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One of the first diplomats in Italy, Graziella Simbolotti reflects thoroughly on the reasons that led her not to have children. Retracing her life, from school days to work, from her family of origin to her relationship with her husband, she dwells on the combination of women and power and reflects on the need to exercise one’s role outside the male and patriarchal environment.

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Ecco la trascrizione completa del video:

GRAZIELLA SIMBOLOTTI: «Io sono stata… ho fatto la carriera diplomatica per tanti anni, da subito dopo gli studi fino alla pensione e adesso sono in pensione da quindici anni più o meno.
Il problema di non essere madre è come un problema che non mi sono mai posto, devo dire, né ne ho mai fatto oggetto di conversazione con altre persone. Trovo sempre un po’ strano il fatto che mi chiedevano: “figli?” e io rispondevo: “no”, ma tranquilla, senza dovermi preoccupare di quello che loro pensassero. Qualche volta ho visto le persone che sembravano quasi come un po’ dispiaciute per me. Alcune le ho lasciate dispiaciute perché mi è sembrato che non fosse per me importante spiegare loro il perché o perché non ne trovassi la necessità. Ad altre ho spiegato che semplicemente non era mai stato il momento e per quella ragione non avevo figli.
Se tu pensi che io debba spiegare il perché non ho avuto figli, forse lo faccio in questo momento perché fino adesso non solo non ci ho pensato, ma non mi ci sono nemmeno soffermata.
Adesso poi in tarda età, qualche volta ti viene in mente questa domanda: “che avrei fatto se avessi avuto figli”? Qualche volta dico: “Mah, se avessi avuto figli, forse, qualcuno si sarebbe occupato di me”, ma poi vedo tante famiglie in cui non vedo tutto questo grande sostegno. Comunque io ringraziando il cielo sto bene in salute; quello che mi dispiace è non aver più mio marito perché sono rimasta vedova da un po’ di tempo. Mio marito aveva un figlio che è stato con noi per parecchio tempo, ma aveva la sua vita quindi non ha fatto parte diciamo della nostra famiglia. Io non ho avuto figli perché probabilmente non ce n’è stata occasione e poi pensavo sempre con preoccupazione al fatto di avere un figlio. Nel senso che se fai un figlio devi elevarlo, nel senso di educarlo e a me sembrava sempre in qualche modo un po’ di non essere in grado perché io non sono una persona paziente. La seconda era che ero sempre molto impegnata, quindi il mio lavoro mi prendeva tantissimo e non mi sembrava mai il momento di averlo, anche perché fare un figlio mentre tu sei impegnata vuol dire lasciarlo a qualcuno che lo educa al tuo posto e quindi non mi sembrava una cosa buona, voglio dire buona per il figlio, cioè fare una persona e non stargli accanto, insomma non mi sembrava il caso. Un altro è per esempio un motivo che ti sembrerà scemo. Ho avuto sempre due cose: uno, per esempio, mi faceva tanto paura il parto, era una cosa che mi spaventava – questo quando ero più giovane, ma sentivo questo; io sono una persona che non sopporta il dolore – quindi l’idea di vedere… quando vedevo soffrire tanto queste persone mi terrorizzava, hai capito? E quindi non era una cosa che pensavo come una cosa tanto allegra. Poi vedevo queste madri con i figli sempre dietro, questi bambini… io non ero molto paziente. Amavo i bambini degli altri ma per poco tempo.
Un’altra ragione è, per esempio, che temevo sempre di fare un bimbo brutto. Perché io non mi sono mai trovata bella, l’idea che potesse nascere un bimbo che non fosse… io adoro la bellezza, amo la bellezza. Quindi avrei voluto un figlio che fosse come un adone o una figlia… insomma dei figli bellissimi. La possibilità che potessi fare dei figli non belli mi preoccupava tanto, mi preoccupava tanto. Quindi non ero così disponibile, ne ero preoccupata. E insomma poi una volta per una ragione, una volta per un’altra, sono arrivata a un’età – alla mia età a un certo punto non si facevano più figli, adesso si pensa ai figli anche dopo una certa età – invece ai miei tempi si pensava che superati i quaranta questi figli già fossero fuori… E così è passato il tempo. E non ci ho più pensato, ma non è più stato un problema. Né ritengo di dover spiegare agli altri perché non l’ho fatto, non me lo sono posto. Sto benissimo. Per carità, quelli che hanno i figli, lo vedo con le altre persone… Ogni tanto arrivano delle persone più giovani che conosco con i bambini ma io dopo un po’ sono obbligata ad allontanarmi perché io non sono in grado di stare con un bambino che mi urla accanto, con un bambino che richiede la mia attenzione tutto il tempo. Io non sono una persona paziente.
