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Michael racconta della sua vita e della sua omosessualità in relazione all’avere figli, di come questa condizione sia cambiata nel tempo e dei vari ruoli che si possono ricoprire pur non essendo genitori.

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Ecco la trascrizione completa del video:

« Io non sarei una lunàdiga nel senso stretto della parola, forse si può considerarmi un lunàdigu, invece sono omosessuale e non ho mai avuto figli.
Quando Marilisa e Nicoletta mi hanno chiesto di partecipare nel progetto ero molto stupito, direi. Ci ho riflettuto e ho accettato e sono molto contento di dare la mia testimonianza.
Quella stessa sera sono andato a letto e non ci ho pensato tanto, poi mi sono alzato la mattina era come se tanti pezzi che avevo dentro di me, che erano sempre stati lì, si fossero messi tutti insieme perché non mi ero mai proprio chiesto se avessi mai voluto dei figli. Lo vedevo un po’ come condizione del fatto di aver accettato la mia omosessualità all’età di 20 anni più o meno, che all’epoca non era possibile immaginare di avere figli; questo all’epoca, mi ricordo, che era un fatto diciamo scontato della mia scelta, che non è una scelta, di accettarmi. Comunque adesso nel mio Paese, negli Stati Uniti, è possibile avere figli in diversi modi; anche in altri Paesi, invece qui in Italia non è proprio possibile ancora.
Da dove cominciare? Io comincerei pensando ai possibili motivi e alle ragioni che avrebbero potuto spingermi a voler avere dei figli, all’epoca o anche nella vita.
Il primo motivo potrebbe essere per esempio di voler continuare, di dare in eredità, di far continuare il cognome, o dare un patrimonio a qualcuno. Nel mio caso non c’entrava questo, non avevo tanto patrimonio: io ho dei fratelli, mia sorella ha dei figli, anche mio fratello.
Un altro motivo può essere anche – non voglio sembrare strano, però magari narcisista: che io voglio creare un’altra copia di me e praticamente così duro nell’eternità. In inglese si dice legacy, sarebbe una specie di lascito, lascito astratto di te che continua nel tempo; non mi sembrava, all’epoca ero troppo giovane per pensare una cosa simile.
Cos’altro potrebbe essere un motivo? Un altro motivo potrebbe essere di creare legame forte con una persona, diciamo una specie di amore senza condizioni, un senso di sicurezza, sapere che il legame prescinde, trascende tutti gli altri legami affettivi che magari si incontrano nella vita; quello mi sarebbe molto piaciuto sicuramente, quello mi sarebbe molto piaciuto però non sarebbe motivo abbastanza per volere perché comporta un sacco di responsabilità che non è proprio il mio forte, la responsabilità spesso non è il mio forte.
Un altro motivo potrebbe essere – cioè non proprio motivo, faceva parte del mio pensiero un po’ precedente all’accettarmi diciamo: avevo avuto rapporti con ragazze – ho anche avuto un rapporto stabile con una ragazza, e siccome i miei genitori erano molto giovani quando mia madre rimase incinta di me, c’era sempre questa ansia, diciamo così, in famiglia di stare molto molto attenti. E quindi diciamo poteva succedermi una specie di incidente, come a mia mamma e così via, quindi se in quella finestra di tempo dove io avevo rapporti con ragazze ci fosse stato… io stavo molto attento, diciamo così; non volevo diventare papà anche quando potevo diventarlo, diciamo.
L’ultimo secondo me è connesso con il rapporto effettivo verso, per esempio, il mio partner: io sto con il mio partner da ventun anni, insieme; lui è sardo, siamo insieme da ventun anni e magari, siccome per la maggior parte della gente che sento il figlio spesso completa la coppia, non sempre, però è qualcosa che magari ci avrebbe dato qualche marcia in più. Poteva essere una specie di investimento futuro per noi, nel senso che adesso che io sto per compiere cinquant’anni e il rapporto va col tempo, spesso vedo nelle coppie, avendo dei figli, dà una boccata di aria fresca nel rapporto che col tempo va scemando diciamo così, che va coltivato. E poi è una cosa da condividere con la persona che ami.
