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Io Lunàdiga, Tu Lunàdiga, Eredità Lunàdiga

Io Lunàdiga, tu lunàdiga, eredità lunàdiga

Lunàdigas e l’eredità. Ciò che la vita lascia e ciò che si lascia alla vita quando non si hanno figli

Qualcuno dice che chi non fa figli sia egoista, altri, al contrario, controbattono che chi fa figli sia egoista. Rendere la propria esperienza di vita più completa, rendere il proprio amore più completo e poi, far sì che tutto questo insieme di cose resti. Come? Trasformandolo in insegnamenti e valori da trasmettere.
Sì, non si tratta di drappi antichi dai deliziosi ricami, di risparmi custoditi alla posta o di gioielli di famiglia trasferiti da una generazione all’altra, ma di un’eredità di molto più personale. Così, si ha la necessità che i valori e le esperienze acquisite possano sopravvivere al tempo e alla morte, venendo acquisite dalle future generazioni della propria famiglia – i figli, in primis. Dovrebbe essere questo, in parte, il senso della vita: il lascito. Quindi, qual è il lascito di una lunàdiga? E soprattutto, davvero è così importante averlo?
L’eredità, nel senso più ampio del termine, è come un dialogo, uno scambio, tra due persone appartenenti a generazioni lontane, in cui quella con più esperienza può donare ciò che ha appreso dalla vita dando consigli, raccontando storie, mostrando fotografie di un’epoca ormai finita. Presto, quel dialogo stesso diventerà una fotografia da custodire e tramandare. Ricordo che una professoressa, al liceo, disse che quando una persona anziana muore, una biblioteca scompare, e, per questo, bisogna parlare con le generazioni passate, per leggere e trasmettere, il più possibile, le storie delle loro biblioteche.
Il lascito è fondamentale per proseguire verso il futuro: tutti abbiamo l’istinto umano a farci ispirare dall’eredità degli altri e, allo stesso tempo, lasciare un’eredità. Tuttavia, questo dialogo appartiene esclusivamente alla relazione genitore-figlio?
“L’eredità immateriale, i libri letti, i piatti imparati in cucina (…), lavorare a maglia e all’uncinetto”, come sostiene nell’Archivio Vivo la scrittrice Alessandra Quattrocchi, sono valori e attività che una lunàdiga acquisisce e non può trasmettere direttamente ad un figlio. Inevitabilmente, questo è un dispiacere per una donna lunàdiga e per la famiglia che la “accusa” di non aver nessun figlio a cui trasmettere qualcosa. Eppure, spesso si dimentica quanto il concetto di famiglia, oggi, sia diventato ampio, fluido, scollato dal DNA. In realtà, si può trasmettere la propria eredità immateriale ai nipoti, ai propri dipendenti, alla community di Instagram (per le lunàdigas più social!), oppure si può direttamente creare un’eredità lunàdiga, come quest’associazione.
L’Archivio Vivo di Lunàdigas, infatti, è stato lanciato proprio per raccogliere testimonianze di chi non ha figli ma ha tante storie da raccontare e da custodire nella memoria altrui. Creare una comunità intorno alla propria eredità personale e intima è la volontà di costruire legami collettivi anche quando non si ha un nucleo familiare vicino, in termini materiali o spirituali.
Questo, al contempo, dimostra che “fidati della mia esperienza” non è mai una frase da mamma, “mi ricordi me a vent’anni quando…” non è mai una frase da mamma: non c’è nessun ricordo che non possa essere condiviso, con chiunque. Pensare che una donna senza figli sia esclusa dal cerchio della vita che unisce presente e passato, è un altro dei pregiudizi che una lunàdiga subisce. Non solo “egoista”, ma anche “finita”, senza continuazione, impossibilitata dall’ispirare le nuove generazioni.
Ciò nonostante, le lunàdigas condividono le loro storie parlando nella propria community e, nella vita di tutti i giorni, portandosi dietro il bagaglio di esperienze, ricevute e acquisite, da offrire alle persone care. Pensandoci bene, quasi allo stesso modo, Jane Austen, da due secoli, continua ad ispirare milioni di ragazze con i suoi messaggi di emancipazione, indipendenza personale, capacità di ironizzare sugli eventi in maniera sottile ed elegante. Non siamo sue figlie, non siamo sue nipoti, azzarderei quasi che non lei non sia nemmeno a conoscenza della nostra esistenza, eppure la teniamo viva negli insegnamenti che abbiamo ricevuto.
Allora, non è neppure vero che le biblioteche scompaiono quando qualcuno muore. L’importante è solo saper custodire e trasmettere le nostre storie attraverso le testimonianze: un potere che solo la scrittura, la fotografia, l’arte e qualsiasi altra forma di dialogo, possono avere.
Esprimere e testimoniare ciò che si è, nel proprio quotidiano, lascia una parte di sé che può ispirare, far riflettere, insegnare qualcosa, a tutte le persone che si hanno intorno. In tutto ciò, ho perso il filo sul perché solo la famiglia dovrebbe aver a che fare con questo dialogo umano infinito e profondo. Mi concentro per cercare una risposta e, intanto, ringrazio nuovamente la Austen, nata 244 anni fa, per aver insegnato un po’ di sano humour a questi millennials.

Lunàdigas? Parliamone!

di Nicole Rubano per Lunàdigas

qua sotto il link al video con la testimonianza di Alessandra Quattrocchi

https://vimeo.com/196089418

 

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