Lunàdigas al Festival Villa Fogliano – Latina
Serata straordinaria quella del 12 settembre a Latina, in cui il docufilm Lunàdigas, ovvero delle donne senza figli, è stato proiettato all’interno del Festival Villa Fogliano.
Un grazie speciale alla straordinaria Lavina Bianchi che ringraziamo per la sua presentazione preziosa del film e per la sua presenza partecipata, appassionata, ricca; grazie per la cura e la bellezza abbacinante delle sue parole.
Condividiamo le sue parole dopo la proiezione, come un regalo a tutta la comunità:
«Un lunedì sera. Caldo ma non troppo, tante persone (tante davvero) che si ritrovano a guardare un film all’aperto. Il film è denso, delicato, c’è musica buona, le immagini catturano. Le persone, tra il pubblico, dicono che “c’era una atmosfera magica” …
Poi si parla, si riflette senza censure e con semplicità. Sì, perché di censure ce ne sono sin troppe, soprattutto quando si parla di maternità, di destini di autodeterminazione e di libertà di scelta.
Tutto questo è accaduto ai giardini del Comune di Latina con la proiezione e la seguente narrazione a più voci di Lunàdigas.
Questo evento è stato fortemente voluto e progettato dal nostro Collettivo PrimoContatto ed è stato realizzato all’interno del Festival di Villa fogliano e grazie al supporto insostituibile di Nazareno Ranaldi.
Lunàdigas raccoglie oltre 80 testimonianze di donne (raccolte in un archivio preziosissimo e accessibile dal sito) e restituisce loro la parola. Sono tante le suggestioni e le tematiche calde emerse dal film; ne scelgo una: Le domande illegittime e la violenza (sottesa) delle parole.
Hai figli? Perché sei venuto/a in Italia?
Potremmo definire queste domande illegittime … domande non solo “non decidibili” ma anche e soprattutto intrise di violenza. Violenza tanto più forte quanto più implicita, sottesa e “normale-normalizzata”.
Ci sono “pezzi di vita” indicibili e inaudibili … disimparare le abitudini culturali che ci portano a indagare-catalogare-incasellare– incistare dovrebbe essere una delle nostre sfide educative. Ansie classificatorie figlie di un’educazione colonizzante, figlia, a sua volta, di un patriarcato-suprematista-capitalista-bianco, come definito da hooks.
Queste domande implicano la scelta delle parole.
La scelta delle parole dovrebbe essere un esercizio sistemico … noi siamo le parole che usiamo, le parole sono gli attrezzi della nostra cultura. Paradosso stridente: “definire per forza” … oppure … invisibilizzare “non nominare”.
Ecco la dicotomia figlia del nostro dualismo cartesiano (e, ancora, patriarcale)!
Il non-pensato non è nominato; il non compreso (non omologato) viene indagato violentemente.
Lunàdigas, sceglie un nome per chi un nome non ha, consapevole che per alcun* possa suonare come ennesimo ghetto-gabbia … Tuttavia, partire da un nome è essenziale.
Grazie Lunàdigas, che con garbo, delicatezza e semplicità disvela “cosa c’è sotto”, grazie perché per la prima volta a Latina abbiamo potuto pensare che la logica dell’ o-o non è applicabile ai vissuti delle persone e, ancora, abbiamo detto ad alta voce che “senza figli” non è meglio o peggio di “con figli”: “senza figli” è un ANCHE…»
ph Marcello Scopelliti