“Ho dato tanto anche se non ho avuto figli”
La testimonianza di Margherita, 60 anni:
Sono nata che già tiravo su bambini, sono la terza di nove figli, otto femmine e un maschio.
Quando ero piccola avevo sempre una sorellina da cullare. Da giovane, anche io volevo un figlio, anzi ne volevo tanti, perché quello era il mio modello di riferimento. Sono nata in una cultura dove allora, come oggi non sei niente se non hai un figlio, se non hai procreato.
Mi è sempre rimasta impressa una cosa che mi disse mio padre – non ero neanche tanto giovane – un giorno ero con lui e si discuteva animatamente, a un certo punto lui mi guardò e mi disse: “Ma tu non sei nulla, una volta che hai pensato a te, poi non pensi ad altri!”.
Io lo riguardai e gli risposi: “Tu credi che farsi la vita senza l’aiuto di nessuno e vivere in questa società significhi essere niente?” .
Mio padre per me era il massimo, è sempre stato il massimo, rappresentava anche il modello di compagno che avrei voluto accanto nella vita. Quello che mi disse mi colpì profondamente, mi diede tanto dolore.
Mi diede fastidio che proprio lui mi dicesse che io non ero nulla, perché una volta che avevo pensato a me, avevo pensato a tutto! La verità è che per me non era vero.
Avevo sempre pensato agli altri fin da piccola, prima cullando le mie sorelle e mio fratello, e poi scegliendo un lavoro, faccio l’ infermiera, che mi portava ad occuparmi dei bambini.
Non pensavo solo a me.
Non l’ho mai fatto perché anche se non avevo dei figli, non voleva dire che non avessi una vita e delle responsabilità.
Un’altra cosa che mi dava noia, quando lavoravo come infermiera in terapia intensiva neonatale, era come se lì ci fosse “un virus” perenne. Le mie colleghe rimanevano sempre incinte e chiaramente chi è che le doveva sostituire? Chi faceva le notti? Chi doveva coprire i loro turni? Ovviamente chi non aveva figli! Chi era più libera! Chi non aveva mariti!
Tanto è vero che in una delle tante riunioni sindacali, nella quale si discuteva su come ripartire i premi di produttività, così come previsti dal contratto, ci fu qualcuno che disse che bisognava pensare a suddividere quella “produttività” anche con le colleghe che erano a casa in maternità.
Io li guardai con due occhi spalancati e dissi: “Aho! Che gli si da ancora? Loro sono a casa a guardarsi i bambini. Siamo noi che le sostituiamo, quando non ci sono”. Per poco mi mangiarono viva. “Pensa al futuro dell’umanità” mi fu detto. “Ma io ho contribuito alla grande” risposi io.
Ero una di quelle che sognava di avere tanti figli, ma nel corso degli anni, non so il perché, e forse è stata la mia fortuna, non ho realizzato questo sogno. La vita mi ha portato a non avere figli, io ho concorso a tutto questo sicuramente contribuendo in qualche modo a non farli. Sono convinta che siamo noi tutti artefici delle nostre vite.
Non so se questo per la società significhi essere veramente poco realizzata.
Io comunque penso di essermi realizzata anche troppo nel dare il mio contributo come donna che non ha procreato.