2014. Spogliatoio della squadra di rugby femminile a Verona. Giorgia, Beatrice, Alessia, Veronica, Chiara e Elena si confrontano sul tema della maternità, solo da Giorgia già vissuta. Priorità e progetti di vita, desideri, timori, insicurezze e confronto con la realtà si mescolano nei racconti delle sportive che affrontano anche i temi dell’adozione, dell’interruzione di gravidanza e dei giudizi sulle donne senza figli.
Vuoi ascoltare e leggere altre testimonianze? Sostieni l’archivio vivo di Lunàdigas!
Ecco la trascrizione completa del video:
[parlottio indistinto]
BEATRICE: « … non riesco neanche a cavarmi le scarpe… »
VERONICA: « Oh raga’, sono migliorata… »
GIORGIA: « A fare cosa? … Fai la mamma? »
ALESSIA: « Sì. »
VERONICA: « Bambina Bea. »
ALESSIA: « Però sei femmina, io non voglio una femmina. »
GIORGIA: « Perché? »
ALESSIA: « Perché io voglio un maschio. »
VERONICA: « Sono d’accordo. »
BEATRICE: « Sai che è contro la tua specie quest’affermazione… »
ALESSIA: « … la mia specie… »
[risate]
BEATRICE: « Ok, me le tolgo io… »
GIORGIA: « Perché vuoi un maschio? »
ALESSIA: « Non so, ho sempre voluto un maschio. »
VERONICA: « Perché così gioca di più, va fuori. Corre. »
BEATRICE: « Anch’io ho sempre voluto un maschio. »
GIORGIA: « Io quando ero incinta ho detto: “Sono convinta sia un maschio”. Quando mi han detto: “È una femmina”… “Ma siete sicuri che è una femmina?” »
VERONICA: « Sì, ma la Anna va bene… è superattiva, va benissimo anche una bambina. »
GIORGIA: « Maschio o femmina, basta che ci siano! »
ALESSIA: « Oppure due: un maschio e una femmina, così… »
BEATRICE: « Tanto comunque fino ai tredici anni mangiano e dormono che è una meraviglia. »
[risate]
ALESSIA: « Che bambini hai visto nella tua vita? »
GIORGIA: « … mangiano e dormono? Fanno anche dell’altro. »
BEATRICE: « Nel senso che non ti danno preoccupazioni, dai… »
ALESSIA: « A tredici anni adesso come adesso… »
BEATRICE: « Infatti. Bisogna stare attenti. »
VERONICA: « Guardate la Miriam… l’esempio… »
GIORGIA: « Ragazze ma voi niente figli? Cioè tipo adesso, che ho fatto allenamento, il primo che riprendo dopo la panza – ce ne è ancora un po’-… ma voi niente? Cioè voi ne fareste uno? »
BEATRICE: «Anche cinque. »
GIORGIA: « Cinque Bea? »
VERONICA: « Con la materia prima… »
BEATRICE: « Dove si mangia in uno si mangia in cinque. »
[risate]
GIORGIA: « La materia prima… si può risolvere. »
ALESSIA: « Beh, adesso ce ne ho ventisette di anni, la mia mamma mi ha avuto a trentaquattro… »
CORO: « Ancora c’è tempo… »
TESTIMONE 6: « Allora sono ancora in tempo anche io… »
BEATRICE: « Beh, tu stai scadendo… »
TESTIMONE 6: « Grazie Bea! »
CHIARA: « No, adesso è troppo presto! Ma della serie: per adesso non ci penso neanche; se viene, viene, se non viene va benissimo così. »
GIORGIA: « Sì, ma non è che vengano giù dal cielo i figli. » [risate]
CHIARA: « Può essere… »
GIORGIA: « Può essere… una volta è successo… quella, non in assoluto. Magari può essere che venga giù dal cielo, una volta è successo… »
CHIARA: « Dipende da come va la vita, dipende… cioè non è la mia priorità sicuramente, non ci ho mai pensato. »
GIORGIA: « Ceretta, ceretta… »
CHIARA: « L’ho già fatta, tranquilla… »
GIORGIA: « Ma non ci hai mai pensato perché hai delle altre cose da fare? »
CHIARA: « Sì, do la priorità a me! Cioè almeno penso che… a mio parere prima vengo io, prima vengono i miei sogni, la mia vita, poi se un giorno ci sarà… se sarà il momento… »
BEATRICE: « Se non vengono figli, fa lo stesso. »
GIORGIA: « Se non vengono, fa nulla. »
VERONICA: « Per adesso se non vengono va bene… »
BEATRICE: « … intanto finiamo di studiare dico… »
ALESSIA: « Anche perché adesso come adesso… poi devi pensare che li devi mantenere… che devi avere una stabilità lavorativa, economica, un tetto sopra alla testa. »
BEATRICE: « Beh, guarda Maria, una capanna, un bue…… e l’asino. » [risate]
ALESSIA: « Gli facevano caldo così… »
BEATRICE: « Esatto. »
GIORGIA: « Io non credo però che sia solo il fatto di mantenerli poi, nel senso… è una scelta che tu fai. Io non ho pensato prima di fare mia figlia: “la posso mantenere, non posso mantenerla”. »
ALESSIA: « Però tu eri già sposata, avevi già una casa e tutto… »
GIORGIA: « Sì, però è perché nel mio progetto di vita c’era quello di fare una famiglia. »
