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Thirsà, intellettuale plurilaureata brasiliana approdata a Cagliari, racconta della sua vita privata e lavorativa e confronta le realtà italiana e brasiliana a proposito della questione della maternità.

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Ecco la trascrizione completa del video:

«Io mi chiamo Thirsà Rita Rosy Tirapelle, sono una italiana nata in Brasile, nello stato del Rio Grande do Sul, in una piccola piccola città o paese che si chiama Erisin: per questo sono gaucha.
Ho studiato moltissimo, ho fatto tre lauree, sono giornalista, avvocato, pubbliche relazioni e ho fatto due master.
Sono qui a Cagliari da un anno e otto mesi.
No no, non ho pensato mai in essere madre. É un pensiero che non ho mai avuto perché da quando avevo diciassette anni ho risolto di non avere figli e anche ho detto alla mia mamma che non avevo voglia di avere figli essendo figlia unica tra due fratelli.
Sai, io guardavo le persone intorno nella società e mi sembrava che i figli erano sempre un peso al papà e alla mamma.
Ma Nietzsche, quel grande scrittore, mi ha influenzata moltissimo e pensavo non ero in grado di mettere nel mondo una persona che io non potevo sapere quale sarebbe stato il suo cammino, se avrebbe avuto difficoltà, infelicità, io non ho avuto questa voglia di mettere al mondo una persona.
Io non ho avuto mai uno istinto materno – sai che è una cosa interessante, guardavo le mie amiche a sedici, diciassette, venti anni: ” ah, io sono incinta, il bambino si muove”; io dicevo: “cosa può sentire una donna che sente qua dentro un essere vivo”; quando parlavano, sentivo una cosa, mi stringeva dentro.
Non ho nessun istinto materno. Guarda, io non ho avuto istinto materno ma la procreazione, il fatto di avere uno spermatozoo tra trecento milioni che penetra l’ovulo e che poi si riproduce a fare un essere pieno e completamente tutto a posto: il piede, le gambe, l’interno, il cervello… è una cosa che mi stupisce, non solo nell’essere umano, anche in un elefante, anche in una cavalla, anche nel mare, in tutti i pesci perché l’atto della riproduzione è una cosa fantastica!
Per dire la verità, sono sempre stata molto avanti al mio tempo (per la mia età). Essendo nata in un piccolo paese già pensavo molto avanti rispetto alle mie amiche di quella società dove ero nata. Io sono nata nel 1956 – logico, quando avevo dieci anni ancora non c’era tutta questa trasformazione nel mondo – e quando io già avevo diciassette anni ho iniziato a leggere i grandi filosofi: ho letto Kant, dopo ho letto Jung, uno dei grandi padri della psicologia, ho letto Freud, fino ad arrivare a Nietzsche. Nietzsche è un personaggio che ti fa riflettere molto riguardo al mondo, ma il mondo che è il mondo vero, non questa meraviglia che tutti ti parlano che il mondo è rosa. Il mondo non è rosa! Il mondo ti porta difficoltà, ti porta sofferenza, ti porta infedeltà e questo mi ha fatto capire che io non avrei o non ho avuto la voglia di avere un figlio.
Ma sai, io ho avuto un momento molto speciale che è un sogno, è l’unico sogno in cui mi sono veduta incinta. Era un sogno che mi ha marcato molto nella vita, perché io ero incinta ma non di nove mesi, io ero incinta di dieci, undici mesi… così. Era una pancia molto grande, io entravo in una chiesa, la chiesa era vuota, era una piccola chiesa di legno, non c’era il prete, non c’era nessuno, io ero in abito bianco, ma non un abito lungo, io avevo un abito mini che lasciava tutte le mie gambe fuori e dietro avevo un velo di venticinque metri di lunghezza che usciva dalla chiesa. Ossia, era in quel momento… quell’immagine era contro tutto: perché io ero incinta, io andavo a sposarmi, non c’era nessuno, la pancia non era di nove mesi, e io usavo un abito che era mini, una cosa che la società mai permetterebbe.
Dopo ho fatto anni di analisi, sono stata con psicologi, uomini, maschi, ho fatto freudiana, junghiana, ho fatto terapia dell’inconscio, e ho capito che veramente la maternità per me non era una scelta giusta per una donna come io mi sentivo, perché io ho sempre pensato che sempre sono stata una persona per lavorare, per studiare, per imparare, per aiutare gli altri, questo ho capito e anche che avere un figlio non significa che tu sarai più completa se tu hai un figlio: tu sei una donna, tu sei un essere perfetto, intero.
Povera mamma! La mia mamma Egilly, si chiamava Egilly, è rimasta completamente stupita perché lei voleva un nipote mio. Lei mi ha detto: “Ma come tu non vuoi sposarti, tu non vuoi avere un figlio, come?”. E la mia mamma ha detto: “come tu non avrai un figlio? Io vorrei un figlio da te! Un nipote. Tu devi darmi un nipote”.
Io sono venuta dal Brasile, sono nata e ho vissuto praticamente tutta la mia vita in Brasile. Quando sono venuta qui in Italia mi ha stupita questa differenza che abbiamo tra un popolo, il popolo brasiliano e il popolo italiano, nel paragone con una donna che non abbia avuto figli per scelta. Perché qui mi sembra che c’è un pregiudizio contro le donne che fanno la scelta di non avere figli.
Ognuno di noi, in Brasile… siamo liberi di fare quello che vogliamo. Una donna può avere figli, può non avere figli, scegliere un uomo per avere riproduzione con quell’uomo perché vuoi solo il figlio e non una famiglia, abbiamo altri concetti.
Sai, io ho pensato sempre che ognuno di noi deve fare qualche cosa perché questo pianeta ha bisogno di ognuno di noi. Io ho studiato moltissimo, sono stata la difensora pubblica, che è una funzione che qui in Italia non c’è, ma che ha una funzione come un avvocato che cura i poveri e i miserabili. Per dieci anni ho lavorato con i poveri e i miserabili, in giudizio, difendendoli e facendo che loro potessero guadagnare un livello di vita un po’ più alto. Non solo, sono stata direttrice di fiscalizzazione nel sindacato dei giornalisti di Paranà, sono stata la Presidente del Consiglio di etica dei giornalisti delle Stato di Paranà. Anche qua io faccio, sono volontaria, insegno portoghese e brasiliano come volontaria, partecipo attivamente al movimento ‘Se non ora quando’ contro il femminicidio perché penso che questa realtà del femminicidio che c’è in Italia ogni due giorni una donna morta non può continuare ad essere così.
In Brasile la maggioranza delle donne lavorano solo che il ritmo del lavoro è completamente diverso, anche perché l’asilo nido si ferma solo alle 7 di sera e le mamme possono andare a prendere il suo bambino dopo il suo lavoro. Inizia alle 7 di mattina, la mamma porta il suo figlio all’asilo nido alle 7 e mezza – all’asilo nido o al primo grado, al secondo grado, primario o ginnasio – e c’è tutto un lavoro del governo, da tanti anni, per favorire il lavoro delle donne. Perché una donna o un papà che lavora non può alle quattro di pomeriggio andare a prendere il figlio alla scuola. Per questo che qua in Italia si vede il nonno che sono nonno-sitter o nonna-sitter.
Sai, io non ho pensato nella mia eredità, io non mi preoccupo con la mia eredità; io penso che i semi che ho piantato nella mia vita saranno i semi che nasceranno come una forma della mia eredità. Posso lasciare qualsiasi bene, ma io non ho pensato a questo, penso che ognuno possa e debba mettere i semi e deve mettere i semi di buona qualità.
Io, quando Marilisa mi ha chiamata per parlare, per fare questo documentario sul fatto di non avere voglia, non ho mai avuto voglia di avere figli, io sono stata incantata perché ho pensato: “ma santo cielo, che meraviglia che due donne possano fare un documentario su questo tema, perché in Italia sarà rivoluzionario”; di quello che io guardo, di quello che parlano le donne, di quello che io percepisco nella società è un tema che si deve parlare per far sì che le donne possano ragionare di un’altra forma che non quello che la società ha imposto loro. »

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