Coco Chanel, grazie alla voce di Michela Sale Musio, racconta la sua vita da donna in carriera a metà Novecento in una Parigi in continuo fermento, culturale e artistico. Tra vestiti, profumi e teatro, chi ha tempo di dedicarsi ad altro!
La raccolta scritta Monologhi impossibili, raduna le voci, le parole e le idee di tante donne (e uomini) reali e immaginarie, accomunate dalla scelta di non aver avuto figli.
Un bel gruppo di lunàdigas ante litteram.
I Monologhi impossibili, attraverso un viaggio nel Tempo, danno voce sia a reali personaggi storici vissuti in altre epoche quali eroine, dive del cinema, artiste, poetesse, mistiche, banditesse e altre, sia a figure del Mito e dei fumetti, e ancora alle donne e agli uomini della letteratura antica e moderna.
Donne (e uomini) forti e risolute, celebri e non solo, che siano state anche involontariamente un riferimento per la scelta di essere Lunàdigas.
Il titolo Monologhi impossibili si riferisce esplicitamente alla famosa serie radiofonica degli anni Settanta intitolata Le interviste impossibili e da quella prende spunto per far parlare, in forma scritta, donne di tutte le epoche. Frida Kahlo, Dora Maar, Vittoria Colonna, Jane Austen, Barbie, Marilyn Monroe, Dorothy Parker, Maria Callas, Camille Claudel, Rosa Luxemburg, Lucy Van Pelt, Dafne, Hélène Kuragina, Jean D’Arc, Coco Chanel, Francesca Alinovi e molte altre meravigliose donne lunàdigas, tali ancor prima che questa definizione fosse stata inventata.
Il libro Monologhi impossibili rappresenta il contributo che l’autore Carlo A. Borghi ha voluto offrire al progetto Lunàdigas – che lo comprende – per sottolineare quanto la scelta di non esser madri sia stata elaborata e ragionata in modo profondo da tutte le persone che l’hanno abbracciata.
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Ecco la trascrizione completa del video:
COCO CHANEL: « Numéro Cinq, la Quinta Fragranza: la mia quintessenza femminile per donne moderne che non stanno mai ferme nei salotti. Sono Coco Chanel, ho inventato un nuovo modo di vestire, simile alle forme del cubismo, sintetico e pratico. Una specie di cut-up a colpi di forbice, con i numeri non si scherza.
Sono morta nel 1971 a ottantasette anni, quindi ho visto e capito tutto. Non ho mai tenuto conto degli amanti che ho avuto, certamente più di cinque, più di nove e più di diciannove, il numero che ho dato all’ultimo dei miei profumi. Il diciannove è il giorno della mia nascita, in agosto. Di figli non ne ho mai voluto sapere, mi è bastata la storia di mia madre Jean che morì spossata da troppe gravidanze, a trentadue anni.
So che è strano, ma non ho mai saputo disegnare né cucire. Sapevo tagliare, questo sì, e sforbiciare abiti addosso a un corpo vero di donna. Anche con i capelli ci ho dato un taglio quando me li sono bruciati: taglio corto alla maschietta con frangetta corta, e sotto la frangia via bustini, corsetti e impalcature. Il corpo sta dentro a un tailleur asciutto e un tubino nero. Le petite robbe noir: filante, come un auto sportiva. Un piccolo cappellino di paglia su quel taglio corto, due gocce di Numéro Cinq ed è tutto nuovo, nuovissimo.
Ho conosciuto Picasso e Cocteau ma non mi sono fatta impressionare, tantomeno mettere incinta. Con Stravinskij ho avuto una certa relazione ma tutto è finito lì, nonostante il suo “Uccello di Fuoco”.
Io sono come la bottiglia del mio Numéro Cinq, senza grazie, un monolite. Non sono mai stata materna. I miei tanti amanti non mi sono serviti per mettere al mondo un figlio; ho dedicato loro un profumo, Pour Monsieur, nel 1955. Nel 1922 avevo vestito L’Antigone di Cocteau, l’ho sentita vicina. Sono Coco Gabrielle Chanel. »
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