VERONICA: « Ma certo. Non stiamo dicendo che nel progetto di vita non ci sia una famiglia, anzi… »
ALESSIA: « Io la vorrò una famiglia ma devi avere una casa… Vabbè, a parte l’uomo… Però [dato] che non ho ancora la casa, lavoro stabile, e tutto quello che vuoi, adesso, forse non sarebbe il caso. In un futuro sì, perché io mi sono sempre vista con una famiglia e dei figli. Col maschio, meglio! »
VERONICA: « Con una squadra di rugby a sette! » [risate]
ALESSIA: « No, insomma… la mia tartaruga ci tiene… »
GIORGIA: « Se fosse questione di fisico e basta… »
VERONICA: « Ma guarda che la tartaruga si rovescia, non è un problema… poi si gira… »
GIORGIA: « Io comunque sono dell’idea che se tu vuoi avere dei figli… cioè io non ho pensato “ho il lavoro oppure non ce l’ho”. Ho detto voglio farmi una famiglia, mi sposo, dopo di che, arrivano i figli, bene! Ne arriva uno, due, tre, quattro, cinque, dieci, quello che saranno… no, forse è un casino, bisogna prendere il pulmino alla fine, però quello che arriva… tant’è che quando mi hanno detto: “Non puoi avere figli”. “Ah bene, e adesso?” – ho detto -, “Francesco cosa facciamo?” Io ho detto: “Vabbè, faccio la maestra, lavoro a scuola, ho i miei cento bambini da seguire… comunque il mio amore, il mio affetto lo posso dare a loro”. »
VERONICA: « Però non è la stessa cosa. »
GIORGIA: « Avere un figlio tuo è un’altra cosa. »
VERONICA: « Sono d’accordo. »
GIORGIA: « Allora ho detto: “Apriamoci alla vita. Arriva o non arriva è lo stesso. Non arriva? Adottiamo, prendiamo in affidamento dei bambini, adottiamo a distanza, facciamo qualcosa, perché qualche cosa da fare c’è!” Poi non è tanto il discorso “non voglio stare da sola”, perché i bambini, comunque, ti possono portare delle difficoltà. »
VERONICA: « Certo. Portano anche un completamento della famiglia, però… »
GIORGIA: « Sì, possono anche creare dei disequilibri, però. »
VERONICA: « Ma certo! Assolutamente sì. »
ALESSIA: « Tra chi? »
GIORGIA: « All’interno della famiglia, perché nel momento che tu vai a crescere un bambino o due bambini, possono esserci malattie, possono esserci deformazioni, possono esserci difficoltà, scelte diverse di educarli anche, quindi devi avere un disegno più o meno comune nel momento in cui decidi di avere un figlio con un’altra persona… »
VERONICA: « O comunque devi essere disposto a dei compromessi su certe cose, cioè è indubbio quello… »
GIORGIA: « Assolutamente. Non è che tu dici: “beh ho fatto un figlio, bene adesso a posto ce l’ho. Punto.” »
ALESSIA: « Sì, non è un oggetto. »
GIORGIA: « Nel momento in cui hai un figlio non sei più tu l’unica persona a cui pensare. Devi pensare prima a lui o lei, quello che arriva, insomma che sia maschio o femmina… e anche a crescerlo, facendolo star bene. Perché mettere al mondo i figli così tanto per farli, no: non sono d’accordo. »
BEATRICE: « Però se capitano… te li tieni. »
GIORGIA: « Sì, però ci sono tanti modi per non farli capitare secondo me. »
BEATRICE: « Sì, beh assolutamente, però può capitare una volta una sfiga nella vita! » [risate]
GIORGIA: « Però vedi, vedi che viene chiamata sfiga? »
BEATRICE: « Sì, però poi è una gioia! »
ALESSIA: « In quello, quando ti capita, quando ti capita… »
CHIARA: « È perché magari tu sei cresciuta con l’idea comunque di voler avere dei figli. »
GIORGIA: « Certo. »
CHIARA: « Io, per esempio, se in questo momento mi capitasse, abortirei, perché cioè… io in questo momento cioè con me stessa, non voglio… cioè voglio fare, cioè in questo periodo la mia vita. Poi se magari fra cinque anni, non lo so, cambio idea allora posso averlo. Almeno sono sempre… »
BEATRICE: « E se poi scopri che è troppo tardi e non puoi più averlo? »
CHIARA: « Ci sono altri modi. »
GIORGIA: « Tipo? »
CHIARA: « C’è l’adozione… oppure… »
GIORGIA: « Sì, però non è che sia così facile! Io conosco famiglie che hanno adottato. »
ALESSIA: « In Italia è difficilissimo! »
BEATRICE: « …e costosissimo tra l’altro! »
GIORGIA: « A parte il costoso, però è difficile. Ci sono percorsi lunghissimi e non è detto che una volta che hai adottato vada tutto bene perché non è il figlio tuo che puoi dire: “Caspita ho avuto questo figlio è un disgraziato, come possiamo essere noi, è mio”. Può capitare che ti arrivi un bambino che magari è stato in un orfanotrofio, che ha vissuto delle situazioni molto particolari e che quindi ti trovi a dover affrontare dei problemi più grandi di te che non ti saresti mai aspettata. »
