Loredana Reppucci, una delle prime donne a lavorare nell’informatica anche per Piaggio e Olivetti, oltre che imprenditrice, racconta la sua vita: molte soddisfazioni lavorative che le hanno permesso di essere nella parte della dipendente prima e in quella del capo dopo, in modo da avere ben chiaro l’impegno che per una donna può essere un figlio, oltre che nella vita anche nel lavoro. Racconta anche di suo marito e dell’altra sua passione, la scrittura, con la quale cerca di sensibilizzare sulle tematiche mondiali.
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Ecco la trascrizione completa del video:
LOREDANA REPPUCCI: «Beh è una condizione… uno stato di grazia, visto quello che vedo nella società di oggi penso che avere dei figli sia una grossa responsabilità e anche una grossa preoccupazione. É proprio per sfuggire a questo tipo di preoccupazione che fin dall’inizio ho scelto di non assumermi la responsabilità di dare la vita a delle persone la cui esistenza potrebbe anche non essere quella – sicuramente non quella – che un genitore si augura insomma.
È chiaro che l’abbiamo deciso assieme, mio marito ed io. Il primo motivo è stato quello che a noi interessava soprattutto poter stare insieme noi due, non sentivamo la mancanza di qualcun altro per casa insomma. Comunque ci siamo dati un’idea: “proviamo un po’ di anni e poi vediamo”. Però poi un po’ per egoismo, e forse anche un po’ per altruismo – per egoismo nel senso che ci piaceva molto vivere, fare quello che volevamo: andare, venire, viaggiare, tentare avventure professionali di ogni genere, e diciamo nello stesso tempo altruista sempre nei confronti di questo essere da mettere al mondo, di cui qualche volta non siamo sufficientemente convinti di fargli un regalo. Cioè non sappiamo dire se la vita è proprio un regalo. Oggi sicuramente meno di ieri, però anche ai miei tempi la vita cominciava già a mostrare dei lati abbastanza preoccupanti per le generazioni future. Un po’ per l’ecologia e un pochino anche per la mancanza, la perdita di ideali insomma della vita.
Tutte le volte che vedo le mie amiche con i figli dico: “Meno male che io ho fatto questa scelta!”. Mai, mai pentita di questa scelta.
Praticamente appena laureata, dopo qualche mese di insegnamento che comunque non era la mia ambizione maggiore, ho partecipato ad un concorso per i primissimi computer in Italia. Ce ne erano soltanto tre. I primi computer Olivetti, chi ha visto il film di Olivetti ha visto anche quella specie di mostro sul quale mi son trovata a lavorare, e nonostante che fossi donna sono arrivata prima su una buona serie di maschi. Ho trovato anche un’azienda che stranamente ha accettato il fatto di prendere la prima arrivata anche se era di sesso femminile. Mi sono fatta abbastanza onore, anzi sicuramente; mi hanno molto apprezzata ed è stata una soddisfazione diciamo che comunque è sempre stata tenuta sotto controllo da parte dei miei datori di lavoro: se si andava in chiesa, quando mi sono sposata se ero andata a fare il corso dal parroco e queste cose qui. Praticamente all’epoca se non avessi fatto questa scelta di sposarmi in chiesa, se avessi voluto, per esempio, sposarmi solo in Comune, certamente non mi avrebbero tenuta credo.
Praticamente sono stata assunta in un’azienda che comunque ha tenuto soprattutto conto della mia vita privata, oltre che del fatto che fossi arrivata prima ad una selezione diciamo. E questo credo che… il dire che non avrei fatto figli sicuramente non sarebbe stato gradito e non avrei avuto la posizione che ho avuto insomma.
Beh sono stata anche imprenditrice e quindi ho avuto moltissime donne come dipendenti e dico la verità che ho pagato il prezzo dei figli di tutti gli altri; per fortuna non c’erano miei ecco. Certo questo è un limite, un limite della società e anche un limite forse di non avere strutture che possano consentire ad una madre di lavorare avendo dei bambini piccoli, ecco.
Per fortuna sono cresciuta in una famiglia estremamente liberale e anche mio marito, malgrado sia siciliano, è molto molto aperto. Mi ha sempre appoggiata in tutte le mie avventure professionali, di qualunque natura, non mi ha mai limitata. Quindi non ho sofferto di critiche da parte di nessuno. Le amicizie fanno dei discorsi appunto di eredità: “per chi lavori, per chi lo fai”, io dico: “egoisticamente io lavoro per me e dopo di me il diluvio“.
Non frequento tantissime persone, non mi trovo in grandi assembramenti di chiacchiere, comunque non ho nessuna difficoltà a spiegare il perché, anche a dire che c’è sicuramente una buona dose di egoismo in questo perché non lo voglio nascondere.
