Radikha, docente a Essen, riflette sulle condizioni delle donne senza figli nel suo paese d’origine, l’India. Per scelta o per impossibilità, le donne indiane che non vivono la maternità subiscono forti pressioni e sono emarginate a livello sociale e nel contesto familiare. Dall’altra parte, la condizione di povertà porta diverse donne a praticare la maternità surrogata, mettendo sul mercato il proprio corpo. Il dibattito sui diritti riproduttivi in India è ancora piuttosto lontano.
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Ecco la trascrizione completa del video:
RADHIKA: «La donna che decide di non avere figli, è considerata un’aberrazione. Non è una cosa considerata normale dalla società. Ci sono infatti molte parole usate nelle lingue indiane, quasi tutte lingue hanno un termine dispregiativo, per definire le donne che non hanno figli. In Hindi si usa la parola “bunch” che significa vuota. Si intende “vuota” con un’accezione estremamente umiliante. Lasciando intendere che queste donne non hanno un vero scopo nella vita, come un albero che non dà frutti, per cui è un albero che non serve a niente.
A livello culturale ci si aspetta che per una donna, dalla prima infanzia fino alla sua morte, la maternità sia una parte integrante della sua esistenza. Per cui decidere di non avere figli, è come andare contro a tutto il sistema culturale. Ma alcune donne prendono questa decisione. Per esempio ci sono molte donne che hanno elaborato a fondo questo pensiero, che hanno rifiutato il patriarcato, che hanno immaginato un mondo diverso, dove possono vivere una vita indipendente, donne che hanno deciso di non avere figli, e io sono una di quelle, che ha deciso di non avere un figlio proprio. Ma non è considerata come una cosa normale da fare, infatti anche i tuoi familiari e “le persone che conosci, pensano che tu non abbia tutte le rotelle a posto. È considerata come una cosa anormale, per esempio come se qualcosa non funzionasse nella tua testa. “Come fai a non volere un figlio? Tutti lo vogliono”. “È lo scopo della vita stessa, quello di portare avanti la vita”. “Perché non vuoi avere figli”? Questi sono tra i commenti più gentili.
Ma poi ci sono le persone che vivono nel quartiere, che vanno da mia madre e le dicono: “Ma perché non ha figli? Cos’ha che non va?” E continuano a farle pressioni.
La gente le chiede sempre: “A quando la buona nuova? Quand’é che potremo festeggiare con i confetti?” È come se non potessi avere una vita felice e le persone ti compatiscono.
Perciò quello che succede a persone come mia madre, che non può comprendere questo tipo di decisione, è quello di sentire la pressione causata dall’aspettativa sociale. Infatti molte persone che conosco, che non hanno avuto bambini, non per scelta, ma per problemi di natura biologica o altro, molte di queste donne non si sentono più sicure di sé, perché non sono riuscite ad avere figli e cadono in depressione. Nonostante abbiano una vita propria, un lavoro e siano donne indipendenti, il fatto di non avere avuto figli, a causa delle aspettative sociali e culturali, le fa sentire sotto pressione per non aver procreato.
Al contrario di donne come me, che hanno deciso di non avere figli, e ci sono delle ragioni. Fin da piccola ho sempre pensato di non avere bisogno di un figlio mio per sentire l’istinto materno. Posso provare l’amore materno in molti modi differenti. E ho pensato che avrei provato a creare delle comunità per questo. Ma dato che gran parte della società pensa che questo sia anormale, ti ritrovi sempre a cercare di dare spiegazioni alla gente, anche se in realtà a loro non interessa molto capire, perché ci vedono comunque “vuote.”
Infatti molte donne che non hanno figli, finiscono per essere compatite, costrette a autocommiserarsi. E questo ha un impatto molto negativo sulla propria autostima. Anche per donne come me, che hanno scelto di non avere figli, in modo consapevole. Intorno a te trovi sempre qualcuno che ti giudica perché non ti sei presa le tue responsabilità, perché vuoi essere libera. Ti considerano egoista. Anche se sei responsabile per molte atre cose, questo non è considerato sufficiente, perché non hai ricoperto quel ruolo specifico. Credo di aver creato relazioni basate sul senso materno con molte altre persone e organizzazioni, ma in qualche modo non produce lo stesso tipo di reazione. E c’è una forte pressione per cercare di adeguarsi alla comunità, per esempio nel modo in cui socializzare con gli altri, e ti senti sempre un po’ un pesce fuor d’acqua.