CHIARA: « Sì, certo. »
GIORGIA: « … che non hai vissuto da quando è nato, perché adottare un bambino vuol dire anche poterlo accogliere quando ha cinque, dieci, quindici anni; fino ai diciotto anni lui può essere adottato e quindi crea ancora più disequilibrio. Perché il momento in cui tu arrivi ad un’adozione che spesso è dovuta… »
CHIARA: « Sì, ma comunque tu parli, stai sempre parlando all’interno di una famiglia, cioè, di comunque… »
GIORGIA: « Ma l’adozione mica la puoi fare da solo. Almeno, in Italia non funziona così. »
ALESSIA: « In Italia non puoi. »
BEATRICE: « Una volta sì, potevi! »
ALESSIA: «Devi essere sposato da tot. anni, ti fanno dei test, delle prove, vengono a vedere dove vivi… »
VERONICA: « … un periodo poi se va bene, bene… se no… »
ALESSIA: « Mia cugina ha aspettato… penso quindici anni, ormai aveva perso le speranze; dopo mi pare dieci anni l’hanno chiamata e detto: “Ti abbiamo accolto la richiesta però devi venire in Thailandia a prendere il bambino”. Sono partiti subito. Hanno preso due settimane di ferie perché devi andare là, fare due settimane di prova. All’inizio lui penso fosse in orfanotrofio. È andata là, ha dovuto fare, tipo, tre giorni che il bambino stava lì. Loro andavano determinate ore, stavano lì con lui. Poi lo hanno portato – penso – in albergo, altre due settimane per vedere se si adattava con la famiglia e poi, dopo tutti i vari milioni di carte, sono riusciti a portarlo in Italia; però non è una cosa così facile: dopo dieci anni che tu aspetti, ormai te la sei messa via, non speri nemmeno più… ti chiamano: è ovvio che sia una gioia immensa, però non è proprio così facile.
Poi pensa a una mamma che non può avere figli: fa una richiesta, dopo dieci anni, insomma, non ha la stessa età che aveva quando ha fatto la richiesta dieci anni prima… »
BEATRICE: « … ma non c’è egoismo in nessuna delle due scelte. Cioè è una scelta personale. Sarebbe egoista da parte sua impedire a me di avere figli al massimo se io ne volessi. E io al contrario. Cioè… »
VERONICA: « O giudicare qualcuno per la scelta che fa. »
BEATRICE: « Esatto, cioè, se uno vuole tanto una cosa non posso chiamarlo egoismo. »
VERONICA: « Certo. »
BEATRICE: « Lei non ne vuole, non ne avrà; non mi ha fatto certo del male perché non vuole avere figli. Come quell’altro non mi ha fatto male andando in Thailandia a prendersene su due, tre, quattro, dodici, cioè. Nel senso… se è un desiderio così forte in entrambi e una persona non si sente adeguata o, non lo so, all’altezza di essere madre o padre… perché mettere al mondo figli per poi educarli male? »
GIORGIA: « Io sono di quell’idea lì. Piuttosto di fare figli giusto perché bisogna farli è meglio non farli. »
BEATRICE: « Sì, sì. »
CHIARA: « Semplicemente non ne sento il bisogno. Cioè almeno…. io, cioè ho sempre vissuto con tutto il gruppo degli amici dei miei in cui c’era una coppia all’interno del gruppo, che non ha mai avuto figli, e non… cioè non è mai… quando ero piccola non ho mai chiesto perché loro non ne hanno. Cioè è venuto fuori proprio l’altro giorno, quando ho ricevuto la richiesta tramite mail, che mi è venuto… mi si è accesa la lampadina e sono andata a chiedere a mia madre, e penso che sia stata una delle coppie più belle all’interno di tutta la compagnia, perché proprio ha sempre viaggiato, è sempre andata in Thailandia, in Vietnam, a viaggiare nelle vacanze di Natale… però non è mai stato… cioè è sempre stato molto normale, probabilmente perché ho avuto un’educazione molto aperta e libera su vari livelli, anche sulla famiglia. »
GIORGIA: « Sì, ma io non sto criticando il fatto che uno possa averne o non averne; io sono dell’idea che tutti possano averne e tutti possano non averne. È una scelta personale che vai a fare. E non dico che le coppie senza figli siano meglio o peggio delle coppie con figli. Quindi ci sono coppie che non possono averne e coppie che non vogliono averne. Però non credo che sia egoistica né una scelta né l’altra. Secondo me diventa egoistica nel momento in cui io penso solo a me stesso e non al bene del bambino. Allora, tu hai detto: “io non ne voglio avere adesso”. Ok perfetto. È una scelta tua. Può essere vista come egoistica o non egoistica; per me non lo è, è una scelta personale. Però se io dico voglio assolutamente avere figli, non mi interessa come vivono, non mi interessa come vengono fuori però devo averli a tutti i costi, questa è un’altra cosa. »
