi è piaciuto far famiglia con loro, finché il pastore Faustolo li ha trovati e se li è portati via. Il resto della storia lo conoscete. È storia di Roma.
Anche quei due infanti si erano affezionati a me, ma non sarebbero mai diventati veri lupetti. Confesso di aver sofferto per la separazione.
I lupi del branco mi guardavano storto e pensavano che fossi ammattita a occuparmi di quei due orfanelli.
Tutto il latte che potevo, l’ho dato a loro.
In quei momenti mi sono sentita come una mamma.
Dopo la loro partenza son tornata al fiume in attesa che qualche altro cesto pieno di cuccioli passasse. Non è ricapitato. Si vede che Giove aveva disposto diversamente.
Sono stata la madre surrogata.
Sono stata la madre.
Sono io la madre di Roma.»

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