Un’avventura redazionale ed editoriale che diventa un esperimento di autocoscienza
Simonetta Sciandivasci (a cura di), I figli che non voglio (Mondadori, 2022)
Il libro, nato da un’idea di Simonetta Sciandivasci per una rubrica del quotidiano LA STAMPA, raccoglie le testimonianze di madri e non madri (ma anche dei padri). Un’avventura redazionale ed editoriale che diventa un esperimento di autocoscienza e che, superando le discussioni stantie sulle cause puramente economiche dell’inverno demografico italiano, fa luce sul cambiamento di prospettiva dellə italianə rispetto alla genitorialità.
Recensione di Claudia Mazzilli
I figli che non voglio (Mondadori, 2022) è un testo corale, nato da un’idea di Simonetta Sciandivasci, che ha pensato di fare un censimento dei sentimenti dellə italianə sul tema maternità per “Lo Specchio”, l’inserto culturale de “La Stampa”. Il libro ha poi raccolto sia testi inediti sia testimonianze già pubblicate per la rubrica del giornale ed è tra i pochissimi in cui il tema del “fare/non fare figli” non è affrontato dal punto di vista demografico, statistico ed economico, ma dal punto di vista di quella minoranza di donne, il 5 per cento, che non ha problemi né di sterilità o infertilità né di precarietà lavorativa o affettiva, ma semplicemente non vuole figli perché non vuole figli e “si basta” così. Il libro parla anche di molto altro: donne che i figli li hanno avuti ma non si riconoscono nello status di madri (perché non amano le etichette e ogni maternità è unica e irripetibile, come ogni essere umano); padri amorevoli esclusi dalla genitorialità a seguito del divorzio (perché il genitore prevalente per i tribunali è sempre la madre); donne che parlano di agnosticismo procreativo (i figli esistono quando esistono e non ha senso parlarne in astratto!); donne single che si battono per il diritto all’adozione; una persona trans (F to M) cui si propone di congelare gli ovuli, finché è possibile, per diventare papà in futuro.
Allora, nel 2022, la redazione fu travolta da centinaia di lettere sul tema dei figli, mentre il chiacchiericcio main stream discuteva su un’eventuale presidente della Repubblica donna, cui seguì una presidente del consiglio che volle farsi chiamare “il presidente”. La rubrica, dunque, ebbe il merito di restituire a un quotidiano la quotidianità della vita delle donne – permettetemi questo gioco di parole –, uno spaccato vero di un pezzo di paese, “mille piccole verità che rimanevano non-nominate dietro la forza inoppugnabile delle statistiche. Non per decostruirle, né per aggirarle, ma per caricarle di quella forza emotiva, di quel sentiment che le ha rese più caleidoscopiche, e in qualche modo più vere” (p. 47). Affiora così ciò che non si confessa nemmeno nei sondaggi, per pudore, per ipocrisia, o perché le domande sono strutturate in modo da indurre risposte poco sfumate e altamente prevedibili. D’altronde – annota Simonetta Sciandivasci – i sondaggisti non sono Pasolini nei Comizi d’amore.
“Morirebbe per un ideale?
Risposta: Morirei solo per mio figlio.
Che cosa c’era di diverso, nella sua vita, prima di diventare madre?
Risposta: Che sarei morta per un ideale.” (p. 19)
L’argomento prediletto di Natale, di Capodanno, di settembre, cioè la denatalità italica, il conto consuntivo delle nascite, sciorinato in cifre e confronti con la Svezia, con tanto di reportage girati nei paesini in cui sopravvive l’ultimo ultracentenario, tra servizi televisivi infarciti di moniti alle donne (figliate anche se non ne avete voglia!), è affrontato in modo del tutto nuovo: “portare l’autocoscienza su un quotidiano” (p. 94). Nel libro sono presenti testimonianze di persone famose e di altre meno note (alcune, particolarmente sensibili al tema maternità/non maternità, hanno testimoniato anche per LUNADIGAS: Melissa Panarello, Veronica Pivetti…).
Ne viene fuori uno zibaldone collettivo di esperienze irriducibili a un’unica cifra, ciascuna con il proprio timbro e la propria esperienza incarnata. Perché non esiste la maternità, esistono le maternità, come scrive Nadia Terranova citando Nato di donna di Adrienne Rich, per cui “la maternità è la condizione più femminista che ci sia, e allo stesso tempo l’istituzione più patriarcale” (p. 58).
Il mondo non è pronto ad accogliere la pluralità del concetto di maternità perché non lo sa leggere come processo individuale. Lo intende bensì come missione del genere umano tutto, e quindi che tutto sia eteronormato e vincolato da relazioni amorose […] So però che potremmo iniziare tutti quanti col fare una riflessione collettiva sul senso di diversità che scardini i pregiudizi… in modo che chiunque voglia un figlio, per qualsiasi ragione lo voglia, possa sentirsi accolto in un mondo – appunto – materno e non matrigno (Carlotta Vagnoli, pp. 108-09).
Tutte le testimonianze sono tenute insieme da brani di raccordo curati dalla penna brillante di Simonetta Sciandivasci, che presenta brevemente il profilo biografico delle/dei testimoni, le occasioni del loro incontro e della collaborazione al progetto, ma anche divaga con leggerezza e ironia sulla propria esperienza di non madre (quando ai colloqui di lavoro dice di non avere figli si domanda “se non fare figli non sia, anche per me, in fondo, un manifesto, una rivendicazione, una risposta al ribaltamento di uno schema, la reazione a un’oppressione”, p. 23), oppure si chiede (anche lei, come molte di noi) se sia giusta la categoria delle madri simboliche (uff! ancora l’essere madri di un’idea, di un libro, di un progetto, come se tutto ciò che non è un figlio altro non è che un calco, un’imitazione, un affluente, un surrogato…). Oppure Simonetta semplicemente ci parla dei libri che legge perché le va di farlo. O riflette sul proprio lavoro, sui criteri di selezione dei testi da pubblicare:
Se sia servito non lo so: so che ha dimostrato che un giornale diventa caro ai lettori quando individua un cambiamento e lo racconta attraverso una testimonianza diretta… so che ha dimostrato che da nessuna parte più che su un giornale il personale è politico… so che ha dato una misura di quanto intensamente diversi siano i colori che compongono la parola famiglia, la parola madre, la parola figlio, la parola padre, la parola genitore. So che ha fornito ottime ragioni per smettere di pensare che l’inverno demografico sia una questione morale o economica; è, invece, una questione di prospettiva, che impone nuove lenti (pp. 205-06).
Sì che è servito questo libro, ed è stato illuminante oltre che spassosissimo. Leggetelo.
*Simonetta Sciandivasci è nata a Tricarico nel 1985 ed è cresciuta a Matera. Lavora alla redazione cultura de “La Stampa”. Ha scritto per “Il foglio”, “Linkiesta”, “Rolling Stone”, “La Verità”, “la Repubblica”. Ha collaborato con la Rai, in radio e in tv, come consulente e autrice. Collabora con la scuola Holden e l’Accademia Molly Bloom. È redattrice di “Nuovi Argomenti.”