CHIARA: « Certo. »
GIORGIA: « … cioè devo essere aperta alla vita. Io sono aperta alla vita, arriva, bene, l’accolgo e la vivo a pieno; non arriva? Vuol dire che il disegno su di me è stato fatto in questo modo qui. Posso avere un figlio, posso averne due, posso averne dieci, bene; quello che deve essere, sarà … posso averne zero… e a me dispiace. Infatti, una per fortuna già ce l’ho, vediamo se arriva anche il fratellino… »
ALESSIA: « Maschio… » [risate]
GIORGIA: « La prima assomiglia tutta al papà, magari uno che assomigli a me… »
ALESSIA: « La femmina assomiglia al papà, il maschio assomiglia a te… »
GIORGIA: «Però son sicura di averla fatta… »
VERONICA: «E si chiamerà Giorgio… »
GIORGIA: « No, è già il nonno… »
ALESSIA: « Giorgio nonno, Giorgia mamma, Giorgio figlio… basta… »
VERONICA: «Giorgino… »
ALESSIA: « ‘Zitella’ è una che non ha figli… »
BEATRICE: « Beh, io conosco poche coppie… »
VERONICA: « E tendenzialmente ‘vecchia zitella’ di solito lo dai a una persona che rompe veramente le balle… »
BEATRICE: « No, però dici ‘zitella’ a una persona che… in modo dispregiativo. »
VERONICA: « Indipendentemente dal fatto che sia sposata o che abbia figli. »
GIORGIA: « Zitella è una che non è sposata. »
VERONICA: « Sì, ma quando dici “quella zitella acida” di una persona che non conosci, di solito non sai se è sposata, se ha figli, a prescindere… »
CHIARA: « È vero. »
GIORGIA: « Io non lo uso per una a caso, così. »
VERONICA: « No, intendo, una che ti ha fatto uno sgarbo o che, che non conosci… »
VERONICA: « La mia famiglia viene dalla montagna, tipo c’erano delle signore che non avevano figli in montagna. Io mi ricordo quand’ero piccola, erano definite tipo “zie”, cioè un modo più affettuoso che altro. Perché magari nel momento in cui non so, non c’era la nonna – perché era mancata la nonna -, la zia diventava come una nonna. Ecco. Non so… ad esempio quando eri a giocare nel… – io mi ricordo ero piccola -, a giocare nella piazza del paese, delle persone che si preoccupavano per te, cioè, normalmente come se fosse una nonna, ma non era la nonna. »
BEATRICE: « Ma era, cioè… una tua parente di sangue? O… »
VERONICA: « Mah indipendentemente fosse una zia mia che seguiva anche gli altri bambini che stavano lì o una zia di un altro, di un altro amico o amica, che comunque facevano parte dell’ambiente familiare sostanzialmente, perché… »
GIORGIA: « Secondo me l’epoca, tra virgolette, che abbiamo vissuto noi, quando eravamo bambine, e l’epoca che vivranno i miei figli e i figli delle altre sono diverse. Allora, quando eravamo piccole noi giocavamo fuori, e allora tutte quante potevano essere le zie, piuttosto che le nonne, piuttosto che la mamma che ti guarda. Adesso stanno tutti quanti in casa, con il tablet, con il telefonino, con la televisione. Guarda, è una cosa pazzesca. »
CHIARA: « Io, la coppia dei miei amici, adesso che mi ricordo, cioè… tuttora, anche quando li incontro per strada li chiamo ‘zio zia’, però è sempre stato nella compagnia, cioè non sono mai stati così presenti nella mia infanzia, però sono sempre stati… non so, una coppia un po’ intrigante, il modo in cui avevano la casa… »
GIORGIA: « …non a portata di bambino, ecco… »
VERONICA: « Un posto diverso da quello in cui sei cresciuta. »
CHIARA: « Esatto. »
BEATRICE: « Ma io non ho mai conosciuto coppie; cioè… mia zia non è sposata, non ha figli né niente. Io da quando sono piccola l’ho sempre chiamata ‘mamma, mamma’ perché è una seconda mamma. Lei c’è sempre, è la sorella di mia mamma, non ha voluto vivere una vita di coppia, non ha avuto figli e ha noi. Quando è nato mio fratello, che è più grande, lei aveva diciott’anni e praticamente siamo come se fossimo suoi figli. Però non ho neanche mai sentito che volesse … mah, non gliel’ho neanche mai chiesto se avesse voluto figli, in un altro… in un’altra vita, non so. »
CHIARA: « Sì, ma non è una cosa che la guardi in maniera diversa. »
BEATRICE: « No, no assolutamente, anzi se non ci fosse lei la vita non sarebbe la stessa… tutte le mance e i regali che mi fa. [risate]
No, scherzo!
