skip to Main Content

Nora e Annarita, insegnanti in pensione, si confrontano su come le loro differenti esperienze nei confronti della maternità – l’una madre di un figlio voluto, l’altra con un percorso di ricerca di indipendenza da ogni ruolo –  abbiano ripercussioni sulla loro vita di coppia.

Vuoi ascoltare e leggere altre testimonianze? Sostieni l’archivio vivo di Lunàdigas!

Ecco la trascrizione completa del video:

NORA: «Mi chiamo Nora, sono un’insegnante di filosofia, sono in pensione da 5 mesi. Direi che vivo questa nuova dimensione molto problematicamente perché lo studio della filosofia e l’insegnamento della filosofia sono state la cosa – diciamo – più importante della mia vita.»
ANNARITA: «Sono Annarita, ho fatto l’insegnante di base per trentacinque anni. Ho insegnato alle centocinquanta ore e poi alla scuola media divertendomi tantissimo fino a quattro anni fa quando sono andata felicemente in pensione e posso dedicarmi a fare tante altre cose che mi piace fare tipo ballare, cantare, ascoltare musica, leggere e raccogliere narrazioni.»
NORA: «Sai che l’altro giorno mi hanno proposto di parlare dei motivi per cui non ho avuto figli. Mi ha fatto moltissimo piacere e contemporaneamente però mi ha colpito perché come tu ben sai questa cosa è nodale nella nostra relazione. E quindi, insomma, in effetti mi piacerebbe molto se questo parlarne fosse in forma proprio di dialogo. Perché moltissime volte ho desiderato proprio che questa cosa potesse diventare un po’ pubblica, che uscisse proprio dal privato perché forse questo ci può aiutare.»
ANNARITA: «Mah insomma aiutare… sì affrontare un nodo, un nodo di differenza: tu figli non ne hai perché non ne hai voluto, e io invece ne ho uno perché l’ho voluto. È una differenza non da poco… Poi…»
NORA: «Di per sé è una differenza splendida perché questo farebbe supporre che siamo due donne libere che a un certo punto della vita hanno fatto questa scelta che è differente per ciascuna di noi, però poi nelle relazioni pesa molto e può togliere la libertà a seconda, non trovi?»
ANNARITA: «Beh sì, sì certo toglie la libertà, avere un figlio in una certa misura toglie la libertà questo è vero non disponi totalmente come tu ben sai…»
NORA: «No, io volevo dire il contrario: volevo dire che avere tu un figlio non toglie la libertà a te, la toglie a me…»
ANNARITA: «Eh certo!»
NORA: «Ecco.»
ANNARITA: «Certo!»
NORA: «E questo perché secondo te? Cosa succede?»
ANNARITA: «Eh succede che io entro come… entro in una dimensione che tu non condividi, non.. neanche comprendi forse a fondo, ecco io… non è che poi ne abbiamo mai ben parlato perché tu non hai voluto avere figli. Perché?»
NORA: «Guarda questa cosa…»
ANNARITA: «Quando, quando hai deciso? Perché poi tu sei precoce in tutto, quindi immagino che all’asilo già tu abbia deciso, non so in quale momento e perché questa decisione. Io questo bene bene non l’ho mai capito, perché…»
NORA: «Ma in fondo è semplice guarda…»
ANNARITA: «Mah!»
NORA: «Io tutto sommato faccio coincidere, adesso poi naturalmente è una ricostruzione della mia storia alla luce anche del presente, perciò…»
ANNARITA: «Beh certo!»
NORA: «… è difficile rintracciare esattamente le tappe, però posso dire che la scelta di non avere figli è stata una costante nella mia vita direi da quando ho lasciato il liceo, sono andata all’università, mi sono iscritta in filosofia e ho deciso che la mia più grande aspirazione era costruirmi una libertà nell’ambito della quale io potessi prima di tutto render conto soltanto a me stessa, intanto dedicare il mio tempo allo studio, alla professione, e poi è diventato anche un impegno politico. Però prima di ogni altra cosa io ho sognato di non svolgere più alcun ruolo e che non venissi vista e interpretata partendo dal ruolo, ecco quindi già sai il ruolo di figlia…»
ANNARITA: «C’era già abbastanza!»
