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Valeria, in qualità di madre, psicoterapeuta e studiosa di Arcani, riflette sul diritto alla scelta di avere o non avere figli e al diritto, ai fini del proprio equilibrio psichico, di esprimere la molteplicità del proprio sé.

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Ecco la trascrizione completa del video:

« Voglio dare anch’io il mio contributo a questo progetto Lunàdigas, anche se sono… ho un bambino. Ma questo non significa che io non posso portare il mio apporto come donna e come professionista, quindi come psicoterapeuta che si è occupata e si occupa anche di donne e che con le donne ci lavoro. Donne anche che non hanno figli, che scelgono di non averne, me ne sono capitate. Quindi, pensando a loro, voglio dare questo contributo.
Allora noi possiamo riflettere un po’ su quello che sta avvenendo nei nostri giorni, quindi in quest’epoca, dove vivo io, dove vivete tutte voi che state guardando i video e state esplorando il web.
Adesso le donne possono scegliere di non avere figli, possono dire: “voglio riflettere sul non avere figli!”. Fossimo nate cento anni fa forse questa libertà non l’avremmo avuta e questo quindi possiamo ritenerlo un grosso successo, anche delle – diciamo – riflessioni, dei movimenti, anche del percorso che le donne hanno fatto nell’ultimo secolo, diciamo.
Poter dire questo sicuramente in certi casi può avere a che fare con una patologia, tra virgolette: ci sono dei disturbi, delle situazioni per cui una donna rifiuta la propria maternità ma nella maggior parte dei casi oggi vediamo che non è così. Ci sono donne che liberamente hanno tutto il diritto di scegliere di sviluppare alti aspetti di sé. Gli stessi aspetti che nella psicologia abbiamo visto ad esempio attraverso le opere di Jung relative al principio femminile.
Abbiamo visto dalla nascita della psicanalisi in poi come proprio il fatto che una donna non viva in sé la molteplicità del suo essere può provocare disturbi. Certo non bisogna essere forse unilaterali, nel senso, così come il materno è stato nei secoli, negli ultimi sicuramente, un po’ in pole-position nella lista degli archetipi del femminile per cui, passando ovviamente attraverso tutte le sfumature, quindi l’osannare la madre e il denigrare la stessa quindi con gli aspetti di luce ed ombra connessi alla figura femminile e materna; però appunto, abbiamo anche avuto la possibilità di sviluppare diverse alternative alla maternità, quindi il poter creare e sviluppare il proprio percorso individuativo anche attraverso una creatività, un’opera letteraria, un lavoro che piace. Quindi le donne in questo senso hanno avuto la possibilità di sperimentarsi, qui in occidente in certe condizioni culturali e soprattutto magari anche economiche, certo.
Adesso sembra un po’ che in questo momento storico quindi si possa dichiarare di non poter, e quindi di accettare di non poter avere figli, e anche di non volerne. Il problema cos’è? Il momento in cui, però, uno di noi prende una posizione nella sua vita, costella inevitabilmente nel suo inconscio la posizione opposta, questo può valere per tutte le posizioni estreme, per cui sapendolo le donne che scelgono sia di avere figli sia di non averne, devono sapere che a qualche cosa, se non vogliono rinunciare alla propria completezza, a qualche cosa dovranno dare anche nutrimento. Quindi una madre se vuole essere serena dovrà aprire degli aspetti diversi nella propria vita, quindi per la propria realizzazione personale e una donna che sceglie di non avere figli dare spazio anche al materno ma in altro modo, che non è necessariamente quello di avere un figlio di carne. Questo può stare nella dimensione di un equilibrio psichico e vedo che per molte donne, ad esempio tra le mie stesse colleghe che non hanno figli, questo avviene. Per cui il lavoro è realizzante, si investe in progetti creativi, ho amiche artiste che non hanno figli e che proprio perché non hanno figli, riescono a fare, diciamo, con il tempo necessario, delle opere d’arte, dedicarsi alle mostre, alle esposizioni. Lo stesso però ho amiche con figli che riescono a sviluppare le proprie parti indipendenti. Quindi in questo secolo, in questo momento, nel nostro contesto storico ciò è possibile. Ovviamente non esistiamo solo noi, ci sono altri contesti in cui non è ancora permessa una riflessione. Per questo sorrido quando vedo, ad esempio, quella campagna contro il femminismo, dice “io non sono femminista perché non ne ho bisogno, posso esprimere il mio pensiero”. Peccato che non venga riconosciuto che lo puoi esprimere proprio grazie al fatto che prima di te qualcuno ha lottato per fartelo esprimere, per cui ogni volta che si prende una netta posizione bisogna sempre lasciare aperta la domanda. È lo stesso discorso delle donne che invece vogliono una maternità per forza, perché altrimenti non si sentono riconosciute nel loro essere donne e queste sono tante. Io sento anche, vedo, ho letto ultimamente dei siti relativi alla maternità per certi contesti è ancora portata come unica scelta pur essendo… non è che nego che sia una parte importantissima e meravigliosa della vita di una donna, ma può essere anche non scelta. Invece, nei contesti in cui questo discorso è ancora unilaterale, l’estremismo arriva a livelli in cui non è contemplabile una vita senza, come se in qualche modo, ecco, mi viene in mente Louis Caplan con Perversioni femminili: c’è un capitolo intero dedicato alla perversione della maternità. Cioè a tutti i costi questo realizza la donna, tanto da andare per esempio in Ucraina; leggevo ultimamente articoli di un sito scientifico che si occupa appunto di fecondazioni assistite, a cercarsi, una situazione molto estrema che in certi paesi è accettata nel nostro ancora no, che è quella di andare a chiedere ad un’altra donna di farsi portatrice del proprio bimbo.
Ora questo può essere un progresso o può anche non esserlo; le domande ce le dobbiamo fare.
Una ragazza ucraina raccontava di avere appunto già un figlio, perché questo anche in quel Paese è un po’ la regola di base, cioè la donna che offre di portare avanti una gravidanza deve avere già un figlio, la domanda che le è stata fatta è: “Cosa dirai al primo figlio quando non vedrà più quello che c’era nella tua pancia?” “Ah, non importa, lo mando dai nonni”. Allora, anche questi sono estremi di un archetipo che in questo momento non è più dominante, perché ne stanno arrivando altri e siamo forse nella possibilità del molteplice. Una delle voci che Anaïs Nin chiedeva di poter esprimere, quindi la proprie poliedricità, in quello stupendo Diario, tra l’altro Anaïs Nin non ha avuto figli, ha avuto una situazione in cui stava per ma poi la gravidanza non è stata portata a termine. Possiamo esprimere la poliedricità ma allora esprimiamola bene, lasciamo anche spazio con le riflessioni, con lavori come quello che state facendo per Lunàdigas, ma in tutte le sfaccettature; quindi donne madri, donne che hanno un figlio da sole, donne che scelgono di non avere, in modo che ogni aspetto del femminile abbia lo stesso valore e le donne possano essere davvero libere, libere di scegliere, perché se si parla di diritti, secondo me, quello tra la scelta di avere figli e la scelta di non averne è un sacro e santo diritto della donna.
Eric Neumann, psicoanalista junghiano tra i più noti, parlandoci dello sviluppo della coscienza ci parla anche della psicologia del femminile e quindi traccia, proprio, un percorso che noi oggi ci troviamo a vivere verso proprio l’arrivo alla coscienza, nel senso che si comincia: noi tutti, donne, uomini quando siamo piccoli stiamo nell’uroboro materno, quindi nella identificazione di quello che è la madre, poi per crescere, per differenziarci, il percorso ci spinge ad affrontare, a noi donne, il diverso da noi quindi il padre, la figura del maschile, comunque se non c’è un padre a disposizione, perché poi dipende dallo sviluppo di ogni donna, ma sicuramente a livello culturale noi abbiamo modelli di riferimento del maschile. Poi però, per ritrovare noi stesse, inevitabilmente, questo ce lo hanno anche mostrato i movimenti femministi che uscivano dal patriarcato e da quello che in qualche modo veniva imposto sia da donne, da uomini, ma nel sistema culturale patriarcale, che non vuol dire uomo, alle donne, per cui uscendo da questo sistema ritorniamo al femminile, la nostra coscienza ci spinge lì. Quindi ritorniamo a fare i conti con la madre il che non significa ritornare a fare le scelte che ha fatto la madre, anzi, vuol dire potersi aprire alla ricchezza delle sfumature del femminile, delle sfaccettature del femminile. Questo a livello psicologico. La situazione quindi oggi, guardando, esplorando Lunàdigas pensavo anche di incominciare a riflettere, di scrivere qualcosa anche rispetto, se posso anche citare il vostro sito, mi piacerebbe molto, perché ogni anno apro un blog e lo chiudo nel mese di dicembre, lo apro a gennaio e lo chiudo a dicembre, il progetto di quest’anno che è artistico, quindi con i disegni, le illustrazioni mie e letterario e anche di riflessione psicologica, si chiama Manuale di emblematica: è un blog su cui ogni giorno scrivo una piccola riflessione, quest’anno è dedicato alle donne e a tutte le sfaccettature, che sono tantissime, di quello che riguarda la vita quotidiana quindi anche le relazioni tra amiche, tra persone che si conoscono, anche delle riflessioni rispetto al percorso professionale, clinico, mio di Valeria Bianchi Mian, e poi anche un’analisi, un po’ della simbologia e dell’archetipo del femminile in tutte le sfumature e sfaccettature di questo archetipo.
Per esempio, mi occupo da venti anni circa di Arcani maggiori e minori, quindi della simbologia delle carte. Ho condotto dei laboratori nelle librerie e in studio facendo conoscere e esplorare le immagini, sempre con l’occhio attento, comunque, alle figure maschili e femminili presenti nelle carte alle persone che non avevano mai approcciato queste immagini.
Negli Arcani maggiori, quindi nelle 22 lame dei Tarocchi sono presenti tantissime figure femminili, altrettante maschili, ma quelle femminili ci offrono una bella, variegata possibilità di scelta. Nel senso che, se pensiamo alla Papessa, la classica Papessa che, in certe interpretazioni, viene identificata come un femminile rigido, poco fecondo, quindi sterile, la famigerata sterilità, in realtà la Papessa è semplicemente una figura in attesa, come se fosse in perenne gestazione. Se la guardiamo da un punto di vista psicologico è quell’aspetto di noi che ci permette di tenere, contenere un’idea, quindi il famoso vaso alchimistico della trasformazione, il fatto che noi donne siamo quel vaso naturale non significa che l’espressione alchemica della nostra esistenza di quel vaso debba essere necessariamente un prodotto umano, potrebbe benissimo essere un prodotto creativo della nostra psiche multiforme.
La Papessa è il primo passo, l’Imperatrice esprime questa molteplicità proprio espressiva, ecco possiamo definire l’Imperatrice. Pensiamo alla natura quando viene bloccata da un cancello, ma l’albero ad esempio ha intenzione di passare oltre: spacca il cancello. Questo elemento generativo che si esprime poi nell’Imperatrice, non vuol dire che quel ruolo dell’Imperatrice debba essere unico, perché, come vediamo anche nei tarocchi stessi, le figure femminili si evolvono, si esprimono attraverso trasformazioni, per arrivare a un mondo che ha questo elemento, alcuni dicono solo femminile, altri dicono androgino, centrale all’interno dell’immagine, che significa la realizzazione. Ma la realizzazione dell’Imperatrice può essere anche un libro, un video, una serie, un progetto creativo insieme, tra donne, quindi un qualcosa che connette le sorellanze, femminili che esprimono le loro idee e il loro pensiero. Questo ha sicuramente a che fare con l’Imperatrice. Per cui, se le donne, io penso, accettassero di più questa loro multiforme possibilità, sicuramente non si cadrebbe poi negli estremi.
Certo, è vero anche che esistono delle persone, delle situazioni personali in cui la scelta della non maternità può essere, come dicevo all’inizio, un discorso magari legato a qualcosa di non risolto, e fare i conti con le ombre è molto importante, fare i conti con ciò che lasciamo dentro di noi proprio per poter scegliere in modo equilibrato e non unilaterale, questo l’ho detto all’inizio e lo ripeto, ripetendo proprio il fatto che se noi andiamo nell’unilaterale il nostro inconscio ci chiede il conto. »

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