La scrittrice Melissa Panarello racconta del suo complesso rapporto con la madre e di come questo abbia influito, sia negativamente che positivamente, nella sua vita e nelle sue scelte.
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Ecco la trascrizione completa del video:
MELISSA PANARELLO: «Sono Melissa Panarello, sono una scrittrice e ho ventotto anni. Sulle donne che non vogliono avere figli non ho un’idea precisa, so soltanto che per quanto mi riguarda non ho questo tipo di problema, se di problema si può parlare. Non credo appunto che sia un problema, anzi credo che ogni donna debba decidere per sé, e ognuna ritaglia il proprio spazio di libertà che più crede adeguato a sé stessa e al proprio corpo. Non ho mai giudicato le donne che decidono di non avere figli, le donne che non li hanno. Forse sono più giudicante verso quelle donne che hanno avuto figli e che forse sarebbe stato meglio non li avessero avuti. Ecco, quindi sono un po’ più dura rispetto a quel tipo di maternità che a una maternità non voluta.
La mia esperienza personale infatti è che… sono stata cresciuta da una madre che probabilmente non voleva dei figli, molto giovane, nata e cresciuta in Sicilia dove fare figli è quasi un obbligo; molto giovane appunto, a vent’anni ha avuto me, sono stata la sua prima figlia e probabilmente non era quello che voleva. In quel caso mi sono chiesta più volte: e se avesse potuto decidere? Se avesse potuto dire: “io non voglio un figlio”? . Forse sarebbe stata lei una donna più felice, e io sicuramente non sarei nata, però probabilmente, ecco lei, sicuramente, sarebbe stata una donna più felice.
Mia madre è una donna estremamente adolescenziale, incapace, secondo me, di prendersi delle responsabilità, e quindi nel momento in cui le proprie figlie sono cresciute – siamo io e mia sorella – ha deciso in qualche modo di bloccare la nostra crescita, non farci diventare donne, perché questo la metteva di fronte al proprio fallimento di donna che non è riuscita ad evolversi. Questo sicuramente ha creato degli scompensi, come è normale pensare. Io poi ho fatto il mio percorso, mi sono presa le mie responsabilità di figlia prima e di donna dopo. Però è molto difficile smettere di essere figli quando una madre non vuole figli, non so come dire, è una cosa molto complessa e molto complicata insieme.
Venivano chiamate “mule” quelle donne che non potevano avere figli e per le donne che invece non volevano avere figli non c’era neanche un termine perché era una cosa talmente inconcepibile che non esisteva proprio nel linguaggio una cosa del genere. Però nonostante questo chi non poteva avere figli era vista come comunque una donna colpevole a prescindere, anche se la problematica dipendeva non da una propria volontà ma da un problema fisico, biologico. Figuriamoci appunto se non ne volevano avere. Ovviamente c’erano anche al tempo, non so esattamente come facessero a mentire sulla propria non volontà di fare figli, perché era appunto una colpa molto grande. Per così tanto tempo la donna è stata vista come colei che metteva al mondo dei figli quindi c’era soltanto quello, l’idea di non voler fare neanche quello veniva vista ovviamente come una deresponsabilizzazione rispetto al proprio ruolo, al proprio stare al mondo.
Io e mia sorella siamo nate da una costrizione e questo credo che crei enormi sensi di colpa ai bambini nati da una madre che non li voleva. I bambini nati da una madre che non li voleva, crescono a mio avviso con un grave senso di colpa nei confronti del mondo, perché è come se io mi fossi imposta nella tua vita e non mi andava di farlo, non mi va di farlo e quindi qualsiasi cosa io faccia nella mia vita mi sentirò sempre in colpa perché ti sto obbligando a fare qualcosa che tu non vuoi fare. Nel mio caso appunto è sempre stato molto così, pur inconsciamente ho sempre sentito un forte senso di colpa verso le persone, le circostanze, come se gli altri non mi volessero e quindi dovevo cercare in tutti i modi di conquistarli, di conquistarmi il posto che volevo occupare, proprio perché sono stata una figlia non voluta. Sebbene poi mia madre per certi periodi e a modo suo abbia cercato di amarmi, di amarci, però era pur sempre una donna che non voleva dei figli, quindi non poteva non ritenerci colpevoli, non poteva non ritenerci “sbagliate” nella sua vita e ce l’ha fatto capire in tutti i modi, soprattutto quando siamo cresciute. Lì poi è subentrata anche una competizione femminile. Quindi noi diventavamo donne e lei si ritrovava in casa con due donne da combattere in qualche modo, eravamo il nemico e questo ovviamente ha nutrito ancora di più i sensi di colpa.
Forse perché nata da una non-volontà, ho sempre voluto avere dei figli, da quando sono molto giovane, dall’età di sedici anni, mi sono sempre vista come madre e credo anche che sarei una buona madre. Non mi confronto tanto con l’immagine negativa di mia madre. O meglio, mi confronto distaccandomene. Ovviamente farò delle cose così come le ha fatte lei, è normale. E’ ovvio, siamo comunque cresciuti con quel tipo di educazione, con quel tipo di atteggiamento. Però credo anche nella catarsi, credo anche nella morte e nella resurrezione delle cose. Quindi credo che la mia famiglia, la famiglia che costruirò potrà essere molto diversa dalla mia, voglio che sia diversa. Quindi ovviamente ho una volontà in questo senso.
Io per tre anni ho cercato di avere un figlio da una persona che non andava bene, che nonostante io fossi convinta fosse la persona giusta con cui fare un figlio, il mio corpo ha deciso che non era così. Io credo moltissimo che il corpo decida per te quando tu non sei capace di farlo, decida quando è giusto o non è giusto fare qualcosa, quando sei completamente annebbiato, quando non hai più la cognizione delle cose, è il corpo che ti dice che cosa fare. E a me in quel caso ha detto di non fare dei figli con questa persona. Quindi si è proprio chiuso.
Le ovaie hanno deciso per me, le mie ovaie ad un certo punto hanno smesso di funzionare e si sono riattivate quando io e questa persona ci siamo lasciate. Quindi è stato un messaggio estremamente chiaro e da allora ho sempre fatto caso ai segnali che il mio corpo mi dà, soprattutto l’apparato riproduttivo, è sempre un campanello d’allarme, è sempre molto collegato al cuore. Credo che ogni volta che qualcosa nel cuore non funziona si riversa sull’apparato riproduttivo, l’ho testato diverse volte. Questa è stata ovviamente la volta più eclatante, e anche in questo caso mi ricorda l’esperienza di mia madre. Mia madre, come dicevo prima, per tre anni non è riuscita a concepire perché appunto non voleva dei figli. Quindi ad un certo punto è stata costretta a farli e quindi il corpo ha funzionato a quel punto. Però prima, quando la sua coscienza non era definita, quando la sua volontà non era definita, il corpo non ha funzionato rispetto alla domanda che veniva fatta, la risposta è stata vuota.
No, io francamente non ho mai messo in parallelo tutto questo perché credo che la discriminante sia la responsabilità. Con le cose che faccio, con le cose che produco, che creo non ho un senso di responsabilità, o meglio ce l’ho fino ad un certo punto, poi me ne distacco: quando ho finito un romanzo e lo do all’editor o lo presento in giro, non è più roba mia, quindi non ho più un senso di responsabilità verso quella cosa li. Con i figli credo che questo non succeda. Credo che la prima cosa che un genitore ha verso un figlio, e un figlio anche verso un genitore, è il senso di responsabilità. Quindi non metterei in parallelo le due cose per quanto mi riguarda. E soprattutto non ho quella forma di affezione con le cose che scrivo, con le cose che creo: all’inizio si, all’inizio li tratto un po’ come amanti appena conosciuti, quindi sono molto appassionata, dedico loro tutto il tempo, concedo tutto di me… dopo un po’ mi annoiano, quindi ho bisogno di passare ad altro. Con un figlio credo che questo non sia possibile ma non sia neanche concepibile, credo, emotivamente. Probabilmente mi annoierò di mio figlio se sarà una persona forse troppo stupida o troppo noiosa, potrà succedere anche questo, però, ecco, non li metterei insieme.
Il rapporto con i gatti è un rapporto devo dire un po’ morboso. Quindi se vogliamo parlare di rapporto con i figli sono un po’ i miei figli ma non mi lancerei così tanto in alto. È un rapporto molto morboso, soprattutto con lei. Io ho quattro gatti, lei è molto attaccata a me al punto che non riesce ad andare via, non riesce a distaccarsi e non so perché, anche in questo caso vedo molto lo specchio del rapporto fra me e mia madre. È come se io, avendo lei in casa, avessi un po’ riversato questo rapporto un po’ malato che ho avuto con mia madre che era di estremo odio da una parte, di estrema cattiveria da una parte, ma di grande, di grande coesione, di grande attaccamento. Era come se il cordone ombelicale non si fosse mai staccato.
E con lei è un po’ questo rapporto, è come se avessi riversato quindi, avessi ripulito quel sangue infetto grazie al mio gatto. Ma non li vedo come miei figli, me ne prendo cura come mi prendo cura di qualsiasi cosa che sia viva. Quindi anche di una pianta, ma non li vedo come dei figli. Ogni tanto gioco dicendo: “ciao sono arrivata, sono la mamma”, ma non mi ci sento.
In Sicilia il rapporto è molto più ancestrale, madre e figlio, madre e figlia sono… non solo legati, uniti, ma è una presenza fissa nella tua vita. La madre non ti lascia mai, non ti abbandona mai, non ti lascia mai solo con te stesso invece in giro ho sempre notato delle madri che ti affidano tranquillamente all’amica per andare a fare la spesa o ti lasciano in camera tua senza bussarti continuamente, in Sicilia questo succede molto meno, poi, ovviamente ci sono i casi a sé ma, diciamo che in generale, l’atteggiamento è un po’ questo. È come se la madre dovesse occupare continuamente lo spazio della tua vita, come se volesse sempre diventare qualcuno o qualcosa attraverso te che sei figlio. E questo è, ovviamente, molto asfissiante.
Tutti i tabù hanno bisogno di essere sviluppati. Questo continua purtroppo ad essere un tabù, come lo è quello delle madri cattive. Non si può dire che una donna non può avere figli, non si può dire che una donna è cattiva con i propri figli. Questo non è vero, perché la realtà è completamente diversa da quello che tutti noi pensiamo sia giusto, quindi sono convintissima che sia un argomento fondamentale ma per la propria coscienza e per una coscienza femminile in generale. Quindi sono assolutamente d’accordo con lo sviluppo del tema.
Ho anche diverse amiche, diverse persone nella mia vita che hanno scelto di non fare dei figli e io appunto non le ho mai giudicate, non ho mai visto una cosa strana, una cosa di cui parlarne, perché mi sembra talmente ovvio che ognuno possa decidere per sé, che ognuno possa vedersi in un ruolo o in un altro che non mi sono neanche mai posta il problema.»
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