Io lavoro all’Università e sono docente, e nonostante questo, devo continuamente ripetermi perché ho preso questa decisione, a causa della forte pressione sociale. Penso che per le donne in situazioni meno privilegiate, una comunità come Lunàdigas potrebbe aiutarle ad emanciparsi, presentando questo stile di vita come una reale possibilità. È una scelta che le donne possono fare. Quella di avere o meno un figlio, di decidere autonomamente cosa fare con il proprio corpo, e anche quella di creare altri tipi di relazioni sociali che magari esulano dai rapporti biologici, ma sono basate sull’amore, sulla condivisione e la collaborazione. Può rivelarsi assolutamente necessario, per le persone che non hanno figli, può dar loro forza. Una nuova forma di famiglia, sarebbe importante.
Attualmente in India, molte cose stanno tentando di riportare le donne tra le mura domestiche, una di queste è fare figli e prendersi cura di loro. L’accudimento dei figli è una cosa molto privata. Non è un’esperienza condivisa, ma rimane in una sfera molto privata all’interno del nucleo familiare. Per cui credo che [il film] provocherebbe molta indignazione, ma credo che se è una comunità basata sulla solidarietà, può essere un buon punto di partenza per parlarne all’interno del gruppo.
Stavo pensando che trovo interessante quante persone hanno questo tipo di idee e pensieri. Ricordo per esempio questa compagna, molto tempo fa, negli anni ’70, aveva deciso di non portare avanti una gravidanza, e aveva abortito. Poi molti anni dopo, quando il suo corpo non era più in grado di procreare, quando aveva circa sessant’anni, mi ha detto: “Ora sento la mancanza di un figlio.” Non era un rimpianto con amarezza, le dispiaceva non aver avuto un figlio, perché pensava che sarebbe stato un forte legame con il suo compagno. Ma questo è un altro modo di pensare ai figli. La decisione di non avere figli quando era giovane, proveniva da un altro contesto della sua vita. Credo che le donne attraversino delle fasi in cui desiderano dei figli, e poi scelgano di non averne. Per cui per questo tipo di riflessioni che facciamo continuamente, all’interno di ambienti dove si possono esprimere queste idee, sarebbe molto utile avere questo tipo di piattaforma. È rassicurante. Quando prendi una decisione al di fuori delle norme sociali, senti il bisogno di porti delle domande, tanto quanto senti il bisogno di parlarne con altre. Perché stai cercando di vivere una vita al di fuori degli schemi.
Nel mio paese non è bene accetto. Il mio è un paese molto grande, ci sono molte culture differenti, è una comunità molto variegata. Nonostante questo, in tutto il paese, la scelta di non fare figli non è vista di buon occhio. E spesso non la si considera neanche come una decisione della donna, perché le donne non hanno neanche il diritto di gestire i loro corpi, in molte parti del paese. Per cui la decisione di fare o meno dei figli, è un dibattito ancora lontano. Oggi molte donne, a causa della povertà, si vedono costrette ad “affittare” il loro corpo, per fare figli, come madri surrogate. È un po’ come esternalizzare il proprio istinto materno, così che altre donne possano riceverlo. È realmente una situazione complicata, dove non solo c’è un elemento culturale, ma si evidenzia anche come il capitalismo si sia infiltrato dei corpi delle donne. Per cui è veramente uno scenario molto complesso.
Ma nei confronti delle donne che non hanno figli, ci sono due tipi di reazioni: da una parte veniamo compatite, e dall’altra invece c’è risentimento. Una sorta di avversione verso di noi, colpevoli di non aver fatto il nostro dovere. Anche tra le donne in carriera, quelle che hanno un lavoro di un certo rilievo, il pensiero comune è che se una è così concentrata sulla propria carriera, e dedica tutto il suo tempo al lavoro, avere un figlio o meno non fa nessuna differenza. E le donne che non hanno figli vengono emarginate da parte delle donne che hanno figli e che ne parlano sempre. Malgrado il fatto che una donna senza figli, può provare amore nei confronti dei bambini, come chiunque altro. Ma a questo tipo di amore non si dà valore, a meno che non sussista un elemento contrattuale. Anche gli uomini guardano alle donne senza figli, e che sono attive nella vita sociale e politica, pensando che lo facciano perché non hanno figli, per cui non hanno fatto il loro dovere di donna. Questa è la tendenza generale. Ci sono alcune persone che considerano queste donne libere, indipendenti e autonome, che si divertono molto nella loro vita, proprio perché non hanno figli.
Gli altri tipi di relazioni non sono considerate allo stesso livello, perché è una società tradizionale che accetta solo un modello di famiglia tradizionale. Per cui dovremo creare noi le nostre comunità.»
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