Marinella Perroni: "Non mi sento madre. Sento di aver stabilito relazioni di molti altri tipi, ma non quella della maternità"
2015 mar. 19 MPEG colour sonoro lingua italiananazionalità italiana
Il giudizio sociale start 00:07:20end 00:10:13 Marinella Perroni affronta il tema del giudizio sociale subìto da parenti e colleghi nei confronti della sua posizione, diffusamente non compresa in quanto non-madre e non-suora.trascrizione MARINELLA PERRONI: "Che non li ho potuti avere no, perché lì dove la mia vita è conosciuta si sa che non è né un motivo biologico-fisiologico né un motivo sociale, che mi ha impedito di avere figli; non è stato un impedimento, è stata una scelta, fare altro. Che questo sia stato sempre così - come posso dire - accettato e accettabile, nei contesti in cui vivevo, no. Dalle mie zie che hanno continuato fino a tardissima età a sperare che un giorno avrei cambiato idea, avrei portato a casa i confetti, al mio collega a scuola - io per lungo tempo ho insegnato religione - , che continuava a dirmi: "Ma no, una donna sola non ha senso, non ha identità. Quindi, anche nei modi strani in cui oggi si accede al matrimonio, però ci devi arrivare prima o poi". Io onestamente non l'ho mai capita questa cosa. A parte il numero di donne che sono ritornate ad essere sole dopo il matrimonio, ma poi - voglio dire - perché una donna sola non ha identità? Ecco probabilmente il principio di identità me lo sono sempre costruito a partire da me stessa; quindi, non vedo perché l'identità mi deve essere data dal matrimonio, dalla maternità più che non dall'essere professore o dall'aver fatto altre cose nella vita.
No, ma lì c'è il passaggio, c'è la trasposizione, lì è molto facile insomma... per questo la mia, invece, fisionomia ha sempre dato, se non fastidio - in mondi in cui io ero poi apprezzata, mi si voleva bene- , era più con condiscendenza veniva pensato questo "non essere", no? C'è sempre stata la difficoltà: non sei suora e non sei madre. E a non capire che esiste un "sei", che non è detto che debba essere definito a partire dall'una o dall'altra possibilità. È chiaro che per le suore la trasposizione è stata quella: primo rinuncia alla maternità, quindi la maternità resta l'unico destino vero reale delle donne, teologicamente, biblicamente eccetera; se si rinuncia è solo perché Dio te lo chiede in nome di qualche cosa di più alto che è la maternità spirituale, o non so che cos'altro. Siccome io non entro in questo tipo di codice è chiaro che un po' di fatica c'è sempre stata a accettarlo, no? Poi, va beh, c'è subito il giudizio quello un po' più brutale, machista: "va bene, non ti sei sposata perché nessuno se l'è presa" eh, va bene, accettiamo anche quello, non ci interessa."soggetto giudizio sociale lavoro suora maternità soggetto responsabilità maternità legittimazione famiglia religione suora giudizio Gesù società patriarcale patermità genere ruolo sociale eredità spirituale sterilità famiglia scelta