“Il mio corpo ha capito prima di me che non desidero avere figli”
Ringraziamo Sara che ci ha scritto, aderendo alla campagna #SonoLunàdigaPerché: mandaci anche tu la tua testimonianza in un testo, una foto o un video a info@lunàdigas.com
Il giorno del mio ventottesimo compleanno è stata lanciata online la campagna #SonoLunàdigaPerché e ho iniziato a ragionare: ma io potrei definirmi lunàdiga?
Avevo assistito alla proiezione del film qualche mese prima nel mio paese, e anche le testimonianze scritte mi facevano sentire ispirata e motivata, oltre che finalmente compresa. Pensavo fosse finalmente piacevole vedere che esistevano tante persone che condividevano alcuni dei miei punti di vista sul tema, ma contemporaneamente pensavo: io sono davvero così convinta di definirmi lunàdiga?
Tra i miei pensieri non è mai passato quello di poter diventare madre. Ma ho sempre ritenuto che questa fosse la mia convinzione presente e passata e che forse in un futuro avrei potuto avere un’altra idea a riguardo.
Non sono mai stata una persona irremovibile. Penso sempre che potrei cambiare idea. Se e quando lo farò, affronterò la cosa. Non prima. Per questa mia accettazione del fatto che potrei cambiare idea, ho sempre nutrito dei dubbi sulla mia auto-definizione.
Mi posso chiamare lunàdiga? E se tra qualche anno la penserò diversamente? Non sarei un’usurpatrice del “titolo”? Non sarebbe un affronto per tutte le lunàdigas che si sono così definite con fermezza e convinzione? Un tradimento della causa? E ho quindi continuato a leggere le testimonianze e ogni volta a cercare di trovare in me delle motivazioni per definirmi o meno una lunàdiga.
Solo da ieri ho capito che lo sono.
Da qualche mese sto cercando di “curare” un fibroma uterino di dimensioni interessanti. Sono già stata operata per l’asportazione di un altro fibroma 5 anni fa, e a distanza di 5 anni il problema si è ripresentato.
La differenza rispetto alla precedente operazione è che nessuno 5 anni fa si era sognato di farmi alcun discorso relativo alla conservazione della mia fertilità. Cosa che invece in questo ultimo periodo è sulla bocca di tutti i medici che mi visitano.
“Sarebbe meglio non intervenire di nuovo chirurgicamente perché lei è una donna giovane e ancora in età fertile, un ulteriore intervento causerebbe probabilmente delle complicazioni per una futura gravidanza” dice il ginecologo.
“Non le posso assolutamente fare una TAC della zona pelvica” dice il radiologo che vedo dopo che mi è stato prescritto tale esame, “Lei è giovane e irradiare le sue ovaie con radiazioni equivalenti a circa 500 radiografie, potrebbe danneggiare il suo pacchetto di ovuli, e lo sa che voi donne siete nate con un numero di ovuli definito e noi così li staremmo irraggiando tutti insieme! Le faccio una risonanza magnetica che è molto più lieve per la sua situazione e preserva meglio la sua fertilità”.
Non posso che ringraziare di aver trovato nel mio cammino medici scrupolosi che si sono preoccupati della mia capacità procreativa. Il problema è che a me di salvaguardare questa fertilità non è mai importato granché.
Però tra me e me pensavo: “Magari sono molto più lungimiranti di te, poi giustamente loro non possono sapere quali sono le tue considerazioni a riguardo della maternità, è giusto che seguano questo criterio nel suggerire cure, interventi e nel scegliere approcci alla soluzione del problema“.
Perché l’illuminazione ieri? Perché è ieri che ho ricevuto il referto della risonanza magnetica e la situazione pare molto più complicata di quanto si pensasse. Ho ovviamente inviato il referto al ginecologo, ma prima che potesse richiamarmi dopo averlo letto, ho fatto quello che fa una persona dotata di connessione ad internet al giorno d’oggi: sono andata ad interpretare il referto con l’aiuto della ricerca su Google. E mi sono fatta un’idea.
Poi ho ricevuto la telefonata dal ginecologo, che non ha confermato, ma non ha neanche smentito del tutto l’idea che mi sono fatta, e che mi visiterà di nuovo e chiederà consulto ai colleghi, e anche loro mi visiteranno per definire meglio il quadro della situazione e il da farsi.
In ogni caso l’opzione più probabile è che a distanza di 5 anni dal primo intervento dovrò subirne un secondo, che potrebbe compromettere la mia capacità di mantenere una gravidanza. Quindi se voglio avere un figlio, devo farmelo subito, perché probabilmente tra qualche anno non potrò più, visto la frequenza con cui anche dopo un intervento si ripropone lo stesso problema di partenza.
Nella “migliore delle ipotesi” probabilmente. Nella peggiore potrebbe non essere il solo fibroma a dover essere asportato, ma l’intero utero. Questa opzione comunque è altamente probabile e anche se non succederà nell’immediato, si presenterà quasi certamente tra altri 5 o 10 o 15 anni. Un finale già scritto in pratica.
E a me non importa assolutamente nulla.
Forse è stato questo particolare a farmi capire che sono una lunàdiga. Diciamo che potrei diventarlo a breve per questioni “fisiche”, ma effettivamente la mia reazione alla prospettiva, mi ha fatto capire che lo sono, lo sono sempre stata, e a questo punto… forse lo sarò anche in futuro. Anche se i medici riusciranno a preservare a mia fertilità o capacità di procreare per un po’.
Oggi so che non vorrò un figlio, e che sono anche io una lunàdiga.
Immagino che dovrò comunque continuare a sentire tutte le domande che vengono rivolte alle donne senza figli, ma credo che agli occhi di coloro che mi chiederanno “perché? ”, avrò un aspetto diverso da quello di una lunàdiga “per scelta”.
Anche se in realtà adesso credo di esserlo sempre stata, e forse il mio corpo lo aveva “capito” da solo prima di me.