“E’ interessante fare qualche cosa che possa esplodere in mille possibili sensi”
La testimonianza di Federica, 25 anni:
Innanzitutto trovo molto interessante dialettizzare la scelta della non maternità. Primo perché il non dialettizzare l’esistenza e la legittimità di individui che hanno scelto di non avere figli permette di escludere dal discorso dalla norma tutti coloro che fanno questa scelta, o meglio questa non scelta, che è già di per sé abbastanza interessante. Inoltre quello che ho trovato sempre molto svilente nei termini proprio della mia individualità, della mia soggettività, il fatto di sentirmi dire: “Tu non vuoi figli, perché sei egoista”. Io trovo molto più egoista il fatto di voler fare dei figli per lasciare qualche cosa di proprio al mondo, se dobbiamo porla su questo piano, oppure quando mi si dice: “Perché non hai voglia di prenderti cura di qualcun altro”. Non credo di dover avere questa responsabilità onestamente nei confronti di nessuno, tra l’altro abbiamo già abbastanza cose di cui doverci preoccupare nei termini di ciò che ci circonda.
E poi un’altra cosa che mi ha sempre molto colpita in negativo è quest’idea di dover lasciare qualche cosa di proprio, di biologico al mondo, come se noi fossimo questo insieme di cellule, come se fossimo un apparato, un organo fatto appositamente per riprodurci e per lasciare qualcuno altro che sia uguale a noi. Io ritengo molto interessante fare qualche cosa che possa esplodere in mille possibili sensi e non per forza in un nuovo individuo, quindi questa è una cosa che mi ha sempre molto molto colpita. Un altro aspetto molto importante è quel: “Tu non vuoi figli perché non ti piacciono i bambini”, assolutamente no, io non voglio curarmi di qualcuno per 1, 2, 20, 30 anni, finché appunto ci sarò o fino a che ci sarà lui. Quando una madre perde un figlio, io non riesco nemmeno ad immaginare un dolore del genere, quindi non voglio proprio prendermi il carico di una tale preoccupazione nei confronti di un individuo che dovrà vivere in un mondo ingiusto in cui succede qualsiasi cosa, soprattutto le cose più sbagliate, un mondo nel quale io stessa non riesco ad avere le mie soddisfazioni come ognuno di noi dovrebbe meritarsi.
Quindi non vedo perché dovrei mettere al mondo qualcun altro che dovrebbe vivere in una realtà così ingiusta quale è quella che appunto viviamo. Quindi è innanzi tutto anche un atto politico. Anche questo iper-controllo che mi verrebbe imposto sulla mia esperienza, cioè di futura madre, si trova proprio a diventare spazio pubblico, nel momento in cui mi viene riconosciuto il fatto di essere incinta. Da quel momento in poi tutto ciò che succede al tuo bambino, tutto ciò che tu farai al tuo bambino, sarò monitorato dall’esterno. E questo l’ho sempre trovato abbastanza pesante da vivere proprio a livello di libertà individuale, cioè il continuo giudizio nei confronti di una madre, il modo in cui cresce o non cresce il figlio, ad esempio una madre vegana, che si trova a dare questo tipo di alimentazione al figlio, si trova a sentirsi dire di tutto e di più, come se non si trattasse del proprio figlio, ma del figlio di qualcun altro, cioè ritengo che, finché l’intera scelta di maternità non sarà del tutto autonoma, sarà importante non sottoporcisi per il fatto che qualcun altro se lo aspetta da noi.
Perché, appunto, nessuno deve imporre a nessun altro una scelta, compresa quella di non maternità, che è appunto quella di essere lunàdigas. E questo lo trovo veramente importante.