Rossella, musicista sarda, parla della sua non-maternità e di come questo le abbia permesso di pensare alla sua vita futura in maniera diversa.
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Ecco la trascrizione completa del video:
ROSSELLA: «Mi chiamo Rossella Faa, ho 52 anni e faccio la musicista.
Non ho avuto bambini e quindi non ne avrò a questo punto. Questa non è stata una mia scelta perché quando avevo 25 anni mi hanno fatto un intervento e mi hanno tolto l’utero e un ovaio perché avevo un principio tumorale e quindi non ne ho avuto per questo. Prima dell’intervento avevo un grande senso materno, cioè avevo tanto desiderio di avere dei bambini, almeno un bambino. E poi quando mi dissero che non ne avrei potuti avere è sfumato tutto in nulla. E io ho sempre pensato che questo fosse un miracolo, come dire un grande dono, perché ho visto tante altre donne trovarsi nella mia condizione di non poter avere figli e di uscire di testa per questa ragione qua. Io invece mi sono sentita veramente molto fortunata per non avere avuto più quel gran desiderio di maternità.
Adesso riguardo questa cosa qua mi sento abbastanza tranquilla, nel senso che guardo le mamme, guardo i bambini, e dico: “che bello, beata!”. Però non mi viene invidia, gelosia, no, no. Non avrei potuto fare il lavoro che faccio se avessi avuto dei bambini per esempio, quindi già questo mi ripaga; il mio lavoro mi ripaga in un certo senso. E poi i bambini sono una seccatura, diciamocelo chiaro: urlano, i panni.
Ho ritrovato il mio senso materno in altre cose. Mi dà un senso di creazione, di figliolanza, generare dei brani di musica. Mi appaga molto questo. E penso che questo potrebbe essere il mio dono al mondo. Il mio piccolo dono al mondo, come è un piccolo dono al mondo fare un figlio. E il dolore però della perdita di bambini veri è sparito. E questo è il grande… di questo veramente sono grata all’universo. Grata all’universo, sì.
A volte do molto affetto ai miei allievi e mi rendo conto anche di dargli qualcosa di più di quello che si dà normalmente, quello che un maestro dà normalmente ad un allievo. In questo senso sì, do qualcosa di materno anche a loro. Non a tutti. Ovviamente.
In uno spettacolo che faccio c’è un brano che si intitola “Nieddu”, che vuol dire “nero”, è dedicato ai bambini neri che si sono trasferiti in questo quartiere negli ultimi anni e che sono tanto bellini, da morire proprio, e le mamme tutte colorate con i chicchirichì’ in testa, che camminano, e loro sono tutti bellini, colorati, meravigliosi. E quando presento questo brano nel mio spettacolo, lo presento così, dico: “ci sono tanti bambini in questo quartiere e certi hanno la mamma e certi altri no”; molti di questi bambini non hanno né mamma né babbo, e sono con zii ipotetici, che me li posso solo immaginare. E quindi io dico, se a noi femmine che non possiamo avere figli ci rendessero la vita un po’ più semplice nel ginepraio di pratiche burocratiche legate alle adozioni, se ci rendessero tutto quanto un po’ più semplice, noi saremmo più contente. È troppo difficile adottare un bambino qui in Italia. E poi alla fine in dieci, dodici mesi di pratiche ci hai speso un sacco di soldi, si spende tra i 25 e i 50 mila euro. E io sinceramente preferirei dare dei soldi ad una ragazza che è rimasta incinta nel Burkina Faso, con il Bingo Bongo, piuttosto che darli a tutte queste centinaia di associazioni che ci mangiano sulle adozioni. È un’ingiustizia, alla fine un bambino lo paghi, e non è giusto. E non è giusto.
Una cosa che viene sempre da pensare a chi ha figli è, che sia poi vero o meno, è: i miei figli mi guarderanno quando son vecchia; io ovviamente una cosa del genere non la posso pensare, per cui ho un’altra idea della vecchiaia. E infatti un mio progetto, un mio sforzo, un mio intendimento è quello di riuscire a mettere su una casa di riposo qui in Sardegna. Una casa di riposo per artisti, o comunque per creativi, in modo da poter garantire una vecchiaia serena a delle menti che arrivate ad una certa età non sono da buttare via, ma sono al massimo della loro maturità artistica.
Questo in generale varrebbe per qualsiasi mestiere forse o per molti mestieri. Però a maggior ragione per dei creativi, dove arrivi a 80 anni e se al massimo delle tue potenzialità. Semmai non più fisiche, ma intellettuali sicuramente. E invece si rischia di isolare questa gente in posti, diciamo, poco stimolanti. Quindi mia intenzione sarebbe quella di mettere su una casa per artisti qui in Sardegna: in questo senso sto già iniziando un piccolo lavoro e sto mettendo su un piccolo spettacolo in cui si parla proprio degli anziani, in cui mi voglio proprio rivolgere agli anziani e infatti sarebbe molto divertente riuscire a fare una piccola tournée nelle case di riposo. Non so quanto questo possa essere possibile in termini pratici, anche monetari, perché le case di riposo sono poverissime, o almeno così dicono. Però io voglio riuscire a farlo. Cercherò di organizzare lo spettacolo in modo che sia il più agile e il più economico possibile in modo da farlo funzionare e iniziare proprio a sensibilizzare in questo senso. Non ha senso che proprio in Sardegna dove, anche nelle ultime elezioni si è visto, siamo 1 milione e 600 mila, di cui solo 200mila non votanti, vuol dire che siamo una popolazione di persone grandi e quindi è un bene che va tutelato questo. A maggior ragione per gli artisti. Beh, quanto meno difendo la categoria.
Questo brano si intitola “Ninna Pippìa”, che vuol dire “ninna nanna bambina”. L’ho scritta per coccolare quella parte di me piccolina che abbiamo tutti quanti e che è sempre un po’ paurosa, un po’ timida. Io ho bisogno di prendermi cura della mia parte piccola e quindi in questa canzone racconto una storia che raccontava mia nonna e che è questa: c’è un angelo con gli occhi neri che aiuta le bambine che hanno paura. Per chiamare l’angelo con gli occhi neri bisogna mettersi da sole, vicino ad una fontana e cantare una canzoncina, una qualsiasi, chiamando mentalmente l’angelo. L’angelo arriverà, prenderà la bambina sotto le sue ali e in quel momento la bambina dovrà raccontare tutte le sue paure, ma tutte, senza timore. Le paure cadranno in terra, e l’angelo vedendole ne avrà così tanta pena che si metterà a piangere. Cadranno grosse lacrime nere dai suoi occhi, bagneranno tutte quelle paure e le paure inizieranno a germogliare e da lì nascerà “su vedrumento”, vuol dire “la dimenticanza”: quello che hai perduto che non sai neanche tu di aver perduto. Ma nel momento in cui lo ricorderai, tutto si trasformerà in nebbia e sparirà, le paure spariranno. Funziona eh… quasi sempre.»
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