Se no veramente non conosco nessuna coppia che non abbia voluto figli.
Non so se è perché è una cosa talmente tradizionale. Mah, sicuramente la religione soprattutto in Italia fa tanto. C’è la visione: cresco, il periodo della pubertà, trovo il moroso, mi sposo, ho dei figli poi muoio… dei nipoti e poi muoio. Dei pronipoti. [risate]
Eh, se ci arrivo a centodieci anni!
Però, cioè oramai penso che questa cosa si sia un po’ superata. »
ALESSIA: «Per me è una cosa un po’ di uno, due decenni fa. Adesso io vedo tante donne che preferiscono magari fare carriera piu ttosto che avere figli. Magari vent’anni fa era una cosa inconcepibile. »
VERONICA: « A volte non hai neanche la scelta. Perché magari uno… ti trovi.. io, il mio esempio in questo momento, io vado su e giù in macchina tutti i giorni, mi faccio una o due ore di macchina ad andare, idem a tornare. »
ALESSIA: « E non hai materialmente tempo. »
VERONICA: « No, assolutamente no. Anche se non è una cosa che mi fa piacere. Cioè mi piacerebbe avere più tempo.
ALESSIA: « Se avessi tempo, la vorresti una famiglia. Invece ci sono donne che … »
VERONICA: « Assolutamente sì. »
ALESSIA: « … non vogliono proprio, preferiscono non avere tempo. Cioè preferiscono avere un lavoro importante, arrivare ad alti livelli, perché a volte quando cerchi lavoro, mandi il curriculum, vai a fare il colloquio la gente ti chiede: “Hai una famiglia? Hai già avuto figli?” “Sì, no” “Ne vuoi?” “Sì, no”. A seconda di come tu rispondi puoi essere più avvantaggiata per quel lavoro o no. Se tu gli dici non li vorrò mai, a volte hai una chance in più.
Poi puoi dire la verità, non dire la verità, però adesso molte persone che stanno cercando lavoro mi hanno raccontato che quando vanno a fare i colloqui una delle domande principali è quella, perché adesso la maternità è vista come… »
BEATRICE: « …una spesa eccessiva… »
ALESSIA: « …un incidente di percorso se tu devi avere un lavoro. Invece di incentivarla… »
VERONICA: « Sì, è come quando ti chiedono se sei sposato o hai il fidanzato… cioè è la stessa cosa: possibilità di restare incinta. »
GIORGIA: « Come la nonna: “Hai trovato il moroso?” »
BEATRICE: « Tutte le volte… “No, che stai bene da sola, dai che sei ancora giovane”. Qual è il problema? »
BEATRICE: « Non ho mai fatto l’amore per procreare. Lo saprei bene… » [risate]
CHIARA: « Penso che sia una domanda che non ci poniamo. »
BEATRICE: « Tu magari sì, invece, visto che hai una figlia. »
GIORGIA: « Sì, cambia, nel senso che comunque, nel momento in cui tu ti apri alla vita fai una scelta di un certo tipo; nel momento in cui invece in quel momento non puoi o non vuoi avere figli, non vuoi avere la possibilità di avere una maternità, devi adottare altri metodi. Poi ci sono metodi più religiosi e metodi meno religiosi, nel senso che se si dovesse fare attenzione tra virgolette, a quello che dice la religione dovresti far l’amore per procreare – punto, fine. Non c’è altro da fare. Quindi anche solo pensare “non sono sposato e ho la possibilità di avere dei figli”… cozzano tra di loro, quindi devi vedere a seconda di quello che è la tua scelta di vita, puoi decidere di fare o non fare figli e precludere la possibilità di averli in diversi modi. »
BEATRICE: « Però dai, penso che sia anche… non lo so se ti dia più ansia il fare l’amore per non procreare e poi procreare. O se ti metta più ansia fare l’amore per procreare e poi non riuscire a farlo. »
GIORGIA: È una cosa psicologica, è vera questa cosa. Nel senso che nel momento in cui io mi sono sposata ho detto: “Io mi apro alla vita, quindi quando arriva un bambino è bene accetto”. E dopo più di un anno di matrimonio in cui ancora non eravamo riusciti ad avere bambini abbiamo iniziato a fare tutti i controlli del caso. Terminati questi controlli è risultato che non potessimo avere figli né io né mio marito. A questo punto abbiamo detto: “Va bene, adesso ci apriamo alla vita in un altro modo; non c’è problema, lasciamo stare, è inutile che cerchiamo, ci intestardiamo su questa cosa”. Nel momento in cui abbiamo rimosso questa cosa, la visita successiva io ero incinta. Stavo facendo un altro di questi controlli e mi hanno detto: “Guarda che tu sei incinta”, “Ma come se un mese fa mi avete detto che non potevo avere figli, adesso sì?”. Quindi fa molto il fattore psicologico. Conosco delle persone che non potendo avere figli hanno scelto la strada della fecondazione assistita, dopo tre o quattro tentativi ancora nulla. Gli hanno detto: “Guardate, non si riesce a fare nulla”. Terminata questa procedura che avviene dopo tantissimi tentativi, lei della coppia è rimasta incinta. »