NORA: «… è stato un compito piuttosto impegnativo, per cui dico tutto sommato non mi è rimasto il tempo di fare la madre perché ho fatto la figlia. Però insomma a parte gli scherzi ecco proprio essere madre è una.. è un impegno, chiamiamolo così, una responsabilità che ho ritenuto di non dover assumere perché ne ho altre, ne avevo altre, e ne ho scelto altre soprattutto. Ecco quello che io lamento delle donne che hanno avuto figli, quantomeno della maggior parte e tra queste ci sei tu purtroppo, è che il figlio comunque ha sempre la priorità su ogni altra cosa. Anche sulle cose che si afferma siano essenziali per la propria esistenza, poi compare il figlio e improvvisamente io, in questo caso, divento una conseguenza, cioè divento un elemento secondario e questo indipendentemente dalla mia disponibilità ad essere una conseguenza. Questo in un certo senso te l’ho rimproverato e continuerò a rimproverartelo finché campo, perché quando compare tuo figlio è come se io mi dovessi in qualche modo volatilizzare: è così, te lo giuro.»
ANNARITA: «Beh non ho motivo di negarlo, se tu lo vedi così, certamente. Però cioè… certo è un dispiacere, perché invece per me avere un figlio è stato in qualche modo credo – poi certo ci ho ripensato nel tempo, allora quando ho fatto questa scelta non.. certamente non ero consapevole – un modo per .. invece, come una sfida, un senso di avventura nel senso di utilizzare e sperimentare questa possibilità che ogni donna ha e che mi sembra comunque bellissima, ma contemporaneamente non farmi assorbire totalmente da questo. Quando parlo con mio figlio, con Stefano, e gli dico: “ma guarda io sono fiera del fatto che credo non ho mai avuto la sensazione di aver fatto un sacrificio per te”, nel senso di aver rinunciato a delle parti importanti di me, poi magari sarò stata una madre molto imperfetta, magari certamente avrò avuto delle carenze, però sono sempre stata attenta ecco a non… a non giocarmi la mia libertà per il fatto… cioè di riuscire a tenere assieme le due cose. E lui mi dice “macchè, ma quando mai, cosa vuol dire, non hai fatto nessun sacrificio, io lo so”, insomma che io mi ricordo che alcune, cioè le amiche gli amici andavano in giro io non potevo c’era il figlio, tra l’altro… insomma anche allevato, non posso dire da sola, no non posso dire da sola, però comunque insomma in un’assenza.. senza una condivisione costante con suo padre, e perciò qualche difficoltà. Però sacrifici no, quindi il fatto che tu mi dici il figlio davanti a tutto… »
NORA: « Li avevi riservati per me i sacrifici.»
ANNARITA: «Ma no!»
NORA: «Me li hai, me li hai…»
ANNARITA: «Eh, purtroppo questo lo sappiamo che è il nodo, che saremmo andate, cioè non… meno male che siamo intelligenti perché nonostante questa incomprensione andiamo d’accordo.»
NORA: «Meno male che siamo intelligenti e che ci vogliamo molto bene direi perché insomma altrimenti la nostra storia sarebbe finita da molto tempo.»
ANNARITA: «É un po’ dura, però è vero, è vera questa cosa, cioè una parte di verità in quello che tu dici c’è, nel senso…»
NORA: «No una parte è una verità molto precisa e assolutamente degna del massimo rispetto.»
ANNARITA: «Degna del massimo…»
NORA: «…ogni tanto ho pensato che, in fondo, ma questo l’ho sempre pensato…»
ANNARITA: «É una verità parziale…»
NORA: «…sai che le donne che hanno figli comunque abbiano un riconoscimento da parte del sociale – ma è ovvio quello che sto dicendo è una banalità -, che le donne che non hanno avuto figli devono conquistarsi in un altro modo. Cioè per esempio adesso ti racconto una storiella che è buffa: in una scuola, un liceo in cui ho insegnato quando ero giovane, metti che avessi trentacinque anni, ero circondata da donne, anche intelligenti, che però avevano figli, tutte. Il risultato era che si parlava sempre, anzi parlavano sempre dei loro figli anche nei viaggi perché eravamo pendolari, cioè era un’angoscia, non si poteva parlare d’altro e poi loro…»
ANNARITA: «No, anche di mariti si poteva parlare.»