L’egoismo di non voler soffrire in quanto, se è vero quello che si dice e credo che sia così, una madre soffre per i figli più che per se stessa, credo che non sia il caso di trovare motivi per soffrire di più. Eliminato un problema penso che sia meglio che averlo. Questa è la mia idea egoistica. Altruistica nel senso che, perché solo per il gusto di avere il bambinetto da mostrare intelligente e bello, il più caro di tutti eccetera, creare una vita, mettere al mondo qualcuno che forse non incontrerà una società come quella… magari neanche come quella che avevamo già noi che era molto meglio di questa. Forse tutti i vecchi dicono così, però credo che, obiettivamente, la società di ieri era più gratificante di quella di oggi, se non altro per il lavoro, per…
Mia nonna era una donna intelligentissima, era un’artista, era estremamente aperta pur essendo molto rigorosa con se stessa, quindi abituata ad un rigore ad una correttezza assolute, però nello stesso tempo la massima libertà, di pensiero e anche di scelte di vita. Quindi una persona che è sempre nella mia mente insomma. Mia nonna che poi era tra l’altro una scrittrice di drammi, alcuni sono stati letti alla Rai, non erano tempi come oggi per le donne; e mi ha sempre suggerito di scrivere in quanto era una dote, un po’ abbastanza naturale per me. Quindi questa è una delle cose che ho fatto pensando a lei.
Diciamo che ho avuto un fratello più piccolo di 13 anni e io avevo 13 anni quando lui è nato, di conseguenza è stato un po’ la mia bambola viva, e ne ho avuto anche abbastanza dal punto di vista materno. Mi è sembrata un’esperienza gradevole ma da non ripetere insomma.
Sono stata affezionata a delle dipendenti magari giovanissime che potevano avere preoccupazioni di lavoro, ma in genere è sempre stato un rapporto molto formale ma corretto, nel senso che le ho apprezzate, sono stata apprezzata, c’era molta stima ma affetto penso no. Insomma affetto… una stima affettuosa diciamo, ma non sicuramente un senso di considerare questa persona come una figlia o una nipote o comunque come una persona che fosse qualcosa di più che una dipendente.
Beh magari, come diceva lei, una tazzina, una ricetta di cucina, un’abitudine, un modo di fare, ecco a queste cose sono affezionata ma questi non sono quasi mai beni tangibili, di conseguenza non hanno un valore materiale o monetizzabile; semplicemente dei principi, non so, quello per esempio di stare molto attenti alle cose che si mangiano, prendere cose sane piuttosto che solo buone. Ecco tutte queste cose sicuramente sono cose che ho ereditato e che avrei trasmesso a qualcuno, però, come dico, non sono monetizzabili, questi valori insomma.
Ho avuto l’occasione di fare moltissime esperienze nella mia vita. Esperienze di società, di come è il mondo, non positive, cioè ho seguito proprio questo impoverirsi della società, della mente, della scuola, dello studio, della cultura e praticamente nei miei libri c’è sempre una protesta, almeno nei miei ultimi libri c’è una protesta contro qualche cosa che c’è nella società e che non va, e diciamo quello che è l’attore principale del mio libro è quello a cui presto le mie idee sostanzialmente; è una contestazione più o meno velata sulle modalità di vita di oggi, di stupro della natura, di non capacità di includere gli altri nel proprio essere, di non poter accettare una persona con il colore della pelle diversa, a priori.
Beh, finito il libro è finita anche l’eredità però diciamo mi fa piacere che sia apprezzato questo lato dei miei libri. Scrivo dei thriller ma non sono dei libri di uno 007 che le vince tutte, che alla fine fa giustizia, una specie di Rambo. No, non sono cose così; spesso il mio eroe è un non-eroe, è uno che tenta di cambiare una società e non ci riesce; è un incitamento a qualcuno, se capisce il messaggio, ad andare controcorrente un pochino, contro tutte queste azioni che non sono sicuramente, non si può dire immorali o morali di queste azioni, ma sicuramente vanno contro l’umanità. Come l’inquinamento, come le bombe, come diciamo anche la stessa… dare alla donna questa poca importanza, mentre invece nell’universo la parte femminile è molto importante, anzi forse è la più forte, malgrado che si creda che sia più forte l’uomo.
Si abbiamo avuto due gatti: uno lo abbiamo preso di scelta, e uno ci è stato regalato; in tutti e due i casi abbiamo sofferto moltissimo quando questi due animali sono morti, di conseguenza abbiamo deciso che non avremmo mai più preso animali per evitare questa sofferenza.
Non lo tocco quasi mai questo, non è significativo per me questo. Mi considero una single che ha un ottimo marito.»
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