VERONICA: « … eh lui la vedo dura… » [risate]
GIORGIA: « Lui è più dura, anche se il futuro chissà cosa ci riserva! »
CHIARA: « La mia idea è che naturalmente se dovesse capitarmi in questo momento per sbaglio, perché può capitare una volta, – nella vita può succedere, che so si rompe il preservativo – , cioè io sono a favore. Io penso vabbé che non si debba utilizzare solo come… per avere dei rapporti sessuali come seconda possibilità, cioè… non so come dire, mi avete capita? »
GIORGIA: « Tu fai liberamente… Tu hai rapporti sessuali non protetti, dopodiché tanto sai che c’è l’aborto. »
CHIARA: « Esatto cioè io ho ancora sentito infermiere che mi dicevano che ragazzine o anche donne giovani ogni tre mesi si presentavano… cioè, era la terza o la quarta volta che si presentavano per fare l’interruzione della gravidanza. Io questo non… cioè non sono assolutamente a favore. »
BEATRICE: « C’è anche la pillola del giorno dopo, ma anche tre-quattro volte…è più o meno lo stesso principio: alla fine fai sesso, perché se ti capita cinque volte non può essersi rotto il preservativo cinque volte. Devi essere sfigata… proprio sfigata nel senso.. prendo la pillola del giorno dopo; parti già in principio pensando di abortire tra virgolette. È mancanza di responsabilità. »
CHIARA: « Appunto. Su questo non sono d’accordo. Nel caso mi capitasse in questo momento qui, come dicevo prima, la priorità sono io: no assolutamente non me la sento, non lo voglio tenere. »
GIORGIA: « Io penso che nel momento in cui ti ci trovi sia più difficile, cioè io posso partire con l’idea di dire “se resto incinta vado a interrompere la gravidanza”, nel momento in cui – te lo dico per esperienza personale -, nel momento in cui sai di avere una creatura dentro di te la scelta diventa… difficile. »
CHIARA: « Però già la tua mentalità era… era ..è già differente. »
GIORGIA: «Perché partivo con l’idea di avere dei figli. »
CHIARA: « Poi voglio dire non si sa mai nella vita, però, comunque adesso in questo momento no. »
VERONICA: « Secondo me ci sono delle situazioni diverse. Cioè… un esempio: una ragazza che viene violentata. In quel caso io sono… so che è sbagliato però non mi sento di condannarla se decide di interrompere la gravidanza. »
BEATRICE: « Sì. »
GIORGIA: « Io non critico chi interrompe la gravidanza né chi non la interrompe, però io mi sono fatta più volte questa domanda. »
VERONICA: « Io credo che non lo farei. »
GIORGIA: « Io mi sono fatta più volte [la domanda] quando ancora ero una ragazzina quando alla radio, alla televisione si sentiva: “ragazza stuprata è rimasta incinta e ha interrotto la gravidanza”. E mi sono fatta la domanda: “personalmente – ho detto – se dovesse capitare a me cosa farei?” E la mia risposta è stata: “è sempre una creatura”. È vero che è frutto di una violenza, frutto di uno stupro, può essere un criminale quello che si vuole [ndr. lo stupratore], però è anche parte mia, è parte di me, è dentro di me. Quindi una parte di questo bambino, di questa creatura, di quello che sarà, viene anche da me. Quindi non me la sarei mai sentita, tant’è che quando avevo sedici anni mi ricordo ancora, dicevo: “beh, mi piacerebbe trovare una persona, anche se dovessi rimanere incinta adesso pazienza, vuol dire che avrò più la possibilità di diventare nonna, bisnonna, magari anche trisavola!” [risate] ... è vero! Perché adesso, se tu ci pensi, tantissime persone rimangono incinte a trentacinque, quaranta, quarantacinque anni: in questo caso hai meno probabilità di diventare nonna, o meglio puoi diventarlo magari un po’ tardi
[voci si accavallano]
… puoi avere anche dei nipoti però non te li godi come se avessi magari sessant’anni. Io vedo… quando ero piccola mi ha cresciuto la mia nonna quando mia madre ha ripreso a lavorare, e ho vissuto con mia nonna anche alle superiori perché mi trovavo bene, si è creato un rapporto anche con altri parenti. Nel momento in cui invece è venuta a nascere mia cugina che ha venticinque anni meno di me, mia nonna ha venticinque anni in più. Quindi il rapporto che ha con i nonni è diverso da quello che ho potuto avere io. Le cose che ho vissuto io, lei non potrà mai viverle. »
