La non mamma (Einaudi 2021) di Susanna Tartaro – Una recensione di Claudia Mazzilli
Sono una proiezione di me, sono il mio exit poll. Com’è possibile che gli anni passino così in fretta, come può succedere che quella che mi vive dentro è una me che non invecchia, che io sia sempre lei, il piccolo essere felice che il giorno del suo decimo compleanno posa per la foto che sto guardando abbracciata alla compagna di banco.
Sono mia figlia e mia madre, sono una non mamma.
Mi educo e mi vizio. Mi compro quello che voglio.
Non chiedete a questo libro di investigare le mille ragioni dell’essere o non essere madre: non ne dà. Né spiegazioni socio-economiche né sentimentali, né ideologiche, neppure ginecologiche o psicanalitiche. E proprio per questo tutte possiamo ritrovarci in questo piccolo, lieve zibaldone di pensieri, che fa della leggerezza il timbro di un racconto che sa fluttuare in tante direzioni: la non mamma assorbe in sé tutto, i colori, i rumori e gli odori della sua città (Roma) mentre va in motorino, gli umori di chi incrocia alla solita ora al solito angolo, percependone variazioni anche minime, o l’emozione, la parola passeggera di chi incontra nella metropolitana una volta sola e mai più. La non mamma misura il tempo non con i giri regolari dei compleanni dei figli ma dai negozi che chiudono e non riaprono, dalle trasformazioni del quartiere, dalle strisce di luce che passano attraverso le finestre. Il tempo della non mamma è proiettato all’indietro, nella memoria dei genitori e dei nonni (che diventano curvi, si piegano, si consumano e muoiono): memorie da custodire oltre la loro inesorabile vecchiaia, oltre il loro oblio, solo per sé stessa.
La non mamma compone piccoli frammenti, sogni e ricordi come nel kintsugi (l’arte orientale di restaurare gli oggetti di ceramica col filo d’oro, incollandone i cocci), senza vergognarsi delle ferite e della frammentarietà del proprio essere.
La non mamma sa che nel caos della vita i nostri desideri non contano nulla. Non si accanisce sulle tabelle di marcia, non ha troppe aspettative. Eppure quel caos che “inizia dalla sedia appena entro in casa, fa il giro delle stanze e poi torna e si accuccia come un cane fedele” può essere generoso e farle ritrovare cinque euro in una tasca, o un bigliettino con una frase, un “saltino del cuore”.
La non mamma prende atto delle differenze generazionali, osserva i figli viziati delle amiche, lei che se prendeva un brutto voto i genitori la rimproveravano e i professori non rischiavano una denuncia. Ma non giudica, non censura, accetta il tempo che va avanti e cambia le cose, le persone, le mode, i film, i cartoni animati, i modi di vivere e di giocare e di parlare e di affrontare o nominare le difficoltà, “quando un problema si allungherà in una problematica”.
La non mamma ha imparato a vivere la ricchezza di un tempo quotidiano dilatato, nella curiosità che l’ha lasciata un po’ bambina. E ha conservato uno sguardo mobile e ondivago anche ora che i suoi occhi sono presbiti. Se qualcuno si avvicina troppo, con quei perché troppo invadenti sulla sua solitudine senza prole, lei non se ne accorge: proprio non li vede più, ormai, gli scocciatori. Finalmente.
Susanna Tartaro è nata e vive a Roma; lavora a Rai Radio 3 per Fahrenheit, il noto programma pomeridiano dedicato ai libri e alla cultura. Haiku e sakè. In viaggio con Santoka (Add, 2016) è il suo romanzo d’esordio.