Essere padre, secondo me, o genitore in generale – non voglio escludere anche le lunàdighe – essere padre significa per me tipo di avere un sacco di sfaccettature verso i figli: nel senso che devi avere certi ruoli, devi essere autoritario, devi sgridare qualche volta, ma non è la prima cosa; devi amare, sicuramente; devi ascoltare, devi dare consigli, devi essere anche giocherellone qualche volta; devi insegnare, devi educare, quello è molto importante; devi fungere da esempio, devi essere quello che impartisce anche tante conoscenze che verranno percepite o no però questo io ritengo che il ruolo del papà o del genitore è quello.
Io come ho conciliato tutta questa cosa, non sapendo se veramente avrei voluto figli o no? La domanda mi è rimasta ancora qui, questa domanda per me è molto fresca ancora.
Io faccio l’insegnante, insegno nelle scuole dell’infanzia sino alle superiori e anche oltre, anche adulti e secondo me questo ruolo paterno forse l’ho sublimato: non so, mi sono calato nel ruolo di genitore, cercando… non lo so, perché non sono i miei surrogati, non sono mai surrogati, sono consapevole di questo. Però io ho tutti questi ruoli con tutte le persone che incontro durante la mia professione, sia adulti sia bambini, e ne ho avuti un sacco, contatti con un sacco di persone – non vorrei esagerare però se non migliaia in vent’anni di carriera, di professione, forse addirittura decine di migliaia di persone – senza esagerare, però facevo dei conti stamattina, i conti sono arrivati più o meno così.
Ecco, se c’è il fatto di lasciare qualcosa, un’eredità o un lascito personale, credo di averlo già lasciato. Secondo me è questo… ecco la domanda avere figli o non avere figli, ne ho in un certo senso e non mi pesa.
Io e il mio partner, cioè io ho avuto dei gatti, però i gatti non sono molto comunicativi, i gatti sono solitari. Però il padre del mio compagno è venuto a vivere con noi direi sette anni fa – non sono sicuro con le date, però sette anni fa – e portò con sé questa cagnolina. Io ero molto restio all’inizio, cioè la nostra vita di coppia naturalmente è stata un po’ sconvolta con l’ingresso di mio suocero in casa, anche lui sardo, sardo un po’ verace. Praticamente lui portò con sé questo cagnetto, io ho detto: “aiuto! un anziano in questo appartamento più questo cane?
io non ho mai avuto dei cani; no, o l’uno o l’altro, cioè impossibile”. Sembra un cliché, che tutti i gay poi si innamorano dei cani che diventano una specie di figlio e così via, però mi ha veramente cambiato la vita questo cane. Perché quello che ho detto prima, è diventato un punto focale, come un figlio surrogato in un certo senso che ci dava questa boccata di aria fresca in mezzo a questa triangolazione della nuova famiglia che è stata creata con mio suocero. Ecco, forse mi sono già spiegato, credo che sia abbastanza chiaro quello che volevo dire. Comunque mi sono totalmente innamorato e mi ha cambiato la vita, purtroppo a giugno ci ha lasciato, ha lasciato un grande vuoto che spero che in qualche maniera si risolverà.
A metà degli anni Ottanta ero un ventenne, studente universitario, e mi sforzavo di capacitarmi del mio orientamento sessuale; accettandolo capivo che avrebbe portato una conseguenza anche, diciamo, un po’ sofferta, il fatto di dover rinunciare ad avere figli. Adesso non è più così.
Io credo che ogni essere umano, genitore o no, abbia, diciamo, la volontà di lasciare qualcosa alla generazione che viene dopo di noi. Io come mestiere faccio il maestro di lingua inglese e questo mestiere mi permette di fare proprio questo. Per carità, non voglio dire che i miei studenti sono come i miei figli. Con loro riesco a lasciare proprio un segno, credo, e questo viene ripagato con affetto e rispetto reciproco che dura anche nel tempo. Questo lasciare un segno a me dà un senso nella vita. È molto appagante, è molto bello. »

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