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Vanessa Podda dà voce al monologo impossibile di Lilith. Lilith, antitesi di Eva, è un personaggio mitologico e archetipico traversale a più culti e religioni del mondo. Risalente già al III millennio in Mesopotamia, la sua iconografia condensa un tipo di femminilità considerata negativa: chiamata anche “Luna nera”, il suo spirito di ribellione, la sessualità disinibita e la libertà d’azione rendono Lilith una figura demoniaca e ibrida, i cui attributi si mescolano con quelli di un animale. Descritta con artigli da rapace e ali da pipistrello, capelli rossi e occhi infuocati, Lilith ha ispirato, in epoca moderna, artisti che ne hanno rielaborato i tratti e amplificato il fascino.

La raccolta scritta Monologhi impossibili, raduna le voci, le parole e le idee di tante donne (e uomini) reali e immaginarie, accomunate dalla scelta di non aver avuto figli.
Un bel gruppo di lunàdigas ante litteram.
I Monologhi impossibili, attraverso un viaggio nel Tempo, danno voce sia a reali personaggi storici vissuti in altre epoche quali eroine, dive del cinema, artiste, poetesse, mistiche, banditesse e altre, sia a figure del Mito e dei fumetti, e ancora alle donne e agli uomini della letteratura antica e moderna.
Donne (e uomini) forti e risolute, celebri e non solo, che siano state anche involontariamente un riferimento per la scelta di essere Lunàdigas.
Il titolo Monologhi impossibili si riferisce esplicitamente alla famosa serie radiofonica degli anni Settanta intitolata Le interviste impossibili e da quella prende spunto per far parlare, in forma scritta, donne di tutte le epoche. Frida Kahlo, Dora Maar, Vittoria Colonna, Jane Austen, Barbie, Marilyn Monroe, Dorothy Parker, Maria Callas, Camille Claudel, Rosa Luxemburg, Lucy Van Pelt, Dafne, Hélène Kuragina, Jean D’Arc, Coco Chanel, Francesca Alinovi e molte altre meravigliose donne lunàdigas, tali ancor prima che questa definizione fosse stata inventata.

Il libro Monologhi impossibili rappresenta il contributo che l’autore Carlo A. Borghi ha voluto offrire al progetto Lunàdigas – che lo comprende – per sottolineare quanto la scelta di non esser madri sia stata elaborata e ragionata in modo profondo da tutte le persone che l’hanno abbracciata.

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Ecco la trascrizione completa del video:

LILITH: «Sono Lilith. Quando sentono il mio nome tutti pensano a un mostro che porta disgrazie. Una megera da esorcizzare con acqua santa e crocifisso.
Di me si dicono cose orrende e sconce. Dicono che farei eiaculare gli uomini che dormono da soli, e che da quel seme perso nascerebbero demoni pronti a riprodurre il male. Secondo le leggende primigenie, quello sarebbe il mio modo di partorire. Solo qualcuno, a bontà sua, mi descrive come incarnazione della beltà femminile e del creato intero.
I preraffaelliti mi vedevano così, come una bellissima Lilì.
Devo ammettere che mi piacerebbe, ogni tanto, somigliare proprio alla Lilì di quella canzoncina, quella “na na na na na na, na, na na na na na na, na”. Invece sono sempre l’arpia: il mostro alato con lunghi capelli rossi, gli occhi iniettati di sangue, sempre pronta ad accapigliarsi e accoppiarsi brutalmente con chiunque.
Non ricordo di aver mai fatto figli: da me, figli, non ne possono proprio venire.
Sono scappata dal paradiso terrestre ben prima della cacciata dei progenitori. Da quel momento, tutta la natura è diventata mortale. Io, che ne sono uscita in anticipo, sono rimasta tale e quale: immortale e ubiqua, che vi piaccia o no.
Certo, sono una donna fuori dai canoni: di avere residenza fissa non mi importa.
Sono stata partorita da uno sbuffo della terra quando si era appena addensata su se stessa.
Quando Adamo mi ha visto, è rimasto sbigottito. L’ho mollato al suo destino di progenitore.
Perché questa è la mia natura, mica quella di Lilì la smorfiosetta.
Per me l’albero della conoscenza è il corpo in tutte le sue parti, soprattutto le più intime.
Lì, si trova la fonte dell’ebrezza, quella che fa vorticare il sangue e che profuma come ambrosia.
La vera conoscenza, è la metamorfosi.
Io, Lilith, sono psichedelica e psicotropa. Ma non ho mai fatto del male a nessuno. Lilì, pff.»

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