VERONICA: « Però, tornando al discorso di prima, non mi sento di condannare una persona che fa una scelta di quel tipo. »
GIORGIA: « Io non stavo condannando. »
VERONICA: « Condannando tra virgolette. Giudicare negativamente una persona. Dal mio punto di vista, dico. »
GIORGIA: « Sono sempre scelte personali, come si diceva prima. »
ALESSIA: « Ti ci devi trovare dentro perché noi possiamo parlare quanto vogliamo. Non puoi deciderlo prima perché non puoi saperlo prima. Ti ci devi trovare dentro, lì capisci se è sì o se è no. Magari adesso io posso dire sì, però quando ti trovi lì sul momento dici “no, non ce la farei mai” o viceversa. Devi proprio viverla in prima persona la cosa perché non puoi saperlo a priori. »
GIORGIA: « Allora io credo di essere fortunata perché comunque la mia famiglia è sempre stata unita e anche… un esempio stupido può essere il Natale piuttosto che i compleanni, si festeggiano tutti quanti insieme. Quindi la famiglia riunita sempre, come base di ogni rapporto, e penso che questo sia fondamentale. Perché nel momento in cui all’interno di una famiglia, il papà e la mamma non vanno d’accordo, piuttosto che uno dei figli può creare più o meno problemi, si creano dei disequilibri che portano poi la famiglia a rompersi. Nel mio caso io sono stata fortunata. È stata una famiglia che mi ha sempre insegnato l’amore sia nei confronti del papà, della mamma, della sorella, sia nei confronti del prossimo: cercare di aiutare gli altri. Quindi penso che questo mi abbia aperta a questo tipo di scelte. Poi non lo so se mia sorella abbia le stesse idee mie, perché io sono dell’idea che i genitori possono anche essere gli stessi ma cambiano i tempi, cambia l’età, e pur essendo la stessa educazione uno può reagire in un modo piuttosto che in un altro. Quindi magari io ho quest’idea, mia sorella non lo so, potrebbe essere contraria ad avere figli, potrebbe fare qualunque tipo di scelta. »
BEATRICE: « C’è anche la questione del crescere e poi trovarti in ambienti differenti; cioè anche solo noi del rugby, ti confronti con realtà molto diverse da quelle che ti hanno insegnato, per cui ti hanno educato da piccola, quindi alla fine può comunque cambiare la scelta di tua sorella perché ha frequentato o ha avuto esperienze diverse. »
GIORGIA: « Certo. Assolutamente. »
VERONICA: « Ma anche solo il lavoro che fai; cioè sei portata a stare con i bambini tutto il giorno quindi sviluppi una certa attitudine, mentre magari uno fa un lavoro d’ufficio dove vede solo gente che gli spacca le scatole e che ha mille problemi e che… ha un’attitudine diversa nei confronti di certe cose. »
ELENA: « Vivo un po’ dei sentimenti contrastanti, anche un po’ a periodi devo essere sincera, nel senso che vedo un sacco di bambini, mediamente dai sei ai venti anni, anche ragazzi in realtà – più o meno sono quattrocento a settimana -, e con i ritmi che faccio arrivo sempre a casa verso le nove e mezza, dieci di sera. Quando mi capita magari di avere quelle due ore – non ho mai pause pranzo, sono sempre, sempre sempre con i bambini – torno a casa e io ho la casa silenziosa, quieta, ho il mio divano gigante da spiaggia gigante, dico: “cacchio ma se ci fosse un bimbetto adesso?” »
BEATRICE: « Continueresti a lavorare anche la sera… »
ELENA: « No… nel senso… la mia energia? È vero che poi non hai gli stessi ritmi, non riesci a fare le stesse quantità di ore-lavoro insieme ai bambini… vero vero vero, ma se così non fosse? Tu sei completamente a servizio degli altri e questa è una parte; e dall’altra parte ho trent’anni. Nel senso… anch’io come Giorgia li ho sempre voluti e più di una volta dico “cavolo sì, mi piacerebbe averne”, però non ho ancora avuto il coraggio di togliere le mie precauzioni e dire: “mi apro alla vita”. Sono un po’ codarda, cioè nel senso… devi essere coraggiosa come… Chiara, ho ancora tante cose che voglio fare, tante cose che so benissimo che non potrò fare se domani decido di iniziare a voler aver figli. »