Per esempio, io sono professoressa di pianoforte al Conservatorio di Santa Cecilia e avevo cominciato a dare lezioni. Non pensavo di essere una grande concertista però mia madre riteneva utile che io avessi un lavoro che facevo a casa. E quindi ho cominciato a dare lezioni… ho dovuto smettere perché non ero così paziente ad insegnare il pianoforte: perché vedevo questi ragazzini che non amavano il pianoforte, che per loro la lezione era un peso e l’idea di dover insegnare a dei bambini a come comportarsi per me era troppo faticoso, non avevo la pazienza e probabilmente non ne sarei stata capace. Quindi probabilmente non mi sono sentita all’altezza, non te lo so spiegare esattamente. In più sono una persona ansiosa, quindi per me se avessi avuto una mia creatura, sarei stata tutto il tempo ansiosa di quello che gli poteva succedere. Mi sarei, secondo me, distrutta la vita, perché sono troppo preoccupata di quello che può succedere agli altri. Per me forse un figlio era troppo, ma non devo, secondo me, dare giustificazioni a nessuno; per la prima volta cerco di spiegarlo a te, hai capito? Io a me stessa non me lo sono ancora spiegato.
Quando ho cominciato questo lavoro importante per la società, già da giovane le persone non avevano questa cosa [di importi]: “tu devi fare i figli”. Ma nel tempo, quando incontravo delle persone e mi chiedevano: “hai figli?” e io rispondevo “no”, quello che ho sempre avvertito è come un senso di pietà, piuttosto. “Poverina”, hai capito? Ma io di fronte a questo “poverina”, te lo fai scivolare.
Mia madre e mio padre sono state delle persone straordinarie. Non sono mai intervenuti nelle mie decisioni. Mi hanno sempre lasciata, e di questo sono veramente grata a loro, libera delle mie scelte. Sono io che ho scelto di studiare. Mia madre, sì, avrebbe preferito che io mi sposassi, che stessi a casa con una famiglia. Ma devo dire che quando ha cominciato a vedere il mio lavoro e il mio, come dire… la qualità della mia vita, è solo stata orgogliosa di me stessa. Non si è mai posta questo problema, non è stata mai la mamma chioccia. Lei aveva fatto i suoi quattro figli, li ha portati avanti, ma lei sa, sapeva quanto aveva, come dirti, dovuto lavorare per portare avanti – e ci ha educato e portato avanti nel migliore dei modi – ma quanto per lei era stato faticoso. Quindi secondo me mia madre, conoscendo il mio carattere, neanche mi ci vedeva tanto con dei figli, dipende tutto da chi forse ha bisogno di figli a questo punto. Perché voglio dire, io non credo che sia necessario se…
Ci sono due aspetti secondo me, conoscendo ad esempio il mondo di mio marito in cui c’è un cognome importante e deve quindi esserci l’erede, a chi lasci le proprietà… un principio in cui tu devi lasciare il tuo nome e la tua eredità e quindi pretendi che la donna ti lasci questa cosa. O se no l’altra, [rispetto a quella che lo fa perché il marito vuole i figli], secondo me l’altra è che la società le dice che lei deve sposarsi e fare i figli e lei segue quello che le dice la società. Però io non ho mai chiesto a chi li ha fatti se poi erano così felici. La mia fisioterapista attuale, che ha fatto due splendidi bambini, ci sono dei momenti che dice: “guarda che io sono disperata perché non ho più un momento per me stessa” e ci sono dei momenti che sono meravigliosi. D’accordo, ma quanto è faticoso!
Quindi non giudico nessuno. E in più mi sembra, io sempre questo pensavo, non ho mai giudicato una persona sotto [questo punto di vista]. A parte che il giudizio secondo me è molto difficile darlo in qualsiasi occasione e per qualsiasi persona perché per giudicare gli altri dovresti innanzitutto capire chi sei tu e che hai fatto tu e questo già è difficile, ma non si possono giudicare gli altri per quanto mi riguarda. Né ci devono essere degli schemi predefiniti. Questo è il grosso errore perché le persone sono sempre degli individui diversi dagli altri. Ognuno ha la sua storia, ha il suo mondo, ha i suoi desideri, le sue realizzazioni e le sue delusioni. E sono tutte sue. Da fuori non puoi mai giudicare una persona. Non puoi mai metterti al loro posto. Io non ho mai giudicato le persone intorno a me- Devi accettare le persone, per quello che sono. Al massimo devi cercare di capire perché sono così, ma non dare un giudizio. Questo è quello che io penso.
Per quanto mi riguarda, insisto: ho trovato solo una specie di commiserazione, ma non mi sono mai soffermata su questo. Non ho neanche cercato di togliere questo loro senso di pietà, perché mi sembrava superfluo. Non avrebbero compreso. Tu, secondo me, non puoi spiegare queste cose. Puoi dare la tua esperienza, ma che gli altri la capiscano secondo me è impossibile. Chi ha nella testa ha vissuto in funzione dei figli, chi ha bisogno dei figli, non potrà mai capire quello che tu gli spieghi. Mai. Siamo due mondi diversi. Questo è il mio pensiero.
Io ho avuto dei professori, in particolare, al liceo… Innanzitutto io sono stata in classe mista, da quando ero bimba, dalle elementari. No innanzitutto, dalle elementari andavo dalle suore, a cinque anni io ho detto che non andavo più a scuola se mia madre non mi toglieva dalle suore. Io avevo trovato insopportabile l’insegnamento delle suore e come si comportavano, ad esempio, nei confronti di una giovane suora intelligente e carina, con tale cattiveria che ho deciso che non andavo più in quella scuola e mia madre fu obbligata a trasferirmi in una scuola pubblica facendo tanta strada, mi faceva accompagnare da mio fratello, perché non ero più voluta andare dalle suore. Questo per dirti… Quindi passai in classe pubblica immediatamente e i miei anni di media furono scuole miste, all’epoca era difficile, c’erano differenze. E lì ho cominciato già a sentirmi normale. È cominciata la mia competizione, il mio divertimento con gli altri, chi era il più bravo, per esempio, in una materia… Io non è che studiassi tanto, ma mi divertiva molto. Quindi c’erano questi giochi, mi divertiva molto il gioco della competizione e del divertimento. Arrivo in un liceo, al Tasso, dove ebbi la fortuna di essere accolta – non ricordo bene come accadde a quei periodi – [da] insegnanti straordinari. Il primo fu Asor Rosa, non so se tu ricordi la sua letteratura. E fui scelta da Asor Rosa, che era assistente d’italiano all’epoca. Le sue lezioni erano straordinarie. E sceglieva alcuni di noi per dei seminari pomeridiani; e quindi è stata come una necessità di apprendere, di essere bravi come loro erano. E da lì nacque il fatto che io comunque andavo all’università – io ho ottenuto borse di studio per studiare, non è che… – all’università poi cominciai… cominciai questa cosa che… Mia madre a quattordici anni – te l’ho raccontato…. questa storia che lei diceva… mia madre aveva una paura che ci potesse succedere qualcosa, la difesa della morale, le vergini, il matrimonio, queste cose. E io, quest’idea di essere stretta in queste cose, proprio non potevo accettarlo e a quattordici anni dissi: “io non mi sposerò mai, mamma, mai mi sposerò”. E così è stato, perché con Filippo ci siamo sposati solo perché a Parigi avevamo vissuto insieme, ma in Messico, il giorno dopo che lui era venuto, dopo sei mesi che non lo vedevo, tutta Città del Messico sapeva che io avevo un uomo in casa. A quell’epoca tu eri più o meno una prostituta se un uomo era in casa tua, e allora dissi a Filippo: “senti Filippo, tanto fare due pezzi di carta che ci costa, facciamo ‘sti due pezzi di carta, tanto ormai il divorzio esiste, e nel caso divorziamo, ma risolviamo questo problema”. L’ho fatto per motivi di lavoro, hai capito? però non era vero, perché Filippo ci rimase malissimo, ma io ero innamoratissima di Filippo. Però non è che lo presi in giro, non è che lo feci per farmi sposare, perché io veramente non volevo sposarmi, mi sembrava normale vivere con un uomo finché ci stai bene; non è necessario, ecco, queste cose imposte dalla società, non le ho mai sopportate, ho sempre avuto… ma il mio rifiuto era naturale, non so spiegare.
È un problema di società, nel senso di di portare avanti il tuo cognome, la tua gens. Questa cosa è molto presente in molte società, non solo in Italia. Perché, voglio dire, l’abbiamo visto in tutti i Paesi: in Corea se la moglie non ha figli è terribile; in Iran, Soraya, famosa, perse il trono. Quindi, ti dico, tutto dipende da quale è la necessità di avere il figlio. In tante culture la persona, il patriarca deve portare avanti la sua successione, diciamo. Quindi fa parte di molte società, nelle quali se tu ti sposi devi fare questo. Però ci possono essere delle persone che decidono di non sposarsi, che decidono prima. In molte società esiste la necessità di dover fare figli se tu ti sposi. Questo esiste in molte società, non è solo in Italia. Esiste, ad esempio, anche nei Paesi arabi, in molti Paesi. Anche perché non scordiamoci che in più, quando tu parli delle religioni, la diffusione del cattolicissimo ha impedito la diffusione della pillola. Cioè nelle Filippine tu hai quindici figli perché non c’è nessun sistema di prevenzione per evitare i figli. Sono tanti i Paesi, la maggioranza, perché ormai noi siamo una minoranza, voglio dire, le popolazioni sono fatte da queste persone che hanno minimo dieci figli. Per i nuovi ebrei ortodossi, seguivo un documentario qualche giorno fa, di fatto, i giovani si devono sposare a venti anni e devono fare almeno dieci figli perché tu aumenti le persone che mantengono la loro cultura e la loro religione.
Mi sembra che le donne al potere, almeno fino… sicuramente nel secolo passato, che sono arrivate veramente al potere, sono state tutte donne che lo hanno tutte esercitato al maschile. Ed evidentemente lo hanno fatto perché la realtà dell’epoca lo richiedeva, ma ti sto parlando di grosso, di grande potere,cioé di primi ministri, di grandi leader – pensiamo a Israele, pensiamo… non so, forse un’eccezione la Perón, che non l’ha esercitato nel modo del tutto maschile, ma altrimenti tutte le donne l’hanno esercitato in quel modo. Persiste ancora questo desiderio, l’ho visto nel mio lavoro. Non ti dico quali colleghe ma ha avuto delle colleghe che addirittura dovevano a tutti i costi, addirittura non dico che si vestivano male ma si trascuravano – io non è che tenga tantissimo alla mia persona, però insomma cerco di avere un minimo di eleganza nel vestire, soprattutto nel lavoro che noi abbiamo di contatto con il mondo esterno. Io personalmente, siccome questa concessione del potere non mi è gradita, quando io ti parlavo appunto di rifiutarmi di certe cose anche da bimba – era proprio il potere che vedevo esercitato da chi era più importante nei confronti dei più deboli, e mi ha sempre dato molto fastidio. Quindi io personalmente non ci sono mai riuscita a farlo perché mi dava fastidio, e poi non ho mai ritenuto che un funzionario dello Stato come è un diplomatico – perché noi siamo degli impiegati dello Stato, saremo un po’ più elevati gli altri, ma sempre impiegati dello Stato siamo – non abbiamo un vero potere, il potere è chi veramente in politica può determinare le sorti di un Paese, noi di fatto eseguiamo una linea politica che ci viene data da altri; esercitare il potere in un ufficio è una cosa vergognosa, cioè quello di trattare male i propri collaboratori non è realizzare un lavoro, è essere maleducati, essere prepotenti; quello è un potere malsano. E se lo fanno gli uomini tu come donna non devi farlo, tu devi cercare di far collaborare gli altri con te, di insegnargli delle cose se non lo sanno, di valorizzarli, dire “bravo” se hanno fatto bene una cosa. E quindi questo senso del potere, più recentemente almeno in alcuni Paesi… guarda cosa è successo in Nuova Zelanda, guarda che cosa è successo in un altro paese, ci sono state delle donne al potere e a un certo punto hanno detto: “per me, se io devo portarlo davanti così è troppo pesante”.
Io per esempio personalmente ritengo che non era questiona di potere, ma che sicuramente ho trascurato in parte gli interessi di mio marito. Non dico la sua persona, ma per esempio delle volte avrei potuto andare più tempo in barca con lui e invece lo abbandonavo perché “devo tornare al lavoro”. Adesso che è finito tutto questo e Filippo non c’è più, dico: “sai quanto avrei fatto meglio delle volte a continuare con lui”.
Mi sembra che ci sia un po’ di risveglio di un potere femminile, ma non più di tanto, purtroppo non più di tanto, perché si sta affermando la violenza in giro nel mondo. La violenza è terribile in questo momento, sono preoccupatissima. Se mi chiedi il mio parere al momento, sono estremamente preoccupata della violenza che sta colpendo in tutte le parti del mondo e questa violenza è determinata da interessi di denaro allucinanti, veramente pericolosissimi tra l’altro, perché adesso i nuovi strumenti tecnologici possono veramente realizzare delle cose terribili, il controllo di noi stessi, pure delle nostre menti. Devo dire che l’ultima che ho avvertito del collegare il cervello – sarò ignorante in questo, ma collegare il cervello al computer mi ha stravolto, devo dire, perché già esiste un grande controllo su tutto quello che noi facciamo e in questo mi chiedo se abbiamo… se esistono, in questo momento, degli esseri veramente con intelligenza, con il potere, e veramente umani che siano in grado di salvaguardarci da tutto questo, di non lasciarci vittime di un controllo eccessivo e violento delle nostre menti. Speriamo che le nostre menti possano restare libere, questa è la mia grande speranza.»

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