NORA: «Certo, certo però insomma stando al tema è irrilevante in fondo il marito. Allora per esempio io dicevo perché non organizziamo una cosa col cinema. In quel tempo, anzi non solo in quel tempo, sempre insomma, io arrivavo con il proiettore: proiettavamo cinema, proprio cinema a scuola e quindi mi serviva tempo nel pomeriggio però eravamo pendolari dicevo: “Perché non organizziamo una cosa facciamo un pomeriggio alla settimana…?” “Eh no tu, te lo puoi permettere perché non hai figli”. Oppure: “Perché non facciamo un consiglio di classe in più che potrebbe essere importante…” “Eh no tu te lo puoi permettere perché…” Beh insomma ero talmente stufa di questa cosa che un giorno in sala dei professori dico: “Sentite io vi devo fare una confidenza, voi non lo sapete ma io sono stata una ragazza madre!”
“In che senso?”
“Sì, sì io in realtà ho una figlia che adesso c’ha dodici anni, l’ho avuta che ero molto piccola, insomma ero proprio una ragazza, e non la racconto questa cosa, non la racconto, credo che sia una cosa molto, molto personale però insomma io la figlia ce l’ho”.
Ecco qua tu non hai idea sono cambiati gli sguardi, improvvisamente tutte mi guardavano in un altro modo, con un interesse! E quindi dicevo il fatto che io abbia una figlia non vuol dire che non possa venire un pomeriggio per proiettare, che ne so Allonsanfàn. Insomma questa cosa l’ho tenuta per qualche giorno riscuotendo un successo infinito e poi ho dovuto convenire…»
ANNARITA: «… e poi hai dovuto confessare.. che eri una bugiarda!»
NORA:  «… sì… no che era stata così una provocazione, tanto perché si rendessero conto che la mia immagine ai loro occhi si trasformava soltanto in base a questo elemento, avere o non avere I figli. Sì è stato interessante e mi ha fatto pensare molto.»
ANNARITA: «Va beh poi.. non basta essere madre per mettersi al riparo da questo genere di sanzioni sociali perché devi essere una brava madre abnegata. Io non sono stata una brava madre, lo sai bene, cioè non sono stata considerata; per me, per mio figlio tutto sommato sì, e sono contenta di questa scelta.
Ma a te che cosa ti ha dato la tua scelta di non avere figli? A me quella di averne, almeno uno, mi ha dato tanta forza, e a te?»
NORA: «Ma io la forza naturalmente l’ho trovata in altre dimensioni. Intanto ho sempre avuto proprio un desiderio, un’aspirazione, un’ambizione ad essere indipendente, cioè proprio indipendente! Io ho deciso proprio che la cosa più bella che io potessi costruire nella mia vita fosse proprio saper contare su di me, proprio su di me. Sai mi viene in mente Teresa D’Avila, sai quando dice alle sue sorelle che si deve descrivere un piccolo cerchio intorno a sé e impedire a chiunque di oltrepassarlo. Cioè ecco quel piccolo cerchio per me è una dimensione interiore dentro la quale davvero io faccio i conti solo con me stessa, che non vuol dire non essere nel mondo, perché io con questo piccolo cerchio ci sono nel mondo, è come diciamo attraverso anche i quaderni di Diotima “io mi devo mettere al mondo”. Cioè prima di mettere al mondo il mondo, per esempio un figlio, io ho pensato che dovessi mettere al mondo me, e quest’impegno mi ha catturato talmente tanto che sono ancora qui che ci provo. Mi spiego? Ma la forza mi viene proprio da questo volere e poter mettermi continuamente alla prova di me stessa, è ovvio poi nel mondo e quindi tu ben sai che poi la forza vera e propria la trovo nelle relazioni che intesso con le altre, in particolare con donne, e questo mi viene anche dal femminismo; però prima di ogni altra cosa davvero io posso dire che aldilà di qualunque scuola e di qualunque scelta politica, io questo desiderio l’ho inseguito per tutta la vita: poter contare prima di tutto su me stessa senza confondermi con nessun’altro essere umano
ANNARITA: «Ma questo un figlio non te lo… non te lo impedisce, non te lo impedisce in alcun modo.»
NORA: «L’invasione non accade, sicura?»
ANNARITA: «Ma avviene che sperimenti e te la giochi e ti metti alla prova rispetto alla dipendenza che per me è altrettanto interessante…»
NORA: «Certo!»
ANNARITA: «…che l’indipendenza; anche la dipendenza è una dimensione molto utile da scandagliare e che poi anche lì vedi appunto, ti misuri e la forza è lì, cioè…»
NORA: «Sì.»
ANNARITA: «Però io non ci posso credere ma possibile che a te non ti è mai venuta la tentazione, l’idea un attimo in qualche maniera di avere un figlio dai?»
NORA: «Un attimo. Guarda un attimo te lo confido, un attimo è accaduto. Avevo circa trent’anni, però si incrociava con i valori politici del tempo e siccome si parlava tanto di tutti i bambini orfani bla bla su tutto il pianeta…»
ANNARITA: «Che anni erano scusa, trent’anni?»
NORA: «L’ottanta…»
ANNARITA: «L’ottanta.»
NORA: «Sì, circa gli anni Ottanta. Insomma avevo pensato che a quel punto che avendo io un posto fisso e non avendo figli e non avendo impegni di nessun tipo a quel livello, magari avrei potuto… avrei potuto adottare una bambina e garantirle una vita decente, farla studiare e non so crearle, darle le condizioni di una vita decente. Ecco questo l’ho pensato per un attimo, le leggi peraltro non me lo potevano permettere, ai compromessi non sono mai stata disponibile per cui è finita lì.»
ANNARITA: «Non se n’è fatto nulla.»
NORA: «… ma veramente era più che altro una questione politica. Tra l’altro tra parentesi mi chiedo con quale coraggio tante donne come te mettano al mondo in questo mondo, in questo mondo, delle creature che non hanno nessuna colpa.»
ANNARITA: «Ah, ci saremmo estinti sai da quanto se delle donne… tutte le donne avessero fatto questo ragionamento. Io non credo che ci sia un momento, un mondo.»
NORA: «Beh poteva essere una bella soluzione!»
ANNARITA: «Oddio no, no dai no!»
NORA: «No eh, scherzo, del resto io ringrazio molto mia madre che se non fosse per lei io non sarei qui…»
ANNARITA: «Esatto non ci saresti neanche tu. Ammettilo.»
NORA: «Però insomma proprio perché lei ci ha messo molto di suo, io ho pensato di fare qualcos’altro.»
ANNARITA: «Insomma guarda per me la cosa importante è che ogni donna abbia davvero la possibilità di scegliere. Non esiste una scelta migliore dell’altra.»
NORA: «Sì, sono d’accordo.»
ANNARITA: «Non credo proprio.»
NORA: «Questo sì.»
ANNARITA: «E purtroppo su questo dobbiamo lavorare ancora tantissimo.»
NORA: «Dobbiamo lavorare tantissimo però guarda io ti dico tutto sommato mi sembra che nonostante gli ostacoli e direi anche grandi lacerazioni, perché ci sono state quantomeno in me, e che ho vissuto come una grande ingiustizia da parte tua nei miei confronti e nei confronti della qualità della nostra relazione, io confermo che, per questa qualità, ancora un pochino di impegno posso mettercelo.»
ANNARITA: «Vero?»
NORA: «Sì, direi di sì.»
ANNARITA: «Sono contenta. Bene.»

Vuoi ascoltare e leggere altre testimonianze? Sostieni l’archivio vivo di Lunàdigas!

Back To Top