Marinella Perroni: "Non mi sento madre. Sento di aver stabilito relazioni di molti altri tipi, ma non quella della maternità"
2015 mar. 19 MPEG colour sonoro lingua italiananazionalità italiana
Le ragioni della scelta e la famiglia d'origine start 00:01:59end 00:07:19 Marinella Perroni descrive il contesto familiare d'origine come base su cui, tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta, ha naturalmente sviluppato la sua posizione verso la maternità: mai obbligatoria né fondativa per la realizzazione di una donna.trascrizione MARINELLA PERRONI: "Io non è che ho scelto di non diventare madre, voglio dire io ho scelto nella mia vita non contro la maternità, ho scelto all'interno di un orizzonte in cui la maternità non era prevedibile, era ben possibile, cioè non mi mancava niente, ecco. Poi posso anche pensare - ma queste cose si pensano sempre a posteriori - , posso anche pensare che l'educazione che ho avuto, che la situazione familiare in cui sono cresciuta mi hanno in qualche modo predisposto involontariamente, più o meno volontariamente, alla possibilità di costruirmi una vita in cui non era obbligatorio, anzi in cui era passato il messaggio che una maternità sentita come obbligatoria, come destino, come obbligo sociale poteva essere deleteria, se non addirittura letale. Quindi è chiaro che probabilmente mi veniva da un certo bagaglio la predisposizione a pensarmi in modi non obbligatori verso la maternità.
Un'educazione, come posso dire, a trecentosessanta gradi di possibilità, e con un'altra idea, io questo l'ho capito andando avanti in fondo mia madre mi aveva sempre passato [l'ideaed era: "ricordati che tu sei nata venticinque, trent'anni prima dei corsi storici", cioè che un pochino io avrei dovuto accettare di anticipare delle cose che poi invece sono diventate sempre più sociologicamente ovvie, permesse. Io sono andata via di casa molto giovane, a vivere da sola perché mi sembrava che fosse una cosa per me importante, ma quando la pressione sociale ancora era: "una ragazza non va a vivere da sola, insomma". Oggi penso che non ci sia nessuna difficoltà per una ragazza ad andare a vivere da sola. Quindi mi rendo conto che è anche un po' in forza del periodo sociale: le spinte, il 68 e dintorni in cui io sono stata giovane mi hanno portato forse ad anticipare personalmente delle cose o delle possibilità che poi sono diventate invece scelte condivise, scelte accettate e plausibili.
Io direi - se devo proprio in sintesi dire come percepisco oggi la vita che noi abbiamo fatto in famiglia -, era una famiglia assolutamente non convenzionale, pur vivendo nello stereotipo più normale di madre, padre, due figli, ma in cui questo veniva molto sofferto, cioè di fatto tutti e quattro noi, in qualche misura, esprimevamo un disagio rispetto alla costrizione che può essere una vita familiare. Quindi non abbiamo mai costruito, il - vero o falso o autentico non importa - "bozzetto familiare". Ma sempre ci siamo domandati se non sarebbe stato possibile anche vivere tranquillamente senza pagare, come posso dire, questa dogana alla vita che era assolutamente doversi sposare. Infatti anche mio fratello si è sposato molto tardi, per esempio, ed io non mi sono sposata.
All'inizio degli anni Settanta a Roma non era una scelta così ovvia quella che una persona, non per motivi di studio, non per motivi di lavoro, ma per semplici motivi proprio di affermazione del proprio desiderio di costruirsi autonomamente, andasse via di casa, lasciando la madre, vedova per altro. Quindi era - come posso dire - , un cliché che certo mi è costato alcuni giudizi di alcuni ambienti. Paradossalmente, venti anni dopo, invece io ho avuto un plauso implicito: "Ah però, che bella cosa, eri tra le prime", ma le prime di molte altre: c'è stata poi una legittimazione, sino ad arrivare al paradosso che io mi sento dire da persone più diverse della mia età, e quindi che hanno figli, che hanno avuto figli, che sono anche adulti: "beata te!" Perché i figli sono diventati motivo di prima erano un investimento, adesso sono motivo di fatica, di preoccupazione, e questo onestamente mi fa male perché io non è che non ho avuto figli perché volevo affermare che i figli rovinano la vita. E invece sentirti dire: "Ah, beata te perché tu puoi fare quello che noi non possiamo fare" mi disturba ecco, oltre a darmi la misura di quanto è diventata complessa, oggi, anche la scelta della maternità."]]>soggetto scelta famiglia d'origine madre anni Settanta Sessantotto giudizio sociale soggetto responsabilità maternità legittimazione famiglia religione suora giudizio Gesù società patriarcale patermità genere ruolo sociale eredità spirituale sterilità famiglia scelta