GIORGIA: « Ti dico che cambiano le priorità nel momento in cui hai un figlio. Io da diversi anni faccio due lavori, adesso faccio il terzo lavoro che è quello di fare la mamma e sono comunque riuscita a mantenere quasi tutto quello che facevo. E quello a cui ho rinunciato era qualcosa che forse era superflua nella mia vita precedentemente. Quindi mi sono resa conto che riesco a fare comunque quello che facevo prima, magari dedico meno tempo a queste attività, però lo riesco a fare ancora. È vero anche che ho l’aiuto da parte del marito, ho l’aiuto da parte di mia mamma. Se io fossi figlia unica, cioè fossi sola senza avere dei genitori alle spalle, senza avere un compagno che mi aiuta nella gestione della bambina, forse non riuscirei a fare quello che faccio adesso. »
ELENA: « Io non sono da sola. Cioè io ho un compagno e penso che possa essere il compagno della vita. Se in questo momento devo pensare ad una persona con cui fare figli è Diego. Lui so che li vuole, cioè nel senso è lì … mia mamma lo so, scherzando ogni tanto dice: “magari, se aspetti tre anni che io vada in pensione, magari ti posso anche aiutare nel senso”; mio fratello mi dice: “ma… e zio?”. E io dico: “Aspetta… falli tu, magari se ti vuoi muovere, visto che non sei così giovane neanche tu…” Eh, ci saranno anche se ho trent’anni: Chiara è di sicuro più giovane, io dico boh. »
GIORGIA: « Può essere la paura del salto nel vuoto. Adesso sai cosa stai facendo… »
ELENA: « Ho terribilmente paura, pur volendoli, perché io vedo i danni che i genitori fanno ai bambini. Cioè, nel senso, è un casino. »
GIORGIA: « È il lavoro più difficile del mondo. »
ELENA: « Noi puoi pretendere che poi, non so, maestri, educatori, nonne… anche i nonni, parliamo dei nonni: io vedo, ci sono dei nonni che a settant’anni hanno vissuto tutta la loro vita, ne hanno create e ancora si trovano a fare i genitori perché i genitori non hanno tempo di fare i genitori. Allora pensaci, prima di fare… »
GIORGIA: « I tuoi genitori, prima di avere te e tuo fratello… è un punto di domanda che faccio: ma i tuoi nonni, che erano genitori, non hanno avuto a loro volta degli altri genitori che facevano i nonni?… cioè non è una catena che si completa? »
ELENA: « È una catena ma non con i ritmi di vita che ci sono oggi. Nel senso io la mia nonna materna, i miei nonni materni erano a Bolzano, nel senso… presenti sì, molto, in determinati periodi dell’anno; i genitori di mio papà non li conosco, o meglio ero molto molto piccola e non… mia nonna poi è stata… quindi, no, non li ho avuti, ho avuto una caterva di tate. Ho avuto fortuna perché poi comunque mia madre, che era un’insegnante, all’una riusciva a staccarsi e poi era presente tutto il pomeriggio. Mio padre era medico, quindi in realtà no, e son vissuta con le tate, per un periodo della vita. Sono stata fortunata. Però io li vedo i bambini, cioè ci lavoro ogni giorno: sono pochi quelli equilibrati. Tanti genitori delegano ad altri e non è giusto. »
ALESSIA: « Delegano perché non hanno tempo per il lavoro, perché non hanno voglia? »
ELENA: « Secondo me tante volte è una scusa, perché quando – non so – magari ci sono difficoltà chiedi… “Eh, ma lavoro!” “Non mi interessa”… Nel senso, sono io che ti dico che tuo figlio… ci sono altre dinamiche, hai altre problematiche di fondo e secondo me lo usano tantissimo. Tanti lo usano come una scusante perché, giustamente come dice Giorgia, ti cambiano le priorità. Ahimè mi vien da dire che… mi sembra un po’ di essere una nonna a dir così: è vero che ogni anno è peggio. Cioè peggiora non è che migliora. Ma anche le maestre del mattino che sono a stretto contatto con loro, fan fatica; a loro si chiede sempre di più, ai bambini si chiede sempre di più perché poi nella vita vogliono sempre di più, e loro non hanno proprio l’educazione di base: grandissimi problemi d’ascolto, ma no di ascolto del tipo di concentrazione, ma proprio “io aspetto il mio turno per parlare”, proprio “se ti sto vicino, non ti devo andare sopra ma anche fisicamente”. Tutto ciò che dovresti fare alle materne. Non c’è. Ma tantissimo. Io mi dico “boh”, mi chiedo cosa c’è che non va. Poi dico sempre: “magari potrò essere fortunata io che magari avendo già consapevolezza di queste cose spero di non fare gli stessi errori che vedo”, però… »
Vuoi ascoltare e leggere altre testimonianze? Sostieni l’archivio vivo